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mercoledì 29 ottobre 2014
Paolo Conte e le ore lievi (grigio-celesti) di cui abbiamo bisogno
Giornata grigiastra, com'è piuttosto frequente in questo periodo dell'anno.
L'aggettivo declinato in "stro/a", mi fa sempre pensare a Paolo Conte, come consideravo l'altro giorno con una cara amica del Nord. Nelle parole e negli atteggiamenti di quest'affascinante donna, ci vedo molto del Maestro astigiano, "even though", sebbene, lei e lui abitino in due zone del Settentrione d'Italia molto diverse.
Quanto vorrei andare nell'Astigiano, la terra di nascita dell'avvocato baffuto. Nelle sue canzoni, infatti, oltre agli zzzarazz e alle note alla Duke, ci vedo tanta nebbia ghiacciata e lunghe notti brumose.
Dicevo sempre all'amica contiana nell'anima, che in Snob, il nuovo album dell'amato artista piemontese, non ci sono brani che mi abbiano più di tanto commosso. Il che non significa affatto che non mi sia piaciuto.
Come ho scritto nell'altro post che gli ho di recente dedicato, l'ho solo trovato più leggero, come se l'avvocato, lavorando di gomma, abbia volutamente sfrondato le sue note e le sue parole di tutto ciò che potesse risultare troppo enfatico.
Non siete d'accordo? Pazienza, me ne farò una ragione.
Però, se ci pensate un attimo, prendete, per esempio, Tra le tue braccia, da Nelson, e L'amore che da Psiche. Entrambe, nella costruzione della melodia e nei testi, vorrebbero spingerti a esacerbati sospiri d'amore, seguiti da lacrime di disperazione amara.
In Fandango, invece, quel "non mi guardare, non farmi pensare più a te", assecondato (anzi: affiorato sul) dal tema musicale prescelto, sembra dirci l'esatto contrario.
Basta lacrime, basta lacerazioni del cuore, voltiamo pagina.
Snob, in definitiva, lascia le emozioni forti sullo sfondo, preferendo tinte pastello sfumate, celestino-grigiastre, per l'appunto. Su tutto, mi pare proprio di vedere il sorriso da gatto di Conte, che deve averne viste talmente tante da desiderare solo l'armonia.
Snob è dunque, per me, un disco dispensatore di pace, anche esteriore.
Mi fa sorridere, sognare, a tratti persino ridere.
Tutt'altre sensazioni ho provato al contrario con canzoni come Gioco d'azzardo, Come mi vuoi?, Elegia (una delle più belle scritte dal Maestro) e qualcun'altra.
In Snob ci vedo tracce di Stai seria con la faccia ma però (Wanda, per farla breve), di Via con me, pezzo perfetto e immortale, e pure di un po' di "napule" sabauda che tanto mi diverte.
L'unico brano che, forse, potrebbe alla lunga farmi scendere qualche furtiva lacrima è Tutti a casa, un walzer (almeno penso sia un walzer!) che mi dà una nostalgia per un'Italia che non ho mai vissuto che davvero non saprei spiegare. Parlo dell'Italia dei film di Don Camillo, di Totò, delle cucine povere come quelle di mia nonna, il riscaldamento precario (come il mio di adesso...) e cose così.
C'è infine una canzoncina tenera che sembra parlare direttamente alla sottoscritta, come di sicuro penseranno molte signore e signorine innamorate della musica del Nostro.
Parlo, per l'appunto, di Signorina saponetta, allietata dal ticchettio della macchina per scrivere, una Olivetti, come c'è scritto nelle note del disco, chissà se proprio la stessa che aveva anche mio padre, sulla quale mi dilettavo da bambina.
Anche in quel caso niente lacrime, solo occhi che si illuminano, alla Amelie che, ahimè, sono stata per davvero.
Che cos'altro posso aggiungere?
Meno male che ci sei, Maestro.
Di ore lievi abbiamo bisogno. Di evasioni innocenti pure (Battisti era un altro che la sapeva lunga).
Per sopportare meglio le pesantezze del tempo, troppo spesso privo di "ore inglesi".
Di nuovo buon ascolto, amici.
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Tra le tue braccia,
Via con me
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