Forse dalla foto non si capisce, ma sappiatelo: quelle cose tondeggianti che tappezzano la struttura a cono decapitato sono patate tagliate a metà, le piccole orizzontalmente, le grosse longitudinalmente.
A darci le indicazioni su come operare è stata Anna, la ragazza russa con la salopette che vedete arrampicata sulla scala. A suggerirci, invece, il metodo migliore per spalmare la colla e il misterioso "catalizzatore" è stato Giacomo, il tipo in primo piano con il berretto in testa e un sorriso da burlone toscano.
Chi sono, anzi, chi eravamo, a ricevere gli input? In rigoroso ordine alfabetico (tolta la sottoscritta): Benedetta, Chiara e Matilde, tre davvero splendide ragazze che ho avuto il privilegio di conoscere durante gli ultimi due giorni e mezzo dell'allestimento di Arte Laguna Prize, un premio per artisti provenienti da tutto il mondo che quest'anno celebra la decima edizione alle Nappe dell'Arsenale di Venezia.
Sono certa di tornare di nuovo sull'argomento, per cui non mi dilungo per ora sugli aspetti tecnici dell'evento. Vi dico solo che l'allestimento è visitabile gratuitamente dalle dieci alle diciotto fino al prossimo 3 aprile e che esiste anche una sezione di arte digitale nell'elegantissimo cortile della Fondazione Tim, a due passi da Rialto. Se le mie info non vi bastassero, visitate il sito di Arte Laguna e avrete quello che vi serve.
In questo post, invece, voglio parlare della meglio gioventù nata sul finire del ventesimo secolo che ho incontrato.
Ho scattato anche il ritratto che vedete sotto, ma ho preferito non metterlo troppo in evidenza perché, purtroppo, non conosco il nome della ragazza immortalata:
La fanciulla stava pulendo con l'acqua ragia le macchie residue di vernice e altre schifezze da cantiere che non saprei nominarvi e io, anziché aiutarla, l'ho omaggiata così.
Oltre a lei, ce n'erano molte altre che si sono massacrate, letteralmente, perché tutto nello spazio immenso delle Nappe fosse pronto per l'inaugurazione di sabato scorso.
Sul grosso dei loro visi ho visto concentrazione e determinazione. Il lavoro era molto e non sempre piacevole (non so chi abbia pulito i bagni, ma posso garantirvi che erano tirati a lucido), ma il clima è rimasto nel complesso festoso ed energetico.
Mi hanno contagiato con la loro bellezza giovane e insieme mi hanno profondamente intenerito.
Potrei dirvi molto altro su che cosa abbia significato per me passare quattro giorni da sola.
Vi accenno solo alla trasformazione che si è compiuta in me in meno di ventiquattr'ore: la sera dell'arrivo ero un tantino triste, ma già rinvigorita dalle conoscenze fatte durante il primo pomeriggio all'Arsenale.
Il giorno dopo ero così soddisfatta dall'essere stata coinvolta nella realizzazione dell'opera "patatosa" (come l'ho chiamata facendo il verso a petaloso, strappando una risata generale) concepita dal misterioso artista russo (Fiodor Pavlov Andreevich) di cui parlerò meglio in uno dei prossimi post, da dimenticarmi del tutto della solitudine.
Sabato notte, poi, non ho proprio avvertito il passaggio dalla veglia al sonno e infine domenica, mentre andavo alla stazione, ho provato solo una grande, piacevole, malinconia.
Per ora mi fermo qui: non vorrei tediarvi troppo.
Aggiungo solo che ho lavorato fisicamente, quindi ho avuto esattamente quello che desideravo.
Sarà dura, adesso, riprendere le fila interrotte e fare come dicevo a una delle ragazze che vedete sotto (Giorgia, vero leader in un corpicino da bambina) e cioè non mollare. Non è giusto, infatti, raccontare a chi sta diventando adesso donna o uomo che schifo è sentirsi più o meno sempre al punto di partenza.
Non va fatto in generale con nessuno perché, invece, il tempo scorre (corre) e io, probabilmente, dovevo provare l'esperienza complessiva di assistant e di viaggiatrice solitaria adesso. Proprio adesso.
Quindi, grazie di cuore, ragazze. E grazie all'unico ragazzo del gruppo degli assistant, Nicolò, che mi ha raccontato di aver rinunciato a un contratto da apprendista operaio pur di passare un mese all'Arsenale, un luogo davvero affascinante. C'è sempre tempo (eccome) per lavori di m., come dicevamo: continua così.
Dimenticavo l'ultimo, fondamentale, ringraziamento per l'ideatrice del premio Arte Laguna (con Beatrice Susa che purtroppo non ho conosciuto): Laura Gallon, una donna tenace e attenta, dalla quale non si può che imparare un sacco.
In bocca al lupo a tutti. E buona vita.
Sotto alcuni degli altri scatti, con dida incomplete, perché, purtroppo, non conosco tutti i nomi... pardonnez moi!
Chiara e Ilaria |
Nicolò e Laura Gallon |
L'inaugurazione! |
Al centro, Giorgia. A destra, Elettra. |
Beatrice Susa |
Silvia e Ilaria alla Fondazione Tim, sede della sezione arte digitale della mostra |
Siamo noi che ti ringraziamo Alessandra! Ti ho visto in effetti un po' scioccata del lavoro duro che c'e' dietro l'organizzazione di una mostra cosi' grande! E tu non c'eri quando abbiamo fatto i trasporti il primo giorno! Sotto una pioggia fredda e un vento dispettoso! Domanda a Nicolo' , Laura e Morgane. Ma tutto viene ripagato dalla felicita' che senti quando conosci gli artisti, la felicita' di esporre all'Arsenale di Venezia, uno di loro piangeva di fronte a me...! Non c'e' miglior premio che vedere la felicita' negli occhi della persona per cui hai faticato tanto: vero Beatrice? Beatrice significa portatrice di beatitudine, in effetti!....
RispondiEliminaCara Luana,
Eliminain verità non ero scioccata dal lavoro, che immaginavo sarebbe stato notevole, bensì dalle patate! ;)
Grande beatitudine porta partecipare e incontrare, hai ragione.
Buona continuazione a voi e grazie del passaggio e del commento (ho fatto casino persino io nel rispondervi... le patate non mi hanno insegnato abbastanza, evidentemente!)
Complimenti ancora