Fino a pochi anni fa non avrei mai creduto possibile saltare un Venerdì Santo a Chieti. Ho ancora ben impresso nella memoria quell'anno in cui ho scattato le foto alla Processione, su incoraggiamento del Fotoclub, dove stavo frequentando un corso.
Era il mio ultimo anno di Liceo ed io andavo orgogliosissima della mia prima reflex, una Pentax che ho ancora oggi.
Con uno scatto (anzi: due sovrapposti, una tecnica che mi avevano insegnato durante le indimenticabili lezioni) vinsi un premio.
Da allora la passione per la fotografia non mi è mai passata, anche se non ho mai pensato seriamente di poterla trasformare in qualcos'altro.
Perché questo momento di Amarcord?
Per due motivi.
Ho ripensato alla Processione del Venerdì Santo di Chieti rivedendo le foto (come quella che riporto sopra) che avevo scattato l'anno scorso alle rose del Parco di Schönbrunn, protette da sacchi di tela per difenderle dal lungo inverno.
La prima volta che le ho notate stavo sicuramente correndo. Le foto non riescono del tutto a dare l'idea dell'effetto che mi hanno fatto in quel momento.
Sono sicura di essermi fermata, di sicuro ho scattato qualcosa anche con il cellulare, ma poi devo essermi ripromessa di tornarci di nuovo con la mia oramai altrettanto vecchia Nikon.
Salto a quest'anno.
Da pochi mesi ho creato il blog in tedesco, come forse qualcuno di voi già sa, e ho deciso di raccontare che cosa sono i "giardini del ricordo" di Vienna, come quello dentro il parco di Schönbrunn.
Se non avessi visto le rose così conciate, intendo chiuse ermeticamente in quei sacchi chiari, condannate all'oscurità come anime del Purgatorio, voglio dire, forse non avrei mai saputo che cos'era quell'angolo del parco.
Da poco i sacchi sono spariti e il roseto sembra, paradossalmente, molto più spoglio:
Il senso di desolazione è acuito dall'assenza di colori di questa primavera che proprio non vuole esplodere (almeno qui a Vienna: in Italia, secondo me, dipende). Solo i cartellini bianchi appesi su ogni arbusto emanano un po' di luce.
Correndo, mi sono fermata a leggerne qualcuno:
Avevo già notato qualcosa del genere al Volksgarten, in centro, dove le piante di rose sono in proporzione molte di più. Quel che non sapevo è che dietro ciascuna di loro c'è un giardiniere provetto, che ha il compito di curarla, e un committente che gliel'ha affidata per omaggiare un parente o un amore scomparso o per celebrare una romantica ricorrenza.
Trovo l'idea bellissima e ho scoperto che le "adozioni" di questo genere riguardano non solo le rose, ma anche gli alberi e le panchine.
In definitiva, ho pensato, i colori mancano, è vero, ma se ci soffermiamo a guardare le cose più da vicino, ci accorgiamo che sono sempre lì, solo in altre forme.
Lo stesso succede con le persone che non ci sono più. Non le possiamo vedere, è vero, ma persino il suono della loro voce può, da un momento all'altro, risuonare nelle nostre orecchie.
Per questo, forse, amo il rito del Venerdì Santo nella mia città natale. Per questo mi hanno colpito, credo, le rose incappucciate.
Da piccolissima, in verità, quegli uomini con le tuniche a punta che sfilavano lenti sorreggendo grosse candele, mi facevano piangere. Molti anni dopo ho visto le stesse lacrime disperate negli occhi di mio nipote piccolo.
Morire, la consapevolezza della nostra e altrui mortalità, meglio ancora, è uno schifo. Inutile nasconderselo.
Poi però un suono, una folata di vento inaspettata, un profumo, o un'etichetta bianca su una rosa addormentata, ci raccontano una storia. Ci riportano alla vita e al ciclo delle stagioni, eterno come i nostri ricordi e le tracce che in qualche forma un giorno lasceremo anche noi.
Dedico questo post alla mia mamma, nata il 4 aprile, e anche a zia Zita, nata il giorno prima di lei.
Aprile è un bel mese per venire al mondo e per sposarsi, come ha fatto sempre mia madre, 55 anni fa.
Idealmente, una delle rose che fioriranno di qui a pochi giorni (lo spero proprio: basta con questo grigiore) appartengono a lei.
Presto scoprirò qual è quella che le assomiglia di più. Mi verrà incontro, anzi, senza nessuno sforzo.
Come la vita.