giovedì 28 novembre 2013

The suit di Peter Brook a Fermo... e le coincidenze continuano!


Un momento di The Suit, foto di Johan Persson

Mi ripeterò, ma le coincidenze che mi capitano di continuo stanno diventando davvero troppe perché non debba tornarci su nuovamente.
Che dire, per esempio, dell'approdo al Teatro dell'Aquila di Fermo, i prossimi 3 e 4 dicembre, di The suit, la piéce del regista britannico Peter Brook ispirata al romanzo di Carl Themba, uno scrittore sudafricano morto esule e in povertà nel 1968?
Chi mi segue dovrebbe infatti sapere che sto studiando inglese con l'aiuto di due insegnanti che vivono proprio nella terra martoriata fino a non troppi anni fa dall'apartheid. Da quando li ho incontrati (ahimè solo online) il mio interesse per il continente che si affaccia sulla Sicilia è cresciuto ancora di più.
E insomma: proprio oggi mi è arrivato il comunicato stampa che annunciava l'arrivo di The suit a Fermo, praticamente sotto casa mia, in qualità niente meno che di tappa esclusiva per l'Italia per questa stagione, dopo il debutto, nel giugno dello scorso anno, al Festival del teatro di Napoli.
Prima ancora, la piéce era andata in scena solo a Londra, nel vestito attuale (scusate il gioco di parole), nato sulle ceneri del precedente Le costume, presentato da Brook nel 1999, in francese.
La versione aggiornata, scritta dal regista con l'aiuto di  Marie-Hélène Estienne e Franck Krawczyk,è invece in inglese, con sopratitoli in italiano per i poveracci (come me) che sono più o meno digiuno della lingua anglosassone.
Sì, credo proprio che assistervi sarà un'esperienza interessante, dal momento che gli attori sul palcoscenico (Jordan Barbour, Rikki Henry, Ivanno Jeremiah e Nonhlanhla Kheswa) verranno accompagnati da un gruppo che suonerà dal vivo musiche che spaziano da "Schubert a Miriam Makeba", come riferisce l'Associazione marchigiana attività teatrali (Amat), promotrice dell'evento con il Comune di Fermo.
Di che cosa parla lo spettacolo e il libro dello scrittore sudafricano, riscoperto in patria, come le opere di molti altri suoi connazionali di pelle nera, solo dopo la liberazione di Nelson Mandela?
Di adulterio e di una bizzarra punizione inflitta dal marito tradito alla moglie fedifraga.
Colta in flagranza di tradimento, quest'ultima è infatti costretta a un morboso ménage à trois con il coniuge e il vestito dell'amante, da costui abbandonato su una sedia per via della sua fuga precipitosa dalla finestra.
Si tratta, insomma, di un dramma a tinte fosche, ma credo che le luci, la scenografia e la musica (oltre che l'impegno che ci metterò a capire i dialoghi senza leggere la traduzione italiana) mi trasporterà direttamente a Sophiatown, la città sudafricana nella quale è ambientata la vicenda, in un'epoca che fortunatamente i miei giovani insegnanti di Cape Town e Johannesburg conoscono solo dai libri di storia.
Concludo con alcune piccole informazioni tecniche.
Lo spettacolo comincia alle 21, i biglietti vanno dai 12 ai 30 euro (biglietteria del teatro:
0734 284295).
La compagnia ha vietato foto e riprese (e ha fatto proprio bene: l'altra volta, allo spettacolo di Toni Servillo tratto da Le voci di dentro di Eduardo De Filippo l'attore e regista napoletano se l'è presa non poco per la luce di una fotocamera... ).
La foto che vedete sopra mi è stata gentilmente fornita dall'Amat, che può essere contattata, per ulteriori informazioni, al numero: 071/2072439.
E ora (più meno...) su il sipario!

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