L'arancione è un colore che mi piace molto. Di recente, ho scoperto di avere questa preferenza in comune con Loretta Emiri, un'altra grandissima piccola donna che ho avuto la fortuna di conoscere di recente.
Gli ultimi mesi, come vado dicendo già da un po', sono stati proprio densi, soprattutto di persone e di idee, non so decidermi, sinceramente, se siano state le prime a stimolare le seconde o viceversa.
Quella penna è un dono fattomi da uno di questi incontri così importanti per la mia vita presente.
Non potevo portarmene un'altra per lo scopo che mi ero prefissa: proprio sotto quel bel primo piano divertito, c'è l'autografo, tremolante, della regina Franca Valeri.
Martedì non sono riuscita neanche ad andare in palestra, tanta era l'ansia di arrivare rilassata (il più possibile) e abbastanza in ordine nel piccolo teatro di Porto Sant'Elpidio (sembravo Zorro, con quel cappello stile Borsalino e il cappottino grigio antracite).
Lo dico subito: "Non tutto è risolto", l'ultima piéce della signora Norsa, non è una commedia per amanti di grasse (e crasse) risate. Direi anzi che a tratti emana una cupezza disperata, di chi sa di guardare la morte molto da vicino. Non che non sia così per tutti, ma l'anagrafe (e purtroppo anche la malattia) non può essere ignorata. Eppure. Eppure, proprio le parole che ogni tanto si perdono e quel lento sostare sul palcoscenico danno al personaggio di Matilde, impersonato dalla Valeri, una potenza dirompente. Ogni tanto, tra l'altro, la voce si fa forte e chiara, come a urlare il desiderio di restare ancora un po', ancora qui, su questa terra e tra persone all'apparenza non troppo amate, snobbate, comandate.
Nella chiacchierata, la gigantessa del teatro ha precisato di non essere come la protagonista della sua opera. E' ovvio che sia così, ma la sua insistenza mi è sembrata un po' sospetta e non tanto perché abbia impersonato una vecchia bisbetica e difficile, quanto per la fragilità intrinseca della sua contessa, manifestata apertamente con l'arrivo in scena di una carrozzina bianca avorio, scintillante e fredda protesi di un corpo non più efficiente.
Qualunque sia la verità (ma è davvero importante conoscerla?), mi ci è voluto più di un giorno per riprendermi da un'esperienza di quell'intensità.
Nell'intervista, per forza di cose sintetica e incompleta, ho concluso ringraziandola, come faccio spesso con le persone che mi regalano i loro ritratti. In questo caso, però il mio grazie era particolarmente sentito proprio per la preziosità dell'evento, atteso lungamente e giunto, forse, nel periodo giusto.
Sarò banale, come la Franca mai potrebbe essere, ma la vita è un gran privilegio. Non conviene sprecarla.