sabato 14 novembre 2020

Vienna e i cestini dei rifiuti in arancio: "bennezza" geniale!


 

Credo di aver notato questo cestino della spazzatura già dal mio primo giorno a Vienna. Anche se adesso viene, ahinoi, utilizzato per indicare le zone a contagio Covid un po' più alto, l'arancione è un bellissimo colore

A me, comunque, piace un sacco, e soprattutto in questa città, dove il cielo è in prevalenza grigio, trovo assolutamente sensato l'uso di un colore acceso per invogliare i cittadini a gettare i rifiuti nel posto giusto.

Nel mio subconscio, doveva avere insomma fatto centro quella scritta là, Hasta la mista, dal sapore spagnoleggiante. Ai tempi, però, di sicuro non avevo fatto caso al gioco di parole.

Dubito infatti che le reminiscenze piuttosto sbiadite del tedesco mi bastassero per ricordare che Mist, auf Deutsch, significa spazzatura

O meglio: è una delle molte parole adoperate in tedesco per indicare la monnezza, "mista", per l'appunto, di materiali di non meglio comprovate origini.

A dirla tutta, il mio Langescheidt online Tedesco - Italiano e viceversa traduce la sopradetta parola con "letame" o "porcheria". E non pensate che si tratti di metafore, no no: il Duden Deutsch - Deutsch parla proprio di Vermischte Exkremente, un'espressione che non credo abbia bisogno di ulteriori spiegazioni. 

Ma, a questo punto, qualcuno di voi forse si starà chiedendo: sì, ma a noi che ce ne cale?

Poco, probabilmente. Epperò la storia che c'è dietro questi arrotondati e colorati cestini dei rifiuti, e delle molte scritte che si vedono qui è là per Vienna, è molto simpatica (direi proprio geil, più o meno l'equivalente di cool...) e io ve la voglio raccontare.

Ho bisogno di più input

Ad idearli e installarli ci ha pensato il Magistrat 48, ossia il dipartimento della città che si occupa della gestione dei rifiuti, oltre che della cura del verde urbano.

"Hasta la mista" è insomma solo la punta dell'iceberg di un servizio che occupa presumo diverse centinaia di persone che, con le loro ramazze e bidoni a rotelle, raccolgono cartacce & monnezza varia e spazzano via le foglie dalle piste ciclabili che ho percorso ogni giorno in questi mesi diretta al corso di tedesco. 

Oltre a loro, ci sono gli addetti appesi ai camion, pure questi ultimi muniti di scritte. Negli ultimi tempi li ho incrociati spesso, qualche volta anche sbuffando per l'odore non proprio di rosa che esce fuori dalla loro enormi bocche di lamiera. 

Il fastidio odorifero è però terminato il giorno in cui mi è apparso LUI, il camion dico, più figo della storia della nettezza urbana:


Impossibile non far caso alla faccina sorridente, e contemporaneamente, stavolta sì, anche alle parole, vista la rinfrescata nel frattempo sopravvenuta (ma sempre in corso) alla lingua tedesca.
"Rimanete ottimisti - dice la scritta - ci curiamo noi della vostra spazzatura". La traduzione, in verità, non è letterale.

Più precisamente avrei dovuto scrivere: "Rimanga Un ottiMISTA. Ai Suoi rifiuti ci pensiamo noi".

E' chiaro, però, che in italiano la scritta non funziona. Nella nostra lingua avremmo bisogno di un altro gioco di parole, uno in cui, che so, far suonare insieme monnezza e bellezza.

Ma adesso non mi viene in mente e poi non c'entra. 

E invece, a pensarci bene, c'entra, considerando il sistema scelto dal Magistrat 48 per selezionare le varie scritte attaccate ai cestini.

Le origini della fortunata iniziativa risalgono addirittura al 2009, anno in cui il dipartimento viennese ha coinvolto nella gestione della comunicazione un'agenzia di pubblicità, che ha utilizzato la chiave umoristica per sensibilizzare la popolazione al rispetto del decoro cittadino. 

A raccontarmelo, è stata un'addetta alle relazioni con il pubblico del Magistrat 48, che molto gentilmente ha risposto alle mie domande (in tedesco, natürlich!).

L'exploit delle scritte più originali è stato raggiunto nel 2015, quando il dipartimento viennese ha chiamato in causa direttamente i cittadini, invitandoli a mandare idee per nuove frasi. Al concorso hanno partecipato anche i dipendenti del Magistrat: i migliori giochi di parole sono stati individuati con un voto online. 

Sempre nel 2015 - ha precisato l'impiegata - il Magistrat ha pensato di cavalcare l'appuntamento dell'Eurovision Song Contest, qui molto più seguito che in Italia. Un'analoga strategia è stata seguita l'anno dopo, in occasione degli Europei di calcio:



Stessa cosa è successa quest'anno con l'esplosione della pandemia. Le mascherine chirurgiche, si sa, non sono riciclabili, difficile peraltro ironizzarci sopra. In qualche maniera il Magistrat ci ha provato con questa scritta qua:



La frase è in "wienerisch", il dialetto viennese. Io l'avevo tradotta con "le vecchie maschere appartengono ai secchi", cioè vanno buttate nei cestini, non per strada, ma la mia preziosa amica bulgara poliglotta mi ha appena scritto che no, si traduce più semplicemente con: "Le mascherine usate vanno buttate!". Che, come dice lei, fa pure rima :)

Non so bene quanto siano efficaci le frasi nell'idioma locale, ma comincio a credere che lo siano eccome, a giudicare dal discreto di numero di cestini in wienerisch che man mano vado scoprendo:


Per la frase sopra, contrastano alquanto le traduzioni offertemi dall'amica poliglotta e dal cognato tedesco, che pure non scherza quanto a competenza linguistica.

Facendo una mediazione tra i due, opterei per una salomonica traduzione: "Fai centro!", intendendo con questo: "Butta i rifiuti e le tue cicche nel posto giusto!".

Non me ne vogliano i puristi germanofili, ma oggettivamente l'è dura.

Andando avanti, un paragrafo a parte di questo mio viaggio nei "magistrali" cestini è rappresentato da quelli con scritte in tedesco "hoch", come a dire in italiano-italiano, ma comunque fortemente evocative:


Bel colpo! 😅


Prego, nutrire 😉

Alcune, personalmente, le trovo un po' troppo sibilline, ma pensando, per esempio, ai nostri comici preferiti (ognuno avrà il suo), non tutte le loro battute ci fanno sempre spanciare dalle risate. O no?


"La posso liberare di qualcosa?" 

"Buco nero cerca materia di scarto"... più o meno si traduce così!

Insomma, l'idea è forte, la realizzazione anche, al punto che anche altre città, come Berlino (vedi cestino sotto), Amburgo e Innsbruck, hanno seguito l'esempio di Vienna, sempre stando a quel che mi ha detto l'impiegata del Magistrat 48. 


Wow wow! Fantastico come abbiate impacchettato il "manufatto"  
dei vostri quattrozampe e l'abbiate smaltito da noi! 😆

Ora che guardo meglio il cestino berlinese, mi accorgo di un dettaglio che avevo tralasciato, da non fumatrice quale sono. 

Anche i cestini viennesi sono dotati di un apposito sotto - cestino per le sigarette

Ecco, forse è stato proprio quel tubo cilindrico bianco, culminante con il filtro arancione (munito anch'esso di scritta che ora non decifro), a colpirmi già dal mio primo giorno a Vienna.

All'inizio, insomma, potevo credo già apprezzare la finezza di una frase come questa



"Sono dei geni", diremmo la mia amica poliglotta ed io, guardandola.

Solo lei poteva peraltro scovare questo:

Anziché "Rest" o "Mist", il Magistrat in questo caso ha usato il sinonimo Müll. Il gioco di parole è oggettivamente da Nobel: 

"Sarei volentieri un Mullionario". Applausi, sipario.

Tra un attimo, bitte.

Sì, perché mi resta l'ultimo, fondamentale cestino, scovato nemmeno dieci giorni fa a due passi da casa mia:


Quando si dice il caso o il destino, eh?

Buona monnezza a tutti! :)

venerdì 6 novembre 2020

Vielen Dank, Vienna e... #schleichdichduoaschloch!

 




Poco fa un amico mi ha segnalato un pezzo uscito sul Resto del Carlino, cronaca di Fermo, con il mio post precedente. Ho autorizzato io la collega a saccheggiarlo liberamente, per cui mi becco, diciamo così, il momento di gloria e vado avanti.

Avevo scritto quelle parole a caldo, dopo una notte pressoché insonne e una profonda tristezza nel cuore. 

Nel frattempo, sono successe alcune cose personali direi anche belle, viste le circostanze che le hanno generate.

Ho potuto seguire molto da vicino la cronaca del giorno dopo e di quello dopo ancora, coinvolta da un giornalista della Rai, che aveva bisogno di aiuto con il tedesco, fondamentalmente. 

Grazie a questa inattesa occasione di lavoro, sono riuscita ad entrare, forse per la prima volta un po' meglio, nello spirito di Vienna.

La capitale della verde Austria e i suoi abitanti sono spesso scontrosi, all'apparenza possono risultare piuttosto distaccati, due caratteristiche difficili da digerire, soprattutto per noi italiani del sud. 

Per fortuna, sono anche altro.

Sono anche quelli che hanno risposto immediatamente all'assassino, urlandogli da una finestra: "Vattene via, stronzo!".

La frase "Schleich di, du Oaschloch!" è stata pronunciata in viennese stretto. L'avevo anche fotografata con la mia Nikon, ma non l'avevo capita.

Il cognato tedesco mi ha spiegato che corrisponderebbe più o meno al romano "vatteneammorìammazzatoastronzo!".

Ecco: quella frase lì è diventata virale. Si può proprio considerarla come la versione viennese di #jesuischarliehebdo

Personalmente, la preferisco alla frase francese, perché incarna alla perfezione, a mio parere, l'immagine di una città e di un popolo, schivo sì, a volte provinciale, certo, ma disponibile ancora ad accogliere tutti, oltre ogni razza, religione e appartenenza politica.

In questa città così lontana dall'Italia (provate a venirci in macchina o in treno: vi accorgerete di quanto sta in culo al mondo), si può vivere benissimo, a patto di rispettare le regole. Poche e semplici regole, come pagare le tasse, i mezzi pubblici e l'affitto. 

Per il resto, vivi come vuoi, ti dice lo Stato, e te lo ribadiscono i partiti, anche quello di centro-destra del giovane Cancelliere Sebastian Kurz e del ministro dell'Interno Karl Nehammer, che qualche giorno fa avevo preso in giro con mio marito, per la sua idea di controllare gli ingressi dei migranti irregolari con i droni.

Nessuno dei due, né tantomeno il presidente della Repubblica Alexander Van Der Bellen, né il sindaco di Vienna, Michael Ludwig, hanno alzato la voce l'uno con l'altro. Certo, qualcuno ha parlato di falle nei Servizi Segreti e ha invocato una rapida riforma della giustizia, ma il tutto si è svolto con i toni civili tipici di un popolo orientato al fare. 

Nonostante il Covid e il peso dell'incertezza mondiale, qui si immagina ancora il futuro. 
A Vienna vivono molti giovani di nuova immigrazione di ogni nazionalità. Numerosi sono anche gli anziani, verso i quali già dal primo lockdown le istituzioni hanno mostrato massima attenzione.

Una ferita come questa, certo, non si rimargina solo con uno slogan virale, ora riproposto su magliette e altri gadget (comprese le nostre ahinoi ormai abituali mascherine), ma quello slogan racconta l'orgoglio di chi sa di aver costruito tanto, al punto da guadagnarsi per ben dieci anni di seguito il titolo di città dalla migliore qualità della vita.

I più informati (tipo il direttore di Die Presse, Rainer Nowak, intervistato dal giornalista del Tg2) dicono che ci si aspettava da un momento all'altro che un orrore così potesse succedere.

Altrettanto non inaspettata, forse, è anche la reazione dei viennesi per chi la conosce meglio.

Ma io sono qui da poco, per cui non potevo sapere. Non potevo immaginare quanto mi sia già nel profondo affezionata a questa città, quanto mi piaccia attraversarla in bicicletta e farmi sorprendere dalle sue strade solo all'apparenza ordinate. 

Per questo voglio ringraziarli dello slogan, e non solo di questo.

Grazie, Vienna, grazie, viennesi, per avermi ricordato quanto sia fondamentale difendere la nostra dignità, personale e nazionale.



martedì 3 novembre 2020

C'era una volta Vienna




 La chiamavano la città dalla migliore qualità della vita. Sono, erano dieci anni che Vienna continuava a restare in vetta alle classifiche internazionali che analizzano le condizioni più favorevoli di esistenza per il lavoro, l'ambiente e la sicurezza. L'ultima volta è successo solo nel febbraio di quest'anno. Praticamente un secolo fa, considerati tutti gli avvenimenti di questo lungo, assurdo e doloroso 2020.

Tutto questo, ieri sera, mentre lavavo i piatti, è finito.

D'ora in avanti Vienna sarà una normalissima capitale europea, come Parigi dopo il Bataclan e Charlie Hebdo, come Berlino e Strasburgo dopo gli attacchi ai mercatini di Natale, dopo e prima la decapitazione del prof Samuel Paty e le vittime di Nizza. Tra queste ultime c'era anche il sacrestano Vincent Loquès, 54 anni. Quando l'abbiamo saputo, con mio marito abbiamo riso amaramente, visti i contatti di lavoro che abbiamo, lui in particolare, con la Chiesa italiana di Vienna. La bellissima Minoriten Kirche, che ospita una pregevole riproduzione sotto forma di mosaico del milanese Cenacolo di Leonardo, si trova a due passi dai luoghi degli attentati di ieri sera. Noi, per fortuna, abitiamo a mezz'ora di bicicletta, nostro unico mezzo di trasporto dall'arrivo della pandemia.

A proposito. La pandemia e il lockdown scattato proprio alla mezzanotte tra ieri e oggi.

Gli attentatori sono come attori. Sanno quando entrare in scena e quando ritirarsi, lasciandosi dietro, non il fragore degli applausi, bensì lacrime e terrore.

Tutti, ormai, avranno guardato i numerosi video che circolavano già pochi minuti dopo i primi spari (qualcuno li aveva presi per fuochi d'artificio). Ce n'è uno particolarmente agghiacciante, girato immagino da un balcone. Negli stessi istanti la Polizia viennese pregava i cittadini di non condividerli assolutamente, ma nel frattempo i miei occhi avevano già visto il sangue sul ginocchio di un ferito e ascoltato le urla di chi stava scappando in cerca di un riparo.

Mentre scrivo queste righe, la caccia ai terroristi sta continuando. I quotidiani austriaci e la Orf, l'equivalente della nostra Rai, parlano di 17 feriti gravi e 5 morti, compreso uno degli attentatori. Non è ancora chiaro se l'obiettivo del primo attacco fosse davvero la Sinagoga di Seitenstettengasse. Di uno degli attentatori si sa che fosse un simpatizzante dell'Is, una notizia che ha spinto la Comunità musulmana dell'Austria ad esprimere immediatamente la propria vicinanza alle persone rimaste coinvolte nei tragici avvenimenti di queste ore.

Man mano si saprà tutto quello che c'è da sapere e, spero, man mano tornerà il silenzio.

Quel che non tornerà più, purtroppo, è l'immagine che finora più o meno tutti avevamo di questa città.

Una capitale che non ha nemmeno i tornelli alla metropolitana, una città dove ci si sposta che è una bellezza da un punto all'altro, un centro di due milioni di abitanti che spesso sembrava poco più di un paesone, soprattutto durante il Wiener Wiesn, l'equivalente austriaco dell'Oktober Fest, e durante i turistici mercatini di Natale.

La magica, fiabesca atmosfera ottocentesca che si respira in ogni statua del meraviglioso parco di Schönbrunn, in ogni siepe ingiallita dall'autunno, in ogni rosa del romantico Volksgarten, altro luogo che ho imparato ad amare, non c'è più. Non ci sarà mai più.

Certo, tutto passa, anche il Covid 19 finalmente un domani ci lascerà tranquilli di reinfettarci come ci pare, ma ieri è cominciata una nuova fase anche qui, nella ex capitale imperiale, l'ultimo avamposto pacifico, rassicurante e un po' provinciale della nostra Vecchia Europa.