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lunedì 7 ottobre 2013
Ferrara, Internazionale e un elenco infinito di grazie
A essere prevedibile era prevedibile. Ferrara e il Festival di Internazionale mi fanno sempre questo effetto rinvigorente e credo a questo punto di comprenderne ancora meglio le ragioni.
La città è magnifica: la pioggia e il freddo di quest'anno, anzi, le hanno conferito un aspetto quasi parigino. Al mattino, in hotel, sono stata svegliata dal ticchettio delle gocce attutite dalle pareti e immagino i doppi infissi della porta-finestra. Mi sentivo a casa ed è stato davvero un dono del cielo che fossi da sola, per la prima volta nella mia vita, in una stanza oltretutto così confortevole. Sono risalita con la tazza di thè verde presa alla fine di una gustosissima colazione (il pasto della giornata che considero più importante) e mi sono goduta il paesaggio che si intravede nella foto che condivido qui sopra. Una leggerezza malinconica si è impossessata del mio corpo infreddolito, della mia testa piena di immagini e nozioni, di sorrisi e di incontri propiziatori (che dire dell'africano che mi ha augurato il meglio per la vita nel treno di andata? Chissà come si chiama). E ho finito per fare un pochino tardi all'ultima mattinata del workshop con Christian Caujolle, un uomo piccolino con una faccina sorniona e una cultura notevole, che mi ha conquistato un poco alla volta, ostacolata com'ero dal suo inglese alle mie orecchie non sempre intellegibile. Ero talmente concentrata a cogliere il suo labiale che ho realizzato meglio che cosa mi stesse capitando e in quale luogo interessante mi trovassi (la facoltà di architettura, nel cuore del ghetto ebraico, se le mie informazioni sono corrette) solo un po' dopo.
Più immediata e diretta, invece, è stata la reazione che mi hanno suscitato le foto di Gabriele Basilico sulle città e soprattutto le parole di questo immenso fotografo italiano scomparso prematuramente (aveva solo 69 anni, accidenti) lo scorso febbraio. A commentarle, c'era di nuovo Caujolle, stavolta liberato dall'onere dell'inglese: la traduzione consecutiva in italiano era stata affidata a una donna con una bella voce, il che, per me, ha fatto decisamente la differenza.
Le foto (e le musiche che le accompagnavano) di Basilico mi sono arrivate direttamente nello stomaco. Se dovessi spiegarvene le ragioni a parole, però, non ci riuscirei. Bisognava essere lì a farsele scorrere addosso, mentre l'umidità mi mangiava le ossa una dopo l'altra.
Ringrazio i miei amici Ketty e Matteo per l'accoglienza, il giro notturno per Rovigo, i ristoranti e i bar in cui mi hanno portata (che eleganza questi rovigini). Ringrazio anche gli organizzatori della piccola mostra cittadina sul cinema e il fiume, e poi il peso del borsone sulle spalle, l'ombrellino provvidenziale comprato in vista del viaggio, gli stivaletti acquistati in un periodo molto difficile, il giacchino giovanilistico, i complimenti gratuiti, il jazz nel dehor di un magnifico bar, lo sguardo dolce di Tiziana e la sua grinta segreta. Ringrazio Anna per la sua estrema e rassicurante simpatia, Giulia la zingara e il fidanzato dagli occhi dolci per il loro accento così evocativo, Luca per la sua fisicità gioviale (e per gli aneddoti sulla figlia quattrenne), Gabriella per il pomeriggio africano e per quel mix di sicilianità e milanesità che mi fanno morire. Ringrazio il tabaccaio per la pipa con tanto di sigillo di garanzia che ho portato a mio marito. Chi mi manca? Vito e i suoi occhi chiarissimi da conquistador, la giovane foto-editor Silvia, classe tutta veneta, l'edicolante della stazione di Ferrara che pareva saperne qualcosa della vita. E infine ringrazio proprio quest'ultima, per avermi dimostrato ancora una volta che stare al mondo è una grande cosa.
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