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lunedì 6 agosto 2012

Vite felici, speranza per chi vuole crederci ancora



I due alberi che vedete in alto sono nati a Milano, per la precisione in zona Porta Venezia, probabilmente all'interno del parco comunale. Poi, grazie alle amorevoli cure di Giorgio Blandino, la persona più rasserenante che abbia mai conosciuto, sono diventati alti e forti nelle campagne di Grottazzolina, un paese dell'entroterra fermano a pochi chilometri dal capoluogo di provincia (ebbene sì: per chi lo ignorasse, Fermo fa provincia e ha una targa che sembra una radio. Battutona, lo so).
E' stato Giorgio in persona a raccontarmi l'aneddoto durante l'intervista cui si è molto entusiasticamente sottoposto, dal momento che verteva sull'argomento che più di tutti l'appassiona: la terra. 
Del resto, se ho scelto proprio lui come uno dei protagonisti della doppia intervista che ho realizzato per Muoversi Insieme, è stato per via di alcuni aneddoti che già mi aveva narrato sulla sua campagna. 
Non conoscevo però dettagli come questo e come quello che ho riportato nel testo ufficiale, ossia che avesse invasato i semi dei due esemplari arborei (un platano e un ippocastano) sul davanzale del suo appartamento milanese; né sapevo che da bambino andasse a raccogliere le carrube scartate. Mentre parlava, anzi, mi ha fatto letteralmente vedere lui piccolo e i suoi amichetti piegati dal peso del grosso sacco riempito in luoghi in cui i piccini di oggi non sarebbero mai mandati da soli. 
Insomma, era forse destino che Giorgio tornasse alla terra e avesse la possibilità di farne la sua vera ragione di vita, i figli ormai grandi e una pensione sicura. 
Ad aiutarlo e sostenerlo, c'è sua moglie Guglielmina, nata nella terra che oggi coltiva Giorgio e abile realizzatrice di ricette siculo-marchigiane "vieppiù" (concedetemi la locuzione demodè) succulente proprio per via degli ingredienti genuini ottenuti nel piccolo appezzamento (piccolo si fa per dire: visto che si tratta di quattro ettari).
Insomma, come direbbe il mio amico Paolo Ferrario, Guglielmina e Giorgio sono riusciti a costruirsi una vita e oggi, giustamente, sono felici di mostrarla agli altri, anche quando ne parlano non con questo preciso obiettivo. Chi è felice, in altri termini, si vede e non ha bisogno di sbracciarsi per farlo sapere. 
Ecco. Esperienze come la loro e come quella del medesimo Paolo e di sua moglie Luciana sono bellissimi e credo che bisognerebbe attaccarvisi il più possibile per non perdere la speranza che qualcosa di simile, di certo a un'età più avanzata di quanto non sia successo a loro, possa un domani capitare anche a noi. 
Che lo faccia consapevolmente o meno, in ogni caso mi capita sempre più spesso di orientarmi verso le cosiddette good news. Per contro, seguo la cronaca sempre più raramente. 
Sarà che sono già entrata in una fase della vita in cui non ho più il diritto di perdere tempo. Meno che mai di farmi, vittimisticamente, del male. Perciò ancora grazie, amici con qualche anno in più sulle spalle, per la vostra energia, i vostri prodotti (non dimenticherò mai il rosmarino selvatico di Amaltea) e per il rispetto con cui ci trattate. Un rispetto di cui abbiamo bisogno come la luce che ha reso forti il platano e l'ippocastano emigrati nelle verdi colline marchigiane.