sabato 8 luglio 2017

Voglio di più, stop agli anni amari



Sto per scrivere parole di lagna e di dolore, ma ne ho bisogno, quindi passate oltre, se vi annoio.
Ho scoperto Chantal Kreviazuk grazie a mio marito, molto attento alla musica, tanto più se declinata al femminile.

Lei è un'artista canadese a tutto tondo: oltre a cantare magnificamente, scrive musica e parole, recita ed è pure madre, mi pare di tre figli. In più, è bella e di classe, insomma: una strafiga, almeno per i miei parametri.
La canzone "Into me" che linko sopra fa parte dell'ultimo album intitolato "Hard sail", dedicato al suo matrimonio (in estrema sintesi): il marito di Chantal, manco a dirlo, è un musicista come lei, è belloccio e ora che ci penso sto per avere un attacco di bile.

Scherzo: mai stata un tipo invidioso, io. 
Il che porta al risvolto patetico della faccenda.
Non conoscevo il testo di "Into me" fino a pochissimo tempo fa, quando me lo sono scaricato.

Parla dell'inizio di una storia d'amore e dell'incredulità che prova lei, che al risveglio accanto a lui, si sente invadere dalla gioia quando realizza che lui, sì, proprio lui, non sta andando da nessuna parte.

Non capendone le parole (Chantal gorgheggia "you're not, you're not"), mi ero fissata sulla strofa in cui dice "I want more, I want more", seguito davari "more" in crescendo. 

Correndo con la sua musica nelle orecchie, li ho gridati un sacco di volte, come un inno di guerra (non senza prima essermi guardata intorno: folle sì, ma in solitaria).

"Voglio di più, di quello che credi", diceva Pino Daniele in tutt'altra canzone, parlando, in questo caso, di "anni amari".

Ne ho vissuti parecchi, di anni amari. Ora basta.
Curiosamente, mi sono ricordata di un monologo che in tempi non sospetti mi avevano affidato nella compagnia amatoriale di Chieti Scalo che ho frequentato nel periodo di transizione tra l'università e la scuola di giornalismo, che fino a poco tempo fa ho creduto fosse il più buio della mia vita.

Non rammento più le parole precise, ma impersonavo una donna forse dell'età che ho adesso, che racconta i fatti suoi ad altra gente seduta come lei sulle panchine di un parco.

"Ho avuto anni buoni nella vita, diciamo pure cinque o sei", dicevo a un certo punto. Più avanti nominavo quel "tarlo" che all'improvviso ti entra nella testa levandoti la serenità.

Quel monologo mi ha portato una iella pazzesca o più semplicemente, devo rassegnarmi, io non sono predisposta al "successo".

Davvero non so spiegarmi altrimenti il perché di alcune scelte di vita, alcuni cambi di rotta e ora, a pochi giorni dal mio compleanno, perché mi ritrovi ancora a comportarmi come una vecchissima adolescente.

In verità adesso so che cosa mi farebbe stare meglio, ma purtroppo non posso ottenerlo perché non dipende solo dalla mia volontà.
La visione americana dell'esistenza rassicura e quando la vedi nei film ti pare di poterla inverare pure tu (mi riferisco a quelle atmosfere da "Fame" e ai sogni da afferrare al volo).

La realtà è diversa, anche se, come si vede nel romantico video di Chantal, può capitare di avere "anni buoni" nella vita, momenti di gioia pura che poi non dimenticherai più.

La felicità insomma esiste, ne sono certa, ma è fatta di tanti "hard sails", duri viaggi come dice la bella canadese, da affrontare, se possibile, in due o più (in un'intervista parla con grande ironia e franchezza delle madri che diventano "bestie" pur di proteggere i loro cuccioli).

Non tutti abbiamo, però, uguale forza e fortuna per affrontare al meglio il lato "hard" della faccenda.

Sono scappata troppe volte spaventata non so bene da cosa, dalla città in cui sono cresciuta, dai lavori più strutturati. Persino la facoltà universitaria che ho scelto è indice della mia grande irresolutezza.

Ormai è tardi, troppo tardi, per molte cose, ma per lo meno ho imparato a godermi il più possibile gli attimi di leggerezza ogni volta che si presentano.

Vorrei solo scrollarmi di dosso del tutto questo senso di inadeguatezza alla vita che mi "pietrifica", come dice la Kreviazuk, parlando della paura che prova al pensiero che lui possa andarsene.

Al contempo, so che è giusto occuparsi del genitore in difficoltà, tirando fuori tutta la maturità di cui sono capace.

Si farà tutto quello che si deve, come sempre.
Spero solo di non arrivare alla fine della mia vita con quest'ombra di fallimento che mi porto addosso da troppo tempo. 

Voglio di più, voglio di più. 
Di più.

Un giorno imparerò a cantarlo per bene (la mia giovane insegnante di canto spero abbia abbastanza pazienza e pietà). E chissà se basterà questo per ottenerlo. 
Crediamoci.
Non ho altra scelta, d'altra parte.