José Greco nel film "La nave dei folli", 1965
"Eccovi qua chi ero: un bambino italiano cresciuto a
Brooklyn, diventato un ballerino di danza spagnola e dopo, per qualche
bizzarria del destino, 'il brindisi della Scandinavia'. Nessun romanziere vi avrebbe
mai consigliato una trama simile".
Le parole sopra riportate appartengono a Costanzo Greco, il
nome vero del Principe del flamenco noto anche a Hollywood con il nome di José Greco, nato a Montorio dei Frentani, oggi in Molise, due giorni prima del
Natale 1918.
La frase è tratta dall'autobiografia scritta dall'artista
con Harvey Ardman nel 1977, intitolata The gypsy in my soul,
letteralmente "lo zingaro nella mia anima".
Se mai avesse potuto
tradurla nella lingua madre, ho la sensazione che Mister Greco avrebbe
scelto di puntare di più sul suono fortemente evocativo della nostra parola
cuore, associandolo, certo, alla componente "zingara" dell'arte della
sua vita, ma anche alla nostalgia per le radici lontane, ricercate probabilmente
in tutte le donne che ha amato.
Peccadillos chiama il nostro eroe le storie
multiple e le avventure passeggere intrecciate mentre mette su e porta al successo la compagnia
di ballerini di origine prevalentemente ispanica e gypsy, con la quale sbarcherà
nel giugno del 1949 in Scandinavia e Danimarca, le prime terre del Vecchio Continente,
dopo la Spagna qualche anno prima, destinate a consacrarlo a sovrano della
danza spagnola moderna, approdata in Europa e in Nord America negli anni Trenta
dell'Ottocento.
Un po' di storia del flamenco e dintorni, tratta da giornali
dell'epoca, è riportata nel libro nel punto in cui Greco parla della vigilia
del debutto a Broadway, a pochi metri da dove ha fatto il "ticket
runner", quando il suo futuro agente Jack Nonnebacher gli consiglia di lasciar
perdere la danza e di fare piuttosto il camionista.
Chi avrebbe mai immaginato, invece, che un giorno il suo
nome sarebbe comparso a caratteri cubitali e luminosi sulla facciata del Lee
Shubert Theatre? Probabilmente non l'avrebbe mai detto nemmeno l'impresario che
dava il nome a quest'ultimo se non l'avesse notato nel film
"Manolete", visto per caso qualche anno dopo l'uscita in una sala di
Parigi.
E dire che il nostro Costanzo non ne parla benissimo nel libro:
ricorda, sì, di aver ballato molto bene (altro che), ma le riprese durano molto
più di quello che gli avevano promesso, in anni in cui lui si è già fatto
conoscere e apprezzare direttamente a Siviglia, durante una tournée molto
impegnativa che gli permette di accumulare sufficiente denaro per tornare in
Italia per la prima volta dall'infanzia e portare una montagna di regali ai suoi compaesani.
Ancora oggi, dalle parti di Montorio, si rievocano di tanto
in tanto i bauli carichi di vestiti (e molto, troppo pepe!) collocati dal
danzatore italo-americano in mezzo alla piazza perché ognuno potesse scegliere
quello che voleva.
Divertente l'aneddoto-postilla che di sicuro avrà prodotto
analoga reazione anche sullo scrittore che l'ha aiutato a buttare giù i suoi
ricordi. Gli dice infatti lo zio: "Sei stato così generoso con noi,
Costanzo, ma la prossima volta...". "La prossima volta cosa?",
gli risponde la nostra star. "Beh, il denaro sarebbe più utile. Con il
denaro potremmo comprarci da soli le cose, magari più economiche di quelle che
ci hai comprato tu".
Della serie: evviva la gratitudine.
Da migrante transitato per l'Oceano Atlantico a bordo di una
nave come tanti prima e dopo di lui, Greco però capisce il senso della
richiesta del suo parente, perché conosce, eccome, il valore del denaro, un
tema che percorre tutta la sua autobiografia e che, credo, lo avrà preoccupato
fino alla fine dei suoi giorni.
Perché il successo non ti regala necessariamente anche la
stabilità economica, ribadisce a più riprese: pagine e pagine, anzi, sono
dedicate proprio all'analisi delle spese affrontate per organizzare le tournée,
altre alle trattative con gli artisti, non tutti descritti come il massimo
dell'affidabilità. Più di qualcuno, anzi, l'abbandona nel mezzo dei preparativi
di un nuovo spettacolo, per altri Greco è costretto a fare da mediatore per via
di intrecci amorosi piuttosto complicati.
A volte si sente la fatica che gli
costava tenere tutto in piedi, considerando anche i suoi, di intrecci amorosi,
un aspetto di cui parla piuttosto diffusamente.
Al di là di tutto, a me sembra vero solo questo: Greco
doveva danzare e diventare la star che tutti gli appassionati di danza spagnola
conoscono e ammirano ancora oggi.
Se non l'avesse fatto, la storia dell'umanità lo avrebbe
rimpianto per sempre.
Per capire di che cosa sto parlando, basta vederlo atterrare
con il ginocchio piegato con quel "mix di eleganza e forza" che gli
attribuiscono i critici all'indomani del debutto a Broadway. Le repliche
dovevano essere una quindicina, ma Mister Shubert le allunga a un paio di mesi.
Nel frattempo, Greco va anche in tv e riceve altre proposte cinematografiche.
Nel '52 esce il film "Sombrero", un rifacimento di Don Chisciotte in
salsa messicana, racconta, girato da Norman Foster. Nel film è costretto a dare
uno schiaffo alla protagonista (Chyd Charisse) che interpreta la parte di sua
sorella, mentre lui è un discendente di una famiglia di zingari spagnoli, oltre
che un torero. La pellicola non lo
convince, o forse è più esatto dire che è lui a non essere convinto di se
stesso, perché un conto è danzare, un altro è essere pronti ai ripetuti ciak
chiesti dal cinema.
Sia come sia, noi profani non ce ne accorgiamo e ogni scena
in cui l'hanno immortalato mentre accompagna l'aria con il suo corpo è un puro
piacere per gli occhi. E l'anima. O il cuore, se preferite.
Lo sapeva persino Simone Signoret, sua compagna di cast nel
film La nave dei folli, accanto a molti altri famosissimi attori,
che un giorno gli dice: "Sai, José, non avrei mai potuto avere una storia
con te". "E perché?", le risponde lui sorpreso. "Beh, sei
troppo simile a mio marito, Yves Montand. Se avessimo avuto una storia mi
sarebbe sembrato di fare l'amore con lui. E quello posso averlo di tanto in
tanto".
Simpatica e intelligente la Signoret, non c'è che dire, come
riconosce Mister Greco, che apprezza molto anche Vivien Leigh, David Niven, suo
compagno di cast nel "Giro del mondo in 80 giorni" e svariati altri
Vip.
Tra i più famosi c'è sicuramente Frank Sinatra, che gli
regala un mucchio di soldi salvandolo dai guai in un casinò di Las Vegas. E
poi ci sono gli incontri ufficiali, come quello che Charles De Gaulle, che si
vede stringergli la mano durante una cerimonia di gala. Prestigiosissima è la
Croce di Cavaliere al merito civile di Spagna ricevuta in ambasciata a
Washington l'8 aprile 1962.
Proprio quell'anno è nato José jr, uno dei figli di Lola DeRonda, un'altrettanto indimenticabile regina della danza spagnola, che sarà celebrata
con l'immortale papà in una serata omaggio prevista a Porto San Giorgio il
prossimo 2 febbraio nel teatro della cittadina marchigiana a partire dalle
21.15.
Come mai lì? Perché proprio a Lu Portu vive il quartogenito di Costanzo, José jr, ballerino e insegnante come poi è stato anche suo padre:
a lui e all'attrice Elisa Ravanesi innanzitutto il merito di aver organizzato lo
spettacolo al quale parteciperà anche la sorella minore Lola e altri artisti appassionati
di musica e danza spagnola.
Molto disonorevolmente sono stata coinvolta anch'io nelle
vesti, davvero poco abituali, di presentatrice.
Non vi nascondo l'ansia, ma insieme anche l'emozione,
autentica, per questo viaggio alla scoperta di una vita davvero straordinaria.
Verso la fine del libro Costanzo cita una vecchia storiella
vaudeville che gli racconta una volta il suo caro amico Nonnebacher, per
risollevarsi reciprocamente di fronte agli ennesimi problemi economici.
"C'era un uomo che affermava di avere di un asino
parlante, ma quest'ultimo non parlava mai". Greco non rammenta i passaggi
intermedi, ma sa che a un certo punto c'è un impresario che aspettava e
aspettava che l'asino finalmente parlasse che dice all'uomo: "Quando
l'asino parlerà, diventerai ricco". Bene: per Jack un giorno o l'altro
l'asino avrebbe parlato.
Proprio nelle ultime righe mister Greco si sofferma sulla
sua grande ed estesa famiglia, dedicando parole a ciascuno dei suoi sei figli e
a Nana Lorca, la penultima compagna di vita prima della giovanissima Anna, che
si innamorerà di lui quando ha appena sedici anni e lui molti di più: e infine
ad Argentinita, vera e propria sacerdotessa della danza spagnola, colei che gli
dà il nome d'arte José oltre che l'anello simbolo dell'unione imperitura con
l'arte. Quindi conclude: "In qualche modo, credo che il futuro si farà da
solo. E chi lo sa: forse l'asino finalmente parlerà".
Speriamo abbia ragione. Ma sì che ce l'ha.
Nell'attesa, chi può, intanto, venga in teatro a vederci.