lunedì 29 aprile 2013

Montalbano, le aringhe e l'infanzia che ci portiamo dentro


Sapete che vi dico? Non vedo l'ora che arrivi stasera per stravaccarmi sul divano lacerato dai mici passati e presenti (era il divano della piccola casa di Francavilla al Mare dei miei, preda amatissima delle unghie dei felini di famiglia) e guardare Montalbano. Sì, Aldo Grasso ha ragione: soprattutto la prima delle quattro puntate della nuova serie è caduta un po' nel manierismo, però, sinceramente, chisseneimporta. Già solo rivedere quei paesaggi e quella luce che è davvero così, senza bisogno di filtri, mi fa stare meglio. Mi rasserena. E mi fa sognare. Perciò pazienza se Catarella è un po' troppo Catarella e per la crisi di mezza età che ha colpito Salvo rammollendolo forse tanticchia nel suo rapporto con le fimmine.
Sono stata nei luoghi in cui girano il telefilm, in occasione del matrimonio di una mia amica. Mai vista cerimonia più sfarzosamente elegante. Come direbbe la mia amica Guglielmina, che ha sposato Giorgio il Siciliano, per me una delle persone più tranquillizzanti che conosca, da quelle parti il barocco ce l'hai nel sangue. Te lo passano direttamente con il latte materno. Credo che abbia ragione. E trovo davvero illuminante anche l'altra considerazione che l'elegante signora fermana, ex professoressa di lettere, ha esposto durante il laboratorio di lettura che ha condotto alla biblioteca civica di Fermo. I siciliani hanno "un senso permanente del nulla, del vuoto", ha detto la mia amica prof. La Sicilia è regione "fortemente pensosa, anche i cibi sono in un certo senso barocchi", ha aggiunto. E già: i cibi. Ho dimenticato infatti di spiegare in che cosa è consistito il laboratorio di tre lezioni di cui sono riuscita a seguirne, ahimè, solo due, intitolato "I cibi della terra di origine". In ognuna delle tre, Guglielmina si è soffermata su un alimento o un piatto presente nelle opere di autori vari. La prima è stata così dedicata al pane, alimento principale della dieta mediterranea, cibo materno per antonomasia. Molto bello, a questo proposito, il ricordo contenuto ne "Il pane di ieri", di Enzo Bianchi, che racconta di come sua madre preparasse a festa il povero tavolo della cucina-soggiorno-camera da pranzo con il pane del giorno prima, più gustoso di quello del giorno stesso, secondo la tradizione delle Langhe, a beneficio degli eventuali ospiti di passaggio.
A a loro e al piccolo Enzo, futuro fondatore della Comunità di Bose, era dedicata la scritta ricamata a mano dalla medesima mamma: "Il pane ti sia di consolazione e di lezione". In tempi di crisi come questi, le merendine vanno tramontando, però è evidente il salto generazionale che si è compiuto poco dopo nel nostro Paese, quando è arrivato il boom economico.
Di un'Italia rurale, insieme poco alfabetizzata ma anche, in qualche misura, più autentica, parlano anche i cibi descritti da Simonetta Agnello Hornby, Tomasi Di Lampedusa ed Elio Vittorini, i tre autori siciliani sui quali Guglielmina si è soffermata nell'ultima lezione, accanto agli altri di origine marchigiana che ha voluto (com'era logico) valorizzare.
Mi perdonino i secondi, ma obiettivamente i primi mi sono rimasti più impressi (e d'altra parte il Sud è il Sud). Ho trovato davvero emozionanti i passaggi di "Conversazione in Sicilia" letti dalla stessa conduttrice già nella prima lezione. E sono stata davvero contenta di essere stata da lei scelta per leggerne altri giusto all'inizio della lettura dei brani scelti per la terza.
Nelle parole che Elio Vittorini dedica alla madre e alle aringhe della sua infanzia, ci ho visto insieme Montalbano e me stessa, com'ero da bambina, quando mangiavo pane e pomodoro preparati da mia nonna, giocavo nel cortile con Mariangela e a nascondino con molti altri, girando indisturbata per il quartiere, le stesse buche (probabilmente) che ci sono oggi fuori dal cortile del palazzo in cui vivono i miei. Tutti siamo, credo, "il ricordo e l'in più di ora", una volta usciti dall'infanzia, una volta esaurita la fase della crescita, ma la certezza che sia davvero così ce l'abbiamo solo quando guardiamo negli occhi i nostri genitori e li scopriamo improvvisamente vecchi. E fragili.
Quella consapevolezza un po' immalinconisce, certo, però ci regala anche un sentimento di urgenza, l'urgenza di non perdere più tempo, di dire e di fare le cose giuste per noi e per gli altri, senza inutili sensi di colpa, senza stupide paure.
Qualche giorno dopo la lettura (seguita da fenomenali assaggi di piatti dolci e salati siculo-marchigiani), sono tornata di corsa dai miei, desiderosa solo di rivedere quegli occhi che mi hanno visto nascere. Una volta di nuovo qui, ho atteso nel silenzio di un sabato strano, che mi si desse la bella notizia. Niente: mia mamma non chiamava. Allora l'ho fatto io ed eccola lì, con la sua voce appena più stanca del solito, a sorprendersi di non avermi avvisato. No, mamma, non l'hai fatto, ma che cosa vuoi che importi? Eri a casa, mi bastava. Subito dopo, mi hai rimproverato bonariamente per averti ingrigito la canottiera bianca, che ho messo a lavare insieme con i calzini neri di papà. Eccola lì la mamma, ho ironizzato tra me e me, l'unica depositaria dei segreti della buona conduzione della casa, nonostante una vita di lavoro extra mura domestiche. Lievemente, ci sono rimasta male: ma come? Io voglio sapere se ti hanno dimessa e tu mi parli del bucato mal riuscito? Però subito dopo ne ho sorriso. E sì, mamma, vedessi la mia biancheria: il bianco scintillante non è il mio forte e Paolo ha pure qualche canottiera rosa, adesso. Pazienza. Un domani potrei avere nostalgia di rimproveri così.
Dedico a mia madre la lettura, amatorialissima, sotto riportata. So di non essere un'attrice, ma francamente non mi frega nulla. Se potete, ascoltate le parole, e anche la musica, composta dal bipede, parte preziosissima della mia attuale famiglia. A loro e altri pezzi che non ho nominato, grazie, come al solito, di esserci.


2 commenti:

  1. Ancora brava, ho letto d'un fiato oggi il tuo post e poi l'ho riletto e mi sono emozionata. Non saprei dirti se sia stato il tuo stesso sentire, Montalbano piace anche a me!Forse avere la consapevolezza di essere stata" giovane e terribile", ma anche la percezione e l'urgenza per qualcosa che incombe nella fragilità di chi non è come un tempo si confonde con la nostra paura di non essere abbastanza forti! Siamo sospesi tra passato e futuro.O forse perchè esiste un volto, il tuo, e le parole che io leggo su questo blog prendono anima e vita con la tua voce. Mi sono emozionata per questo. Grazie e brava!

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    1. Cara Anonima (dici "emozionata", quindi deduco che siamo dalla stessa parte del metà del cielo),
      sono molto lusingata dal tuo apprezzamento e soprattutto mi sento assai onorata per il tempo che mi hai dedicato: non capita tutti i giorni che qualcuno ti legga e ti rilegga. Grazie davvero.
      Ho deciso di inserire anche il mio imperfetto video (sperando di non peccare di eccessivo narcisismo... ho pure i denti storti!!) per condividere anche con chi non c'era la sera del reading la bellezza di quelle parole di Vittorini. Viviamo tempi difficili e forse è anche per questo che la sospensione tra passato e futuro ci fa sentire più fragili. Però l'anima è il cuore di tutto e se c'è, se ce la mettiamo in tutte le cose che facciamo o che viviamo, il dolore passerà (rubo a Ivano Fossati... e con questo ti scadrò sicuramente!). Torna a trovarmi, ti aspetto.
      Buon tutto

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