Com'è facilmente intuibile, non conosco lo spagnolo né tanto meno il portoghese. Però all'indomani della sconfitta (una vera e propria Guernica) dell'Italia, non riesco più a trattenermi.
Chiarisco subito: ho visto la finale e ho anche sperato che gli azzurri si ripigliassero dopo i primi due goal, negando, forse, anch'io, come molti altri connazionali, l'evidenza. E però, suvvia, perdere contro i cugini (una faccia una razza: sfido chiunque a distinguere spagnoli e italiani) fa meno male che contro i crucchi, verso i quali, peraltro, non ho affatto rancore, vista la parentela acquisita con un'amabilissima famiglia tedesca.
D'altra parte, il massacro subito è effettivamente una metafora di quel che come Paese stiamo rischiando attualmente. Lo stanno dicendo in tanti, quindi stop.
E tuttavia mi auguro ardentemente che, tolti gli imbecilli che hanno sventolato bandiere con la svastica (a Roma) e gli assaltatori del maxischermo del Duomo (a Milano), tutti gli altri da oggi ci ridano su e tornino a fare... a fare che cosa?
Ad attendere che i tempi cambino, provando ancora un po' a non smarrire la stima negli altri e soprattutto in se stessi, un bene prezioso e raro per chi non lavora o lavoricchia. Per chi, insomma, è nella condizione di sfaccendamento.
A questo proposito, merita una menzione speciale il mio Sfaccendato coniuge, dalla grande verve creativa nonché profetica. Solo lui, infatti, è in grado di prepararsi a eventi sgradevoli, quale poi si è effettivamente rivelata la visita degli zii del Nord, improvvisandoci su una canzone.
In genere, Sfaccendato ruba sigle di telefilm o brani pop per prendere per i fondelli qualcuno particolarmente meritevole di dileggio. Stavolta, invece, è ricorso all'incipit del Cacao meravigliao di Renzo Arbore per parlare di se stesso e di sua madre in un colpo solo. Perché, per Sfaccendato, la colpa dello sgradevolissimo scambio tra lui e la zia Ritin ("Michael Jackson nell'ultimo periodo", cit), è tutta di sua madre, la grandissima Marisa. O Marisao.
La musica do Brazil, poi, con la saudade e tutto il resto, è la perfetta metafora del tono a dire di Sfaccendato lamentoso con cui la sua genitrice racconta ai parenti delle sventure lavorative dei figli (e delle nuore). "Son tanto malcontenti, tanto tanto tanto. E invece quanto vorrei che avessero tutti e quattro il loro bel lavoro nel loro bell'ufficio...". Il tutto detto con afflizione e struggimento. Un atteggiamento che manda in bestia Sfaccendato e fratello soprattutto quando siamo presenti anche io e mia cognata. Invece io, di solito, ci rido su, stimolata anche dalle occhiatacce fulminanti che le manda Sfaccendato.
E però, davanti ai parenti, è più difficile sdrammatizzare: di qui la presa in giro preventiva, della sua propria condizione e della mamma.
Immaginate a questo punto l'inizio della canzoncina di Arbore e cantateci su (insieme con me) le seguenti parole:
Sao come se fa un disoccupao
cun tantu malconcenci
e un po' di Marisao...
Ecco. Così bisognerebbe sempre (comunque il più possibile) vedere il mondo e le nostre personali sfighe.
Perciò, forza italiani, quelli comuni, quelli che non sanno immaginarsi da vecchi, e avanti così.
Con meno malconcenci e un po' di fiduciao.
Vogliamo Marisao a Sanremo. E anche al Ritin
RispondiEliminaAssolutamente sì. oltretutto i vecchi vanno per la maggiore: farebbero un successo stellare
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