C'è del marcio a casa mia, come testimonia la decadente natura morta in alto, composta da mio marito per sottolinearne la proliferazione incontrollabile (e incontrollata).
Ho salvato questa foto già da un po', aspettando il momento giusto per utilizzarla.
In verità, in questo post dovrei parlare del marcio che sta al di fuori delle pareti domestiche, ma l'una e l'altra cosa, in fondo, non poi così così scollegate.
Per dire, in questo momento, sul tetto fuori dalla finestra della mia camera da letto, c'è di nuovo Giuliano Il Muratore, impegnato nella sistemazione dei coppi danneggiati dalle abbondanti nevicate del mese scorso.
A occhio, poi, tra un sampietrino e l'altro della mia via, si celano gore ammuffite e maleodoranti, habitat graditissimo di vermiciattoli e insettini vari.
Insomma, la decadenza materiale è pronta a fagocitare la vita e per combatterla ci vuole impegno (e manutenzione) costante.
Qualcosa mi dice che sia assai più difficile tenerla a bada in ambiti meno concreti di un palazzo o di un frigorifero.
La società italiana dà un po' l'idea di essere sotto assedio di oscure forze necrofore. Sto esagerando? Vorrei dire di no, ma temo che la realtà sia ancora peggiore di come la dipingo io.
Il marcio è arrivato dappertutto e non ci vuole Savonarola per denunciarlo.
Una delle prove più evidenti è la totale resa della classe dirigente alle leggi inafferrabili del sovra-governo della finanza mondiale. Sto delirando? "Pole esse" (il confine tra sanità e pazzia è molto mobile), ma se così non fosse, non si spiegherebbe il plauso generalizzato a un governo "tecnico" fatto di iper-ricchi che niente possono sapere di come va la vita di milioni di persone, sempre più numerose, che comprano scarpe a cinque euro dai cinesi anche in distretti un tempo famosi per le calzature, frequentano con assiduità sempre maggiore i discount in barba al made in Italy e al tutto-bio, e accettano lavori, mansioni mal pagate o pressoché hobbystiche pur di far qualcosa. Come uscirne? Ovvio: cominciando a re-investire sulle persone e sulle cose, tenendo fuori dalla porta la muffa. Ma, onestamente, chi è che lo fa? Chi ha davvero il coraggio di osare e di credere che un altro mondo, pulito e deumidificato, sia veramente possibile?
Secondo me nessuno, tranne, naturalmente, qualche lodevole eccezione. Come posso esserne così certa?
Basta sfogliare qualsiasi giornale o sito internet di annunci economici per vedere inserzioni ridicole, direi anche offensive per chi abbia un minimo di esperienza oltre che di cervello.
Ho scritto qualcosa del genere anche nella precedente vita di questo spazio, ma ritengo giusto insistervi ancora. Ad esempio:
"Edizioni Vivere è una società marchigiana che edita quotidiani online nel centro Italia. Per il 2012 vuole ampliare la propria rete commerciale ed editoriale.
La società sta dunque cercando Giornalisti, Direttori Commerciali e chiunque abbia voglia di mettersi in gioco nell'informazione online per la gestione autonoma del quotidiano della propria città."
Mettersi in gioco per fare che cosa? Per gestire in autonomia (tradotto? Forse gratis?) l'informazione online della propria città: e che sarebbe, in concreto? Anzi, come dicono da queste parti: che sarrìa?
Sono andata a guardarmi la versione dell'informazione online già attiva nella mia cittadina di residenza. Ebbene: c'erano linkati alcuni comunicati stampa di comune e associazioni varie. Volendo, potrei farlo anch'io: anzi, qualche volta lo faccio davvero, quando voglio mettere in evidenza un contenuto particolarmente significativo.
Da quel che ho capito, sono contenitori per la raccolta di pubblicità, un modo come un altro per vivere (per l'appunto), ma che con il giornalismo, sia chiaro, non ha niente a che vedere.
Un mesetto fa il mio buon padre (che mi legge e perciò non me ne voglia: ambasciator non porta pena) mi ha segnalato la ricerca da parte di un centro per l'impiego di un comune abruzzese di un "giornalista pubblicista esperto di età superiore ai trent'anni in possesso di patente B". Certo, saper guidare la macchina è un requisito in più per chi debba andare a caccia di notizie, ma dal fatto che non mi abbiano risposto ho dedotto che non di questo avevano bisogno (non sono Niki Lauda né mai lo sarò, però avevo potenzialmente tutti i requisiti, più altri che non sto qui a elencare). Molto più verosimilmente cercavano un agente, uno di quelli che vanno di negozio in negozio e di azienda in azienda a comprare pubblicità. Una prassi consolidata in tutte le piccole realtà editoriali, niente da dire; il problema sorge se però le mansioni giornalistiche finiscono per coincidere in tutto e per tutto con quelle commerciali.
In generale, quando la muffa fagocita tutto, si smarriscono le competenze a vantaggio delle professioni-per passione e dell'improvvisazione. Succede in maniera particolare nei mestieri intellettuali e creativi, ossia laddove non si possano stabilire con certezza i denari da corrispondere per prodotti risultanti dalla propria penna/tastiera, pennello/photoshop etc etc. Di recente mi è toccato sentirmi dire da uno pseudo-regista teatrale, un uomo brutto fuori e dentro, se potevo prestarmi per fargli da intervistatrice per un video promozionale di un suo spettacolo, a suo dire, richiestissimo (e come no). Per amicizia nei confronti di una terza persona, gli avevo pure detto di sì, ma soltanto dopo aver chiarito, primo, che le domande le avrei scritte io e, secondo, che volevo essere pagata, poco, magari (mi accontentavo di cinquanta euro, manco una marchetta, in senso biecamente proprio), ma gratis nemmeno a pensarlo.
Com'è andata a finire? Non se n'è fatto nulla.
Idem qualche mese fa per un'altra prestigiosa collaborazione con una testata locale: e dire che in entrambi i casi i proponenti avevano provato pure a lusingarmi, l'una dicendomi che mi corteggiava già da tempo per via della mia fine penna (ma quando mai?) e l'altro per la mia... bellezza!!
La sto facendo troppo lunga, quindi basta.
Voglio concludere, come sempre, con una nota di speranza, attaccandomi, stavolta, alla meteorologia.
Tra due settimane scarse la luce tornerà a illuminare e scaldare colline, tetti e vie: la frutta abbandonata sul mio frigorifero (e dentro), probabilmente, marcirà ancora più in fretta, ma la muffa dovrebbe comunque regredire almeno all'esterno della mia casa, mentre i fiori diffonderanno i loro profumi illudendoci che, sì, un altro mondo più lindo, più gioioso, sia ancora possibile. E a quel punto, ma sì, l'inverno e la scontentezza potranno attendere ancora.