Quasi alla fine del mio lavoro di foto-racconto sulla zona del centro storico di Fermo in cui vivo (ebbene sì: abito a Fermo, nelle Marche, per gli sparuti lettori che non l'avessero ancora capito), ho incontrato Luigi, uno dei protagonisti dei miei scatti. Accanto a lui, poco distante, c'era la scarpa che vedete in alto, dallo spazzino del duomo raccolta e piazzata lì come un'installazione (a proposito: ma si scrive iNstallazione o istallazione senza N?). Gliene ho chiesto lumi, spiegandogli che come biglietto da visita e immagine di apertura dell'altro mio blog (Minime Storie) avevo scelto quelle scarpe bianche, probabilmente da sposa, abbandonate a cinquanta centimetri circa dalla vespa di mio marito. Luigi mi ha risposto che gli capita molto spesso di fare bizzarri ritrovamenti quando attacca a lavorare intorno alle sette del mattino. Non ha voluto essere più preciso, però mi ha lasciato immaginare quel che la madre di una mia compagna di liceo aveva indicato come "cosacce".
Personalmente, voglio augurarmi solo che non siano cose turpi o peggio violente. Per il resto, basta che non facciano troppo casino, dal momento che le finestre della nostra camera da letto danno proprio sulla zona del parco cittadino notturnamente molto frequentato.
Se però sto scrivendo di quest'episodio, è per un motivo più che preciso: ieri mattina ho saputo che il mio lavoro dal titolo omonimo al mio blog è stato selezionato per la mostra e il libro sui workshop ideati e condotti dal fotografo Giovanni Marrozzini. La presentazione ufficiale è prevista il prossimo 16 giugno a Bibbiena (ho da poco controllato dove si trovi... sapevo in Toscana, naturalmente, ma ignoravo in quale parte della bella regione in cui ho fatto l'università) al Centro italiano della fotografia d'autore.
Al di là di ogni considerazione un pizzico cinica sui denari che dovremo sborsare per accaparrarci la pubblicazione, per me è una grande soddisfazione. Sì, lo è. Per come è nata l'idea, per il periodo difficile in cui ho ripreso a fare le foto e per tutta la creatività che ha finalmente ripreso a circolare nelle mie vene e che mi sta permettendo di affrontare con uno spirito, meglio, una grinta diversa la precarietà del presente.
La bella notizia è peraltro giunta a pochi giorni di distanza da una piccola svolta che ha coinvolto anche mio marito. Sulle sue vicende, però, preferisco mantenere il riserbo conoscendo la sua ritrosia.
Ho insomma l'impressione che l'incertezza possa portare anche opportunità impreviste e che davvero crisi significhi anche cambiamento, non solo arresto.
Staremo a vedere che accadrà a entrambi, però sono sicura che indietro non si possa più tornare e che il bello debba ancora arrivare.
Potrebbe essere un'illusione? Uno scettico o un pragmatico potrebbe pensarlo: ma siccome non si vive di sola concretezza, mi attaccherò sempre ai significati nascosti di tutti gli eventi che dovessero capitarci.
Perché, nonostante tutto, la vita è un dono da custodire fino all'ultimo respiro.
In conclusione, ripetendo il motto che scrivo spesso (troppo spesso) sull'altro blog: ad maiora!
secondo me è iNstallazione, cara madama, suona senz'altro meglio...
RispondiEliminaiNfatti l'ho scritto così... ma l'ho trovato scritto nell'altro modo su un invito a una mostra. Bah!
RispondiEliminagrazie della visita, anonimo PP (immagino)
MADAMATAP