Ho scattato la foto che ripubblico sopra esattamente quattro anni fa, l'anno dei miei primi quaranta (e passa), lo stesso in cui ho conosciuto Bibi Iacopini, prima, e Patrizia Di Ruscio, dopo.
Sto parlando dei due organizzatori di #Intanto, la mostra collettiva natalizia che ha trasformato uno spazio "temporaneamente" non utilizzato come l'ex mercato coperto di Fermo in un mega salone espositivo per i molti talenti e artisti provenienti in massima parte dalla provincia.
Tolta la prima edizione (in cui non conoscevo ancora praticamente nessuno in città), ho partecipato sempre. Anzi: ho osato partecipare.
Perché scrivo così?
Perché, obiettivamente, il livello di alcuni espositori è notevole (basti pensare a Pierluigi Savini tre anni fa, per citare un vero artista. Ma ne ho in mente anche altri).
Quest'anno, poi, è stato previsto anche un omaggio a Mario Dondero e sono sicura che diverse cose mi sorprenderanno. E forse trasmetteranno un po' di malinconia.
Sono giorni abbastanza opachi, d'altra parte. Quattro anni fa è cominciato il mio declino professionale e anche se, contemporaneamente, ho scoperto di non aver del tutto perso la creatività che mi attribuivo in anni più verdi, il bilancio continua a sembrarmi negativo.
Lagnarsi è il peggio che si possa fare, quindi soprassiedo.
Durante il ponte appena passato, mi ha tuttavia fatto una certa impressione notare quanto siano cresciuti i nipoti e quanto la vita vada avanti per tutti, me compresa.
Quattro anni fa non avrei mai immaginato di perdere mia madre, né di ritrovarmi a fare, certe volte, da madre a mio padre. Quest'ultimo, in verità, mi dà ancora un sacco di dritte (e di punti), ma è evidente che sia più fragile, anche se non sempre riesco ad accettarlo.
Quanto vorrei che si potesse tornare indietro, in alcuni momenti.
Come vorrei non sentirmi così inutile, in certe situazioni.
Sapete che cosa penso davvero?
Sono afflitta da una specie di sindrome da Calimero.
In alcuni momenti, diciamo in concomitanza con il dannato ciclo femminile, mi pare che gli altri siano tutti migliori di me, più realizzati e felici di me e che mi tengano a distanza apposta per questo.
Non voglio pensare a che cosa farò quando saranno sparite le crisi mensili per l'avvento della menopausa.
Sicuramente troverò un'altra scusa per alimentare il pulcino nero che è in me.
E meno male che ci ironizzo su.
Ho passato troppo tempo da sola, a cantarmela e suonarmela davanti a uno schermo, alternando le chiacchiere di passaggio con i negozianti alla solitudine domestica.
Studiare per il concorso, alla fine, mi ha fatto bene anche perché mi ha costretta a dare una finalità a questi lunghi anni di distanza da tutto.
Però mi sono chiesta oggi (e alle altre crisi mensili precedenti): sarei capace di reggere alle relazioni sociali degli ambienti di lavoro? Quanta fatica farei a riadattarmi a stare in mezzo alla gente non cinque minuti, ma ore?
L'aspetto più terribile del sentirsi Calimero è proprio questo: mi prenderebbero ancora di più per un'aliena? Riuscirei a nascondere il senso d'inadeguatezza alla vita che, temo, mi si legga in faccia?
Gli altri (le altre) si faranno tutte queste pippe mentali o è davvero arrivata l'ora di darsi alla pesca?
Non credo che esistano risposte, però avevo bisogno di questo breve momento di verità.
Oltre i sorrisi che uso come divisa d'ordinanza.