domenica 18 agosto 2013

Costruite l'impossibile, vi prego



Dedicato ai miei nipoti... La sanno a memoria!
Sperando che riescano davvero, un giorno, a costruire l'impossibile.

venerdì 9 agosto 2013

Il corpo e la grande tristezza



Febbraio porta la pioggia, ma a volte succede anche ad agosto: benefica pioggia che ristora corpi accaldati e stanchi.
Non riflettevo sul corpo da tempo, poi un giorno la nonna si aggrava e la rivedo in ospedale, incosciente, ma poi chissà se fino in fondo.
Le ho accarezzato la testa, la fronte era fresca e la pelle liscia al tatto, nonostante l'età. E dire che da giovani le rughe degli anziani ci fanno quasi paura.
L'inizio della "Grande bellezza" sembrava perciò promettente. Jep che da ragazzo amava l'odore delle case dei vecchi era seducente o comunque lasciava spazio a una qualche forma di identificazione, indispensabile per amare un film.
Era solo un'illusione. Anzi. Una vera e propria sola. Niente da dire sulla recitazione di Toni Servillo, ma quando vedo una tale abilità nell'incarnare personaggi squallidi o genericamente negativi, mi domando sempre se non ci sia anche una parte di verità, se, insomma, un po' squallido e negativo non sia anche l'attore fuori dal set. Certo che un po' lo sarà: siamo esseri umani, mica tanto belli.
Ma la mia non è una recensione: non ho la presunzione del regista, un anno più di me, molto (molto) bravo con la macchina da presa, con i tecnicismi del cinema, intendo, ma secondo me più superficiale dell'acqua che ricorre così spesso durante tutto il film.
Di bello c'era solo la confezione, il design, la fuffa di cui parla lo stesso Jep quando tenta di intervistare l'attrice che dava le testate.
Tutto voluto? L'irritazione che mi ha suscitato il film era uno degli effetti che Paolo Sorrentino voleva produrre sul pubblico? Buon per lui e per gli incassi che è riuscito a collezionare. Di sicuro il film potrebbe piacere anche all'estero, pieno com'è di cliché sulla Roma ancora una volta decadente e morbida come Bologna nella canzone di Guccini.
E insomma: l'estremo sacrificio in nome del "non puoi non andare a vedere la Grande Bellezza, tu che sei una intellettuale (???) di sinistra" è compiuto.
Che cosa ne ho ottenuto? Una grande tristezza. Ma veramente grande.
Accresciuta da altri avvenimenti personali che mettono molta nostalgia, quella di cui parla il personaggio di Carlo Verdone. La nostalgia è uno dei pochi sentimenti autentici in circolazione.
Colpisce un certo numero di persone, per fortuna, non tutti (e meno male) intellettuali di sinistra e non solo i romani ricchi e insoddisfatti.
Ciao, nonna. Meno male che ho fatto in tempo a rivederti.
Per fortuna al tuo funerale non ci sarà Jep Gambardella, anche se un po' di teatro sarà inevitabile.
A te che eri nata a febbraio dedico la canzone che sentirai sopra.
Conoscendoti, diresti (con le colorite parole tue) che è una palla.
Forse hai ragione, ma più di così, la tua nipote con i capelli radi come Giancarlo, non sa fare.

lunedì 29 luglio 2013

Umani e quattrozampe, chi si rapporta a chi?

La gatta Indiana sul mio libro (foto di Silvina Petterino)

Molto gentilmente, la mia amica Silvina Petterino mi ha mandato la foto che vedete sopra. La sua gatta Indiana ha colori molto simili al nostro Nino, ma ho l'impressione che abbia un carattere molto diverso.
Giovedì scorso, all'ultimo mercatino di Fermo cui ho deciso di prendere parte (per chi fosse interessato, l'evento prosegue ogni settimana anche ad agosto), sono rimasta paralizzata davanti alle considerazioni che una signora faceva con una sua amica, mentre sfogliava Che gatti, il mio libro autoprodotto che, volendo, potete acquistare anche da qui, cliccando sulla fotografia della copertina a destra. "Ha preso un secondo gatto - osservava - ma dice che il primo non è capace di rapportarsi con il secondo. Capisci? Non si sa rapportare... manco fosse una persona!".
Terminata la frase o forse dopo averla ripetuta un paio di volte per rafforzarne l'enfasi, ha chiuso il libro e se n'è andata.
Fino a quel momento ero sempre stata in grado di intervenire nelle conversazioni cui ho assistito seduta accanto al mio banchetto. Quella volta, invece, non mi è uscita nemmeno una parola, forse perché attendevo di capire dove volesse andare a parare, con quel "non si sa rapportare". Sembrava infatti che volesse comunque comprarne una copia per regalarla - ovviamente - alla sua conoscente gattara, per cui mi pareva poco educato interromperla in quella specie di dialogo interiore alla presenza di una silente accompagnatrice.
Una volta dissoltasi nella folla dei visitatori, però, mi è rimasto un po' sul groppone il fatto di non averle detto almeno una frase, e cioè: i gatti, come tutti gli esseri viventi (piante comprese) si rapportano eccome agli altri, che siano umani, felini, canidi e così via. Non c'è da farne una questione di filosofia o, peggio, non serve umanizzare i nostri piccoli amici per capirlo.
A dirla tutta, anzi, non è raro che a non essere capaci di rapportarsi a loro siamo proprio noi bipedi, incapaci di accettare che ci portino in omaggio le loro prede dilaniate o che ci lascino qualche graffietto in ricordo delle lotte che fanno abitualmente tra loro, nelle quali vogliono coinvolgerci proprio perché persuasi che siamo parte anche noi del loro branco.
E però avere a che fare con un animale non è per tutti, quindi è piuttosto probabile che un pistolotto così non avrebbe sortito effetto alcuno. Quindi ok, vada pure per la sua strada, signora mia, e auguri a lei e tutti quelli che ancora continuano a credere nella superiorità dell'uomo, nonostante le ripetute prove della nostra umana molto umana imperfezione.
Del resto, non potevo sperare di riscuotere un successo assoluto con il mio piccolo omaggio agli amici felini: c'è anche chi mi ha detto che avrebbe preferito che avessi parlato dei cani e chi mi ha chiesto se avevo "altri libri" oltre a quelli sui gatti (l'anno prossimo mi attrezzo con uno sulle bisce, così numerose nelle nostre campagne).
Molti altri, invece, mi hanno raccontato le loro storie di amicizia/soggiogamento/amore verso altrettanti piccoli amici e una ragazza in particolare mi ha mostrato, allungandomi il cellulare, anche il muso del suo cavallo.
Ho scoperto, insomma, che la comunità di chi prova a rapportarsi con uno o più animali è molto varia e trasversale. Poi, certo, il mio libro attira persone ben determinate, disposte a mettersi in gioco, magari attente ai dettagli e disponibile a lasciarsi intenerire. Queste caratteristiche, però, non sono fortunatamente classiste, ma al contrario uniscono persone che diversamente non si sarebbero mai parlate. Agli amanti degli animali, insomma, succede un po' come alle famiglie con i bambini piccoli: chi li spedisce agli asili o scuole pubbliche ha modo di incontrare persone di altra razza, religione, ceto e stile di vita, ampliando non di rado i propri orizzonti esistenziali.
Una giovane e carina ragazza rumena, per dire, mi ha dato una lezione che difficilmente dimenticherò: adorava letteralmente il suo gatto, purtroppo finito in malo modo sotto un'auto; da allora non è ancora riuscita a prenderne un altro quasi per paura di tradirne il ricordo. Aveva uno sguardo sincero e sognante e mi ha rammentato lo shock che abbiamo subito Paolo ed io per il micio che tuttora ho sul desktop del mio cellulare. Un gatto buonissimo, molto (molto!) diverso dai due protagonisti di Che gatti... poco fa, per dire, ho dovuto dare la rucola alla grigia altrimenti ci avrebbe perseguitato tutta la mattina. Che viziata.
Chi non ha confidenza con gli animali, in definitiva, non può capire fino in fondo chi ce l'ha né quanto possa essere di conforto mostrarne le foto, condividerne le gesta e sì, prendersi anche in giro per essersi un po' rimbecilliti a forza di soddisfarne i continui capricci.
Perché quelli là sì che sanno come tenerci in pugno.
Nel prendere la rucola dal frigo, sollecitata dai miagolii di Bice, per dire, ho rotto un coperchio di vetro.
Accidenti a lei.
Che trappola l'amore.
Ai visitatori del mercatino (e in generale a chi leggerà il mio libro), grazie e buona e lunga vita con i vostri quattrozampe.

mercoledì 24 luglio 2013

D'estate, il vuoto, almeno per un po'


Con l'arrivo di Caronte, o come diavolo hanno chiamato l'incombente ondata di calore di fine luglio, personalmente mi preparo a chiudere i battenti. Di che cosa? Ma di casa mia, naturalmente.
Non avendo un "lavùr d'uffessi", come si augurava Marisao per i suoi figli, ne ho creato uno, piuttosto improvvisato e incasinato, nell'abitazione che condivido con il Bipede fumatore di pipa e i nostri due gatti (che a proposito: in questo momento stanno dormendo sotto le coperte, immuni, evidentemente, all'innalzamento ancora in corso delle temperature).
Nel giro di una settimana, la zona "studio" (uso le virgolette malamente e di proposito) diventerà un forno, per cui, alla faccia dell'unico 2012 (quel che stato è stato, del resto) e di quello non credo molto più ricco che ne seguirà, a breve spegnerò tutto e andrò al mare, o al limite a riposare sotto una fresca pianta (devo però ancora cercarla: quelle del duomo mi hanno un po' rotto le balle).
Più invecchio e più mi convinco, infatti, che bisogna bandire dalla nostra coscienza (ammesso di averne una) onerosi sensi di colpa e attivismi privi di scopo.
A patto, naturalmente, di essere capace di restarmene tranquilla, nella mia pseudo condizione di vacanza.
Direte voi: e che ci vuole? Dipende. Da che dipende? Dal nostro Dna, temo.
Se, per dire, siamo abituati a essere sempre "proattivi" (altre virgolette volute, per sottolineare la bruttura della parola utilizzata), qualche rottura di balle ci sarà di sicuro: ce la saremo, anzi, procurata con le nostre stesse manine.
La consapevolezza di essere una spugna delle altrui lagne me l'ha data il sempre più cinico Bipede Paolo che non me ne fa passare una. Nell'ultimo periodo, per esempio, mi fa il verso parafrasando l'orrida pubblicità dell'otto per mille della Cei, dicendomi: "hai un problema inesistente? un manoscritto da correggere, un'angoscia da placare, un concorso inutile da segnalare? chiedilo a..."... a me, denominata in questo contesto "piccì", perché anche noi non sfuggiamo ai nomignoli che ci si affibbia quando si sta in coppia.
Il problema, però, non è di chi mi passa testi, incombenze, sfighe etc etc: il problema sono io e il mio dannato ottimismo. Sì, perché, regolarmente, io mi presto, dispensando consigli, sorrisi e ringraziamenti. E invece dovrei dire no, grazie, lasciate perdere. Lasciatemi perdere, che ce la fate anche da soli, esattamente come ce la farei io se fossi in grado di liberarmi dal senso di colpa di non essere sufficientemente d'aiuto se non mi sbraccio con veemenza e non mi perdo in infinite e dettagliate spiegazioni, un aspetto del mio carattere ereditato dalla buona educazione ricevuta, ma ormai impastato nella mia stessa essenza.
Come dice un vecchio adagio, tuttavia, non si cava sangue da una rapa, cioè a dire: non essendo in grado di dire no a chicchessia, non mi resta che usare una strategia meno diretta, ma per qualche tempo abbastanza efficace. A breve comincerò a sbandierare la prossima partenza per la mia terra natale e i miei impegni di zia e di figlia devota. Tutto vero, intendiamoci, ma anche affettuosi capri espiatori anti-prestazioni/consigli/sollecitazioni esterne, che in questo momento dell'anno mi pesano più che mai.
Voglio fare vuoto. Ne ho un bisogno vitale. In barba alla società del sempre pieno e alla mondanità forzata.
Sono sorridente e ottimista, sì, ma anche una testa dura d'abruzzese. Quindi ce la farò.
Però accidenti che fatica sfaccendarsi davvero.
Per entrare nello spirito giusto, comunque, ho deciso di sospendere le lezioni di inglese per un mesetto, anche se continuerò a leggere il libro di Jason e altre cosette che ho ricevuto in regalo.
Domani, poi, dico addio (o arrivederci, chi lo sa) al mercatino di Fermo, un'esperienza assolutamente positiva (ma che mi richiede un livello di interazione veramente da guinness...). Sbrigherò quindi le ultime incombenze di lavoro e burocratiche e via, alla conquista del vuoto. 
Più o meno...
Buona estate a tutti.

giovedì 18 luglio 2013

Riti propiziatori di vario genere contro la iella


Ci siamo: l'estate è esplosa, finalmente, ma come spesso è successo anche in passato in analogo periodo, l'afa è ancora molto limitata. Stamattina, per dire, al mare si stava da dio e confesso che non me ne sarei mai voluta andare via. E però, come ormai stra-noto per i pochi amici che mi seguono anche qui, il giovedì è il giorno del mercatino estivo qui a Fermo e siccome ho deciso di partecipare giusto nel mese che mi ha dato i natali, mi tocca andare ad allestire. Tra un'oretta circa, mi caricherò dunque di banchetto, sedioline e poche altre carabattole e andrò a rioccupare la mia molto contenuta postazione.
Solo a fine esperienza, ossia tra due giovedì, è probabile che tirerò un bilancio di un'esperienza che mai avrei pensato di vivere. Come già accennato non so più se qui, su Minime Storie o da qualche altra parte (parlo molto, scrivo un po' meno, ma comunque comunico!), sono soddisfatta di come sta andando, sia in termini pratici (c'è molta più gente di quanto pensavo incuriosita dal mio libro), sia da un punto di vista umano. Si fanno incontri interessanti (non tutti, ovvio) e si ascoltano storie minime (e quando mai!) che mentalmente mi vado appuntando.
C'è tuttavia un retro-pensiero dal quale non riesco a liberarmi completamente.
Tengo le dita incrociate e spero.
Stamattina, certo, la radio isolata da una pessima, diabolica interferenza locale m'ha fatto brutto. Detto in italiano corretto, mi è sembrato un presagio di malasorte. Siccome però sono una persona razionale, ho fatto debiti scongiuri interni e sono scesa in spiaggia... dove un poveraccio sembra che abbia perso la vita giusto a pochi metri da noi, abbastanza comunque perché non riuscissi a vederlo.
Mortacci a voi brutti gufi che insidiano la mia ricerca di tranquillità. Mia, peraltro, solo indirettamente.
Una volta scesa in strada, comunque, avrò il mio bel da fare e mi sarà più facile tenere a debita distanza uccellacci e presagi di malasorte.
Insomma: vado.
Come definitivo rito propiziatorio, linko qui una canzone del mio Paolo (Conte), molto in tema con la stagione:





Chips, chips...

giovedì 11 luglio 2013

Io come il dottor House? Ma figuriamoci

Brevissimo rilancio del video montato al volo per il secondo giovedì da ambulante:



Vorrei raccontarvi di più, non tanto del video (l'ho fatto diffusamente su Minime Storie) quanto della partenza per Londra di Guido Mallardi ed Elisa Campofiloni, la giovane coppia di Fermo che ha creato l'Accademia professionale di musica, frequentata da mio marito lo scorso anno.
Vorrei riempire la prossima ora che mi separa dal mercatino estivo con altre parole per non pensare troppo all'esame diagnostico che dovrebbe cominciare a minuti.
Non aggiungo altro, invece.
E lascio scorrere tutto. Come il dottor House costretto a causarsi un colpo per vincere le allucinazioni provocategli dal vicodin. No, sto esagerando.
E' solo che non è il momento di cedere all'emotività.
Come vorrei essere sempre in grado di orientarla, come sto facendo adesso.
Forse sarei un mostro, o è più probabile che sarei semplicemente un'altra persona.
Tant'è. Questa sono. Come direbbe Popeye, io sono quello che sono e questo è tutto quello che sono.
In bocca al lupo, mamma.
In bocca al lupo, Guido ed Elisa.
Auto-in-bocca-al-lupo a me.

giovedì 4 luglio 2013

I dubbi della novella ambulante... bricolageur!



Ed eccoci qua: oggi comincia il mercatino di Fermo del giovedì, da ben trentun anni appuntamento fisso dell'estate di questa piccola città marchigiana.
Mai avrei pensato di prendervi parte anch'io, un giorno, ma la vita è strana, io lo sono altrettanto, perciò ok: tra poche ore mi trasformerò in ambulante.
Per vendere che cosa? Ovviamente il mio libro, inserito dall'organizzazione come "opera dell'ingegno" (meno male), sezione bricolage. In un certo senso, è vera anche questa seconda parte, dal momento che Che gatti è un'autoproduzione. Che poi esiste (eccome) il bricolage di qualità: da frequentatrice assidua del medesimo mercatino e di vari altri che girano nelle piazze della zona, ho avuto modo di vedere (e di acquistare) oggetti di artigianato veramente originali. Quindi ok: sono una "bricolageur", ammesso che esista questo vocabolo.
Non lo nascondo: un pochino d'ansia ce l'ho, non tanto (non solo) per la comprensibile paura di fare un buco nell'acqua totale, quanto per le eventuali spiegazioni che mi sentirei tenuta a dare ai conoscenti che mi hanno incontrata in contesti totalmente diversi.
E del resto, chi me l'ha chiesto? So bene che è una mia libera scelta.
Avevo solo bisogno di scriverlo qui, in questo spazio che continua a essere semi-segreto, nonostante abbia smesso da tempo di nascondermi.
Aggiungo giusto una chiusa finale, ispiratami dalle lezioni di inglese degli ultimi tempi.
Ho scoperto il verbo (presumo annoverabile tra i cosiddetti phrasal verbs) to question oneself, che vuol dire essere insicuri per qualcosa, sentirsi incerti di qualcosa.
Ecco: di fronte all'avventura che sto per vivere, I'm questioning myself if it is a good idea...
Anche chi non sa l'inglese, può intuire che cosa intenda.
Ripeto. Ci sono. Ci sarò e conoscendomi maschererò la "niggling" ansia (un aggettivo su cui riflettevo poco fa, preso dall'interessante debutto letterario del mio giovane insegnante sudafricano... ieri ho scoperto che ha solo ventinove anni. Beato lui), che non sono certa (aridaje) di aver capito.
Chiacchiererò e sorriderò, come faccio di solito, tormentandomi forse le unghie (che ho colorato apposta per tenerle sotto controllo) o sgolandomi, semplicemente.
Sono fatta così, a quest'età dovrei conoscermi, ormai.
Non mi resta che farmi un auto-in-bocca-al-lupo, sperando che la pioggia incombente si sfoghi ora... o dopo mezzanotte! Altrimenti poveri i miei lavori di bricolage...