martedì 30 dicembre 2014

Vivere e amare, il resto non conta: buon 2015 a tutti


L'emozione di rivedermi cosi' meravigliosamente ragazzina e' stata grande.
Mi colpisce poi moltissimo l'espressione di papa', fiera - probabilmente - e rilassata.
Sembra quasi che sia lui solo a essere completamente a suo agio davanti all'obiettivo.
Del resto, chi sta scattando e' un giovane uomo che lui ha visto crescere, se non proprio nascere.

L'autore di questa dolcissima foto-ricordo e' infatti il figlio di una persona che tanto ha voluto bene ai miei genitori.
Di Amelia mio padre ha sempre parlato con aperta ammirazione. E' stata lei - ci ha raccontato molte volte negli anni - a partire per prima lasciando laggiu' nel Sud Italia marito e figli per tentare di risollevare le sorti dell'intera famiglia.
Un tentativo coronato da successo, determinato dalla tenacia di questa signora oggi purtroppo un po' malandata ma dal carattere ancora d'acciaio.

Vorrei avere solo un'oncia della sua tempra per uscire dal pantano in cui sento di essermi ficcata. Ma questa e' un'altra storia.
Torniamo alla foto.

Ci e' arrivata alla Vigilia di Natale, intorno all'ora di pranzo. Quando hanno citofonato, io ero sul balcone a godermi il sole caldo che da sempre mi ha reso la casa dei miei tanto gradita. Con il passare degli anni, anzi, mi sembra sempre piu' accogliente, considerate le varie stamberghe nelle quali sono andata a vivere (compresa la dimora fermana, un palazzo gentilizio, si', che pero' d'inverno sembra la residenza siberiana degli zar).

Assorta com'ero nei miei pensieri da felino indolente, sono andata ad assistere all'apertura del voluminoso pacco con neutra curiosita'.
Nemmeno davanti alla lettera appiccicata sul coperchio ho sentito mutamenti interiori. Solo quando ho visto la fotografia racchiusa in una molto appropriata cornice di legno e accuratamente incellofanata ho realizzato.

Mi sono subito uscite delle lacrime e anche mio padre, poco incline ai piantarelli, era visibilmente commosso. I bambini, pero', non capivano che ci fosse tanto da piangere, com'era logico che fosse, per cui tutti  e due siamo subito ritornati in noi, anche se da quel momento in poi mio padre si e' messo alla spasmodica ricerca del numero dell'affettuoso mittente e finche'  non e' riuscito a trovarlo, non si e' dato pace.

"Mi hai fatto tornare in mente il periodo piu' bello della mia vita", gli ha detto quando e' riuscito a parlarci.
Con mia sorella ci siamo fatte un po' di conti.
Ai tempi della fotografia  i nostri genitori erano piu' giovani di come siamo noi adesso. Forse la mamma aveva intorno ai quarant'anni, ma pure di meno, probabilmente.

E' impressionante come abbia conservato l'espressione di allora praticamente fino a quasi gli ultimi giorni della sua vita. La mano si muove nell'aria: sicuramente stava parlando, di certo voleva organizzare qualcosa o puntualizzare un qualche aspetto.

Allora, ma non ne sono certa, non doveva darle ancora fastidio essere ritratta. Negli scatti della sua maturita', invece, finiva sempre per mettersi una mano davanti al viso. Pero' spesso ci giocava pure con malcelata vanita'.

Nonostante le rughe e qualche segno sul corpo, nostra madre ci ha sempre tenuto al suo aspetto, con sobrieta', certo, ma mai con rassegnazione.
Se sia Linda sia io abbiamo potuto prenderci diversi dei suoi vestiti (e io personalmente anche varie borse e pure qualche orecchino e collana) e' proprio perche' aveva stile.

Venendo poi a Linda, pure lei e' straordinaria: che classe i suoi pantaloni con la riga e la posa plastica delle sue braccia magre, identiche (giuro) a quelle che ha oggi.

Sembriamo tutti e quattro quello che effettivamente eravamo: turisti perfetti, con tutti gli accessori giusti per quegli anni. La fotocamera, la cartina, la borsa a tracolla, la sigaretta del papa' al centro, come il suo sorriso, insieme con quello della mamma e al mio appena appena accennato.

Insomma, se mai avessimo avuto bisogno di qualche altra prova, adesso ce l'abbiamo: siamo stati una bella famiglia, come tante altre, ovvio, ma dotate di quella straordinaria normalita' che prima o poi, da adulti, finisce per mancarci come l'aria.

Fino agli anni dell'universita', per dire, io personalmente non avevo idea che potessero esserci famiglie infelici e, pensando ai problemi della nostra, ho realizzato solo molto tardi quanto fossero veramente risibili.

E non sto parlando solo dell'aspetto economico che pure, certo, ha contato assai.
Due genitori che lavorano permettono ai figli una sicurezza davvero miracolosa pure di tipo interiore.

Piu' importante ancora e' stata la sicurezza psicologica e morale nella quale siamo vissute fino a pochissimo tempo fa. Fino alla malattia della mamma, voglio dire.

Solo due anni fa e poco piu', voglio dire, non sono stata del tutto consapevole (parlo solo per me, non so se mia sorella la vede esattamente allo stesso modo) di quanto io abbia ricevuto, praticamente tutta la vita.

Adesso, invece, so che sto ancora ricevendo; ho potuto verificarlo in questi giorni di vacanza, proprio quelli che dovevano essere i piu' tristi, che invece sono diventati i piu' maledettamente belli mai vissuti finora.

Al miracolo ha contribuito anche l'autore di questa fotografia che ringrazio di nuovo dal piu' profondo del mio cuore.
Al resto hanno pensato i miei zii e i miei cugini, che ci hanno letteralmente rimpinzato di cibo e di calore.

Sentirsi vivi e amati e' un privilegio.
Ma per arrivare ad averlo non bisogna avere paura di vivere e di amare noi per primi.
Cerchero' il piu' possibile di non dimenticarlo mai.

Se potete, fatelo anche voi.
Buon Anno a tutti.


giovedì 11 dicembre 2014

Il cuore spezzato e la telefilm-terapia

La grandissima Tyne Daly, alias Maxine Gray nel telefilm Judging Amy

Tornata a Fermo da poche ore, mi sembra di essere al confino dorato più del solito.
Ho lasciato mio padre in buona compagnia, per cui non dovrei (teoricamente) sentirmi in colpa.
Come già successo a maggio, però, ho accumulato diversi miei vestiti, biancheria compresa, nel mio angusto cassetto di ragazza e comincio a non sapere più con precisione di cos'altro avrò bisogno quando tornerò di nuovo a Chieti.
Lo dicevo alla mia cara amica Annalisa giusto qualche settimana fa, rubando la frase, a dirla tutta, a mia sorella.

Ho il cuore spezzato in due, un pezzo qui e un pezzo laggiù, con tutto quello che ciò comporta.
Ho i ricordi a metà, le prospettive di vita a metà e pure i sogni.

Riuscirò a comprare la casa a Porto San Giorgio? O devo comprarla a Chieti?
Continuerò a fare, con più profitto di adesso, il lavoro che ho cominciato a inseguire a 22 anni, o finirò per trovare qualcos'altro, qualunque cosa sia questo altro?
E dove lo troverò, se mai lo troverò?

Alla maggioranza di noi capitano periodi del genere: so benissimo di non essere particolarmente speciale.
I genitori invecchiano, anche noi invecchiamo e vi assicuro che ancora non riesco a credere di essere ogni giorno più vicina ai 44.

Sono costretta a vivere come una fanciulla e come tale sogno e mi lascio andare a questa strana paralisi degli affetti, pronta, questo sì, a scongelarmi al primo segnale di vita nuova che dovesse arrivare.

Lo faccio piagnucolando (ma poco poco) davanti alle ultime puntate del Giudice Amy, in cui la protagonista scopre di essere incinta a quasi 40 anni e discute con la madre di cosa debba fare.
Adoro le risposte che le dà quest'ultima, così coraggiose e aperte.

Mi piace quando la rimprovera dandole della viziata incasinata, anche perché Amy non se la prende e va avanti e se sbaglia, lo fa senza lagnarsi.

In quel telefilm ritrovo il rapporto che ho avuto per lungo tempo con mia madre, bruscamente interrotto con la scoperta della sua malattia.
Da allora ho cominciato a proteggerla, anche da me stessa e dal mio cuore diviso.

Perché spezzata lo ero anche prima che mia madre si ammalasse, incapace come sono stata per tutti questi anni di trovare davvero il mio posto nel mondo.

C'è, in questo esilio dorato, qualcosa che ha funzionato.
L'ingresso nella mia vita dei due quattrozampe, per esempio, e la palestra-balsamo per il mio corpo e il mio cervello tormentato.

Ci sono alcune persone importanti che non avrei mai incontrato se non fossi venuta qui e anche alcune situazioni che ho vissuto piuttosto stimolanti.

Il mio cuore, però, è rimasto spezzato. Incapace di ricomporsi da solo, bisognoso di consigli e di stritolamenti, forse, che la solitudine non ha favorito.

Non sono speciale, ma sì, però sono consapevole di essere piuttosto esigente, come i personaggi di Amy e di Maxine, e come prima di loro la mitica, favolosa, Lorelai Gilmore.

Negli ultimi anni di questo lungo, esistenziale, spaesamento, insomma, mi sono curata spesso così: guardando telefilm e immedesimandomi come una idiota nei miei favourite characters.

Avrei voluto parlare ancora a cuore aperto con mia madre, continuando a mostrarle la donna (incasinata ma vera) che sono diventata.

L'ho fatto al cimitero la scorsa settimana e per tutta risposta mi si è rotto il telefonino giusto mentre stavo uscendo da lì.
Ho perso la foto che avevo associato al suo numero, ma non quella che fa da sfondo pure sul nuovo apparecchio, identico al precedente.

Non ho capito bene se ho ricevuto un segno, come nel simpatico film Magic in the moonlight visto domenica scorsa, ma in ogni caso, nel rimemorizzare i numeri che per fortuna avevo ancora sull'altro telefono, sono stata indotta a un'ulteriore selezione tra l'utile e il superfluo.

Se messaggio c'era, era indirizzato verso la semplificazione.
E io ho semplificato, come faccio sempre quando sono più lucida.

Però la confusione non è una buona consigliera e neanche le spaccature del cuore.

Che cosa faresti tu, mamma?
Da dove devo ripartire con la mia vita?

Per quanto possibile, cercherò di non escludere mio padre dai cambiamenti che verranno. Tenterò di non proteggerlo oltre il necessario, come ho fatto oggi ripartendo.

Tu me l'avresti consigliato, su questo sono sicura.