Ho scattato questa foto ieri dal secondo piano dell'Arbeits Market Service, l'Agenzia per il lavoro austriaca, a cinque minuti a piedi da casa mia.
Stavo aspettando con altra gente di essere ricevuta dalla mia tutor.
Perché qui funziona così: periodicamente ti convocano per controllare a che punto è la tua ricerca del lavoro.
Nel mio caso, dovevo comunicare di aver sostenuto il test d'ingresso del corso di tedesco e l'assegnazione della mia futura classe.
Comincerò il 10 febbraio: dal lunedì al venerdì mi aspettano in una scuola convenzionata con il sistema pubblico, per un corso che, a detta di diversi miei conoscenti viennesi, dovrebbe essermi molto utile.
Scrivo queste righe per archiviare per sempre l'anno e mezzo passato e per tentare, davvero, di ricominciare daccapo.
Facciamo finta, almeno ci proverò il più possibile, che io sia appena arrivata. Per certi aspetti, è proprio così, ma prima dovevo finire di completare almeno due dei cerchi che ho preso a tracciare il primo agosto 2018.
Quel giorno ho imboccato la stessa strada che ieri osservavo dall'alto, per andare in un hotel dove ho passato i miei primi quindici giorni da lavoratrice austriaca.
Ricordo con piacere le colazioni continentali e la mia stanza sottotetto, caldina, a dire la verità, senza aria condizionata, ma accogliente al punto giusto.
Mi sentivo protetta e accolta, all'epoca, mi parevano tutti simpatici e disponibili. Il primo giorno sono entrata in azienda in contemporanea con un giovanissimo stagista. Biondissimo e nibelungico. Il mio ex capo mi ha chiesto, con una battuta: "E' tuo figlio?". Gli ho sorriso e forse ho bofonchiato pure qualcosa.
Solo dopo, conoscendo uno dopo l'altro, i miei giovani colleghi e soprattutto guardando l'età media dei dipendenti delle altre radio, ho capito che quella fuori luogo ero proprio io.
Più o meno in questo stesso periodo di un anno fa, tra l'altro, l'azienda mi ha versato uno stipendio ridotto di circa 500 euro addossandomi i costi della mia permanenza in hotel. L'equivoco aveva riguardato anche un giovane collega arrivato pochi mesi prima di me. Poi è stato tutto risolto, ma non sto a dirvi che shock è stato ritrovarsi senza denari da sola in una terra straniera.
Per giustificare il ritardo nel rimborso, il mio ex capo, che mi rimarrà per sempre impresso per la precisione delle informazioni che dispensava a profusione, oltre che per l'empatia e il coraggio, mi ha detto che era colpa della mia banca che non aveva fornito non so quale dato.
Non era vero niente. Però devo dargli atto di un gesto di disponibilità nei miei confronti: mi ha prestato lui i soldi che mi servivano per tornare qualche giorno in Italia.
Ovviamente, io mi sono precipitata a restituirglieli prima possibile. Odio avere debiti, ancora di più con un quasi estraneo com'è rimasto lui per tutto il mio periodo lì.
Ma insomma, andiamo avanti.
Ieri ho pubblicato la foto sullo stato Whatsapp del mio telefono austriaco. Per commentarla, ho scritto una frase in tedesco.
Sempre ammesso di averla composta correttamente, in italiano suonerebbe così: "la vita è strana: tutto è cominciato da qui un anno e mezzo fa".
L'ha letta la mia padrona di casa, che abita sopra di me. Evidentemente, ha capito da dove l'ho scattata perché mi ha chiesto, in tedesco, naturlich, che cosa mi fosse successo.
Erano diversi giorni che avrei voluto dirle che ho perso il lavoro, ma non ne ho avuto il coraggio.
Mi sono vergognata molto.
Mi vergogno ancora molto. Mi secca di dover andare negli uffici a farmi controllare i documenti come se fossi una ladra di sussidi nordici. Mi scoccia di dover ripetere a chi non lo sa che in Italia, comunque, bene o male, avevo sempre lavorato, ma che i compensi mano mano erano diventati insostenibili.
Mi rompe moltissimo non essere ancora in grado di parlare decentemente in questa lingua, di mostrarmi sbattuta e infiacchita nell'animo e nel fisico a chi mi vede, o mi vedeva, come una persona serena e positiva ("solare"... uh, come detesto questa parola).
Però, per un altro verso, sono sollevata che l'abbia scoperto così, per via di una semplice foto.
Ho potuto gettare la maschera, finalmente. E vorrei vederla di persona per dirle ancora meglio:"Es tut mir leid", mi dispiace, di essermi nascosta così.
Non sono certo la prima che perde il lavoro, forse sarà successo anche a lei, chi lo sa. E comunque, che importa? Io di certo non l'avrei mal giudicata.
Il fatto che è io mal giudico me stessa, questo è il punto. E forse, ma ci sto ancora riflettendo, se mi sono imbarcata in questa avventura lavorativa fallimentare, è stato per via proprio del non eccezionale giudizio che do a me stessa.
In tutti i modi, è andata. Dall'hotel all'Ams: questo cerchio si è chiuso.
Vi dicevo che ce n'era almeno un altro: eccolo qua.
La scuola in cui andrò per il corso di tedesco si trova a venti minuti di autobus da casa mia. Secondo la mia futura compagna di classe che ho conosciuto al test d'ingresso (bella coincidenza: eravamo affianco all'esame, lei bosniaca, ottimo italiano: ci siamo scambiate il numero e ora ci ritroveremo insieme lì), si tratta di una buona scuola.
L'ho cercata su Google Maps, sperando che NON fosse nella zona che ho visto dallo stesso autobus che ho preso una volta per andare in uno studio medico. Perché se è vero che Vienna è bella, non è tutta bella, come capita, del resto, anche in Italia.
Bene. Non è proprio lì, ma si trova comunque in un punto simbolico. Me ne sono accorta solo ieri.
Poco lontano c'è il grande negozio di animali in cui sono stata l'anno scorso per comprare la toilette e le ciotole.
Mancavano circa quindici giorni al loro espatrio, insieme, naturalmente, al bipede.
Ci sono stata più o meno un anno fa, all'indomani della festa da ballo in abito lungo, la prima nella mia vita, con i miei giovani ex colleghi.
Ho un bellissimo ricordo di quell'esperienza, una parentesi leggera dopo mesi faticosi e bui.
Con le gambe di piombo mi sono trascinata lungo i marciapiedi grigi fino al capannone di questo grande magazzino per gli amici a quattrozampe. L'avevo scelto perché nei negozi vicino a casa di toilette con la calotta non ce n'erano.
Stanca per il poco sonno, ma felice per gli acquisti, sono tornata a casa e poi sono andata a mangiare con i colleghi nella grande cucina della radio. Non volevo restare da sola, non ce la facevo più. E ai tempi c'era ancora la collega che poi ha rifiutato il contratto, prima della scadenza del periodo di prova. Era l'unica con cui mi sono sentita più a mio agio. Un altro segnale evidente di quanto fossi fuori luogo.
Ormai, fuori da quel luogo, ci sono davvero. Quindi lasciamolo andare.
Nel momento in cui entrerò nella scuola, chiuderò il secondo cerchio. E tutto tornerà in ordine, almeno fino al nuovo che comincerò a tracciare chissà quando. O che forse ho cominciato già a tracciare, anche se ancora non lo so.
Nell'attesa di capirlo, sto cercando di procurarmi per lo meno un pennello più spesso per lasciare tracce certe. Nitide e brillanti.
Non so se saranno indelebili, perché, lo so, nulla è eterno.
Non so se saranno indelebili, perché, lo so, nulla è eterno.
Vorrei solo che fosse più decisa la mia battaglia contro i fantasmi. Contro la paura, che ogni tanto si tramuta in panico, anche se, devo dirlo, solo per brevi istanti.
Vorrei vincere, insomma, qualunque cosa significhi questa parola.
Corro a procurarmi la vernice giusta.
Venite con me?
... commosso per questo tuo racconto autobiografico ...
RispondiEliminaCaro Paolo, ho letto il tuo commento prima su Facebook,come hai visto. Mi sono commossa per la tua commozione. Qualche lacrima, in effetti, potevo anche concederla.
EliminaOra però devo andare avanti.
Ti abbraccio
Ale ..., sei straordinaria, riesci a dire senza dire, le mie primavere però riescono a capire e capirti, posso solo dirti "abbi fede", non scoraggiarti, ritengo che l'ottimismo sia un ingrediente necessario al giorno d'oggi, mi raccomando però, studia il tedesco ..., almeno per dire un "vaffa" in lingua a chi merita, ho fiducia in te, ti auguro "buon tutto"
RispondiEliminaEffettivamente conosco poco il turpiloquio teutonico. Vedrò di rimediare presto. Vielen Dank, caro Tonino. A noi chietini non ci ferma neanche "lu tedesche".
EliminaStatte bbone
Sono gia' una tua Fan. Chi meglio ti puo' capire di una espatriata compatriota anche lei nella fredda ma bella Vienna? Continua a scrivere ti seguiro'. "Il viaggio da Kamakura a Kyoto dura 12 giorni. Se ti Fermi all'undicessimo come farai ad ammirare il Sole sulla capitale? ". Un forte abbraccio
RispondiEliminaCara/o sconosciuta/o,
RispondiEliminaGrazie del commento e della interessantissima frase. È il titolo di un libro,oder? :)
Cercherò a tutti i costi di vedere il sole. Anzi:sono sicura che lo vedrò. Un abbraccio e a presto, qui o chissà dove