sabato 14 marzo 2020

Alles wird gut



La foto che vedete sopra è tratta dal "Wiener Zeitung", il giornale di Vienna. Dovrebbe essere per la precisione un quotidiano, almeno nella sua versione digitale di sicuro lo è.

L'ho scoperto già dai primi giorni che ero qui, estraendone una copia da uno dei contenitori in plastica trasparente che vengono attaccati ai pali in vari punti della città.

Ora che ci penso, non so come funzioni con i pali, visto che ogni volta che l'ho preso, l'ho scovato in strade differenti del quartiere.

Fatto sta che oggi il contenitore fresco fresco di copie di questo bel giornale mi si è parato davanti al chiosco dei kebab, dove in effetti c'è stato spesso.

La scritta che vedete sopra significa: "Per favore, restate a casa".
Mi ha subito fatto venire in mente il favoloso monologo di Gioele Dix dedicato alla scritta del treno: "Per favore, non gettate oggetti dalla finestra". Se non lo conoscete, guardatelo: è davvero istruttivo.

Come dice quel genio lombardo con gli occhi più belli del mondo, se tu a un italiano gli dici "per piacere, non fare questo", è sicuro che ignorerà il monito gentile, chiunque glielo stia dicendo.

Qui, evidentemente, funziona. O funzionerà. E io me lo auguro di cuore, per la mia salute e per quella dello sventurato Bipede che ho trascinato quassù.

L'invito a starsene "alacase", alla chietina maniera, scatterà infatti da lunedì, giorno in cui saranno chiuse tutte le scuole di ogni ordine e grado e tutti i negozi non necessari, con l'eccezione di supermercati, farmacie, banche, poste e "drogherie", che credo coincidano con i nostri tabaccai, non con i pizzicagnoli (rari, ma ce n'è uno pure a due passi da me: se resta aperto, tornerò qui a dirvelo).

Ieri e oggi, però, tutti in giro, a fare scorte, tutti belli ammassati alla cassa esattamente come in Italia, con le cassiere spaventate dalla ressa, anche perché prive di guanti e mascherine.
Sono davvero curiosa di vedere come diventerà la città, il mio quartiere popolare (e chi lo lascia più?...) da lunedì.

Se ha ragione il mitico Gioele, staranno tutti a casa. Chi? Innanzitutto gli anziani sopra i 65 anni, ai quali era rivolto l'editoriale del Wiener Zeitung. Sulla pagina a destra c'era una grande foto che raffigurava quattro anziani impegnati a giocare a carte. Sopra la foto il titolo, piuttosto stridente con i loro sorrisi, più o meno diceva: "Da lunedì questa roba qui non si può più fare". 

E insomma, ci siamo.
La settimana che si sta chiudendo è stata davvero tosta, mai, certo, come quelle che state vivendo voi, miei cari amici, nella mia terra amata.

Non vi nascondo di essere abbastanza angosciata e di confidare, sì, sul rispetto delle regole connaturato a questa gente. Però il panico, ma anche la semplice e sana paura, fa fare cose strane a tutti, quindi vediamo se reggeranno la prova, con me e per me.

Questa settimana, però, è stata dura perché ho sentito di nuovo la distanza da chi qui è nato e da chi ha scelto di viverci già da tempo.

A fine febbraio mi ero scandalizzata perché la mia proprietaria, con una voce da oltretomba intasata di raffreddore, mi aveva chiesto se stavamo bene il Bipede ed io, visto che qualche settimana prima eravamo stati in Italia. Tutto ok, mortaccen, ho pensato.

Con il procedere dei giorni, pensavo che anche qui si fossero accorti del casino che stava succedendo non solo da noi, ma anche in Corea del Sud e Iran, e poi, via via, in Spagna, Francia e... Tirolo. Invece, ciccia, niente: noi essere lontanen, kosa folere ke succeda. I soliti Italiener melodrammatiken (e untoren).

Il top del senso di distanza l'ho toccato solo mercoledì scorso, quando a scuola ci hanno distribuito un foglio sulle norme di comportamento da seguire in caso di contagio, per noi studenti pagati dall'Agenzia per il lavoro austriaca. 

Era il classico volantino con le Faq: la voce che mi ha fatto dare di matto anche con i malcapitati compagni di corso diceva: "Ho paura del coronavirus: posso restare e casa e non andare ai colloqui con la mia tutor?". Risposta: "Nein". Scritto, così, in grassetto e poi la spiegazione del perché tu, poveraccen und disgraziaten non afere diritten.

Mi sono proprio ritrovata a dire, con un tono di voce da pescivendola dell'Adriatico, "Italien ist besser!".

Non mi soffermo (non troppo) sulle reazioni compassate delle mie conoscenze locali, quando ho comunicato che avrei saltato due appuntamenti perché leggermente raffreddata. 
In teoria l'ho fatto anche per loro, ma vabbè, comunque per lo meno mi hanno augurato buona guarigione e detto belle parole sull'Italia.

E poi, soprattutto, giovedì scorso è arrivata una nuova comunicazione in base alla quale, evviva, anche noi "studenti speciali" possiamo stare a casa. Per noi dovrebbero anche predisporre lezioni a distanza. Semmai, adesso a rischiare sono proprio i prof, come il mio, un ragazzo rumeno bravissimo, visto che dovranno comunque andare al lavoro. 
Spero che alla fine li lascino a casa: in fondo quanto sarà complesso organizzare cose del genere anche in remoto?

Mi avvio alla conclusione di questo lungo post (sono diventata barbosa e prolissa, sarà lo studio della lingua tedesca, che ama così tanto le subordinate, un po' come me che amo le parentesi).

Che dio ce la mandi buona, amici cari, in Italia, Austria, nel mondo.

Cerchiamo di restare uniti, almeno tra noi che ci vogliamo bene, anche a distanza.
Parliamo, diciamo cose vere, non ci schermiamo. Io lo faccio spesso, è anche un fatto di educazione. Non amo litigare (ma solo ribollire come una moka da una tazza, come mi ha detto una volta il Bipede), ma se serve bisogna farlo.

Ma vanno bene anche le frasi gentili, le tenerezze, quando sono sincere.

FORZA.
Andrà tutto bene.
Alles wird gut (l'avevo tradotto malissimo... si dice così invece!).







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