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giovedì 10 ottobre 2013
Le Gilmore Girls e il proprio ruolo nella vita
Tredici anni fa conducevo una vita totalmente differente. Diciamo che non avevo molto tempo di guardare telefilm, mentre andavo più spesso al cinema. L'età, e non solo quella, modifica molto le nostre abitudini e anche tralasciando possibili (nonché facili) battute sul rincoglionimento prodotto dallo scorrere del tempo, è pur vero che la tv campa sulle repliche di ogni sorta di serial tv. L'ultima scoperta in ordine di tempo è New tricks su Giallo, ma ne ho viste solo due di puntate, quindi non mi sento ancora pronta per parlarne.
La penultima, invece, è stata davvero una benedizione dal cielo, visto che va in onda giusto quando ci sarebbero gli ansiogeni e/o noiosi tg serali (e in replica il giorno dopo nell'analoga fascia oraria a pranzo). Sto parlando di "Una mamma per amica", la retorica traduzione italiana di Gilmore girls, trasmesso negli Usa dal 2000 al 2007, un telefilm insieme lieve e intelligente, incentrato sul rapporto tra una giovanissima madre e la figlia sedicenne e altri caratteristici personaggi che animano il paese immaginario del Connecticut in cui è stato ambientato.
Il bar di Luke e le case in legno così tipiche della grande provincia americana della East Coast, in verità, sono tutte finte, ma poco importa che la loro cittadina tanto bellina non esista, dal momento che non c'è un attimo del telefilm in cui non sembri tutto perfettamente credibile.
Adoro gli scambi tra Lorelai, la madre di Rory, e la nonna di quest'ultima, l'attrice Kelly Bishop, che fa di tutto per mostrarsi fredda e formale, persino acida, con la figlia, alla quale non può perdonare di essere rimasta incinta a sedici anni, tradendo ogni aspettativa della sua famiglia upper class.
E mi piace assai il rapporto tra le due protagoniste, così unite nonostante gli errori della prima (così brava a lasciare i fidanzati... lasciamo stare) e l'ansia da secchioncella della seconda (che alla lontana potrebbe riportarmi al mio passato. Anche se io non mi sentivo così sicura come lei).
E insomma: mi piace assai partecipare alle loro vite ipotetiche e immaginarmi che un giorno i loro sogni diventeranno realtà. Ho leggiucchiato qualcosa sulle serie successive a quella che La5 sta mandando in questo momento, ma non ho voluto indagare troppo per non perdere il gusto di scoprire che succederà giorno dopo giorno (dubito che mi tornerà voglia di guardare i tg mentre ceno/pranzo).
Non ho tuttavia potuto fare a meno di scoprire che il telefilm non ha avuto il finale che si aspettavano i suoi creatori, una donna e suo marito, per via di problemi tra loro e la tv americana che lo trasmetteva. Del resto, nella vita l'happy end hollywoodiano non esiste, e anche senza rattristarci al pensiero della fine che aspetta noi tutti prima o poi, è più facile che si viva costantemente nel "to be continued".
Piuttosto, mi piacerebbe sapere che cosa combinano tutti gli attori delle Ragazze Gilmore, dal momento che, anno più anno meno, si tratta di miei coetanei. Non so perché, ma ci tengo alle sorti della mia generazione, anche quando le rintraccio in gente che dubito che incontrerò mai personalmente.
Sarà perché, quando vedo una recitazione di buon livello, quando scorgo facce interessanti al di là dei personaggi interpretati, mi viene naturale tifare per loro. Per esempio, mi fa molta simpatia Peppino Mazzotta, l'attore che interpreta Fazio nel Commissario Montalbano, classe 1971. Per me è un grandissimo interprete e ho idea che sia forte anche nella vita privata.
Il problema dei telefilm di successo è però evidente: il personaggio che si è incarnato ti resta appiccicato e rischi di non riuscire più a staccartelo di dosso. Di qui la mia curiosità su che cosa facciano tutti questi bravissimi attori della mia generazione al di fuori del set.
Del resto, a pensarci bene, è una curiosità tipica di chi non si accontenta di ciò che va in scena, del cono di luce sulla ribalta. C'è sempre un lato B da scrutare, anche se potrebbe non piacerci sapere che cosa riporta.
Farsi domande è dunque inevitabile, soprattutto se si ha tempo e voglia di approfondire.
Dovrebbe essere la norma, anche (di più!) quando pensiamo a persone che conosciamo realmente, ma come diceva la signorina Novak in Scrivimi fermo posta, la "gente gratta raramente la superficie" ed è così probabile che si conosca molto poco l'uno dell'altro, figuriamoci di ciò che si dice dei personaggi dello spettacolo.
Alla fine, insomma, preferisco non andare troppo oltre e sperare che almeno loro, così lontani dal mio mondo, non abbiano troppe ambasce e possano semplicemente continuare a recitare.
Incontrarli televisivamente è stato bello. Già solo il fatto di aver regalato sorrisi, sogni e qualche lacrimuccia consolatoria dovrebbe riempirli d'orgoglio. Speriamo se ne ricordino, anche quando saranno, saremo, vecchi. Loro hanno avuto uno scopo nella vita. Ed è una fortuna che non capita a tutti.
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