mercoledì 7 giugno 2017

Ti aspetto nei miei sogni

Tre anni fa, più o meno a quest'ora, mia mamma se n'è andata. Ho sempre il timore (e il terrore) di scadere nella retorica, per cui perdonatemi se non scriverò molto di più su quel momento.
Erano però vari giorni che pensavo di buttare giù qualche riga, partendo dal presente.

In tre anni la mia vita è cambiata quasi totalmente.
Ho la sensazione che mi si sia seccato il cuore, da una parte; dall'altra, di aver sgombrato la mia pur sempre confusionaria e velleitaria testa da un mucchio di ciarpame.

Come vorrei dirlo a lei, che pure, se lo sapesse, mi guarderebbe ancora con un misto di amore e scetticismo.
Quante volte ci siamo ritrovate in cucina, io seduta nella sedia di lato alla credenza, lei su quella che ora uso sempre io quando resto lì a guardare la tv la sera, spesso anche quando papà se ne va a letto.
Prima non vedevo l'ora che quest'ultimo sgomberasse per potermi piazzare sul divano a fare zapping sul mega-schermo (pure negli anni Ottanta il salotto era il luogo deputato all'apparecchio più grande).

Di ritorno dall'università mi fermavo a lungo, di solito dopo pranzo, a raccontarle i fatti rilevanti dei giorni passati lontano da lei. Qualche volta scendevo pure più sul personale, come quella volta - ce l'ho davanti ancora chiaramente - in cui le ho svelato di essermi fidanzata.

Conoscendola, doveva impazzire di gelosia e di rabbia: "chi sarà mai quest'ennesimo scansafatiche?" Di certo si augurava solo che non facessi qualche leggerezza, anche se, sul fronte sesso, in verità, sapeva essere piuttosto esplicita. "Guai a voi se fate la pizza". O qualcosa del genere, di solito riferito a qualche figlia di sedicente amica di collega, che, per l'appunto, l'aveva fatta e addio scuola e altri progetti.

Voleva proteggermi dall'amore, una parola così abusata la maggior parte delle volte in cui la si associa al rapporto sentimentale.

Lo sapete: non sono madre, per cui quella roba strappa-budella che ti succhia sangue ed energia da dentro la conosco solo per sentito dire.

So però che in molti casi aveva ragione lei: non c'è quasi nessun legame che duri per sempre, ma quando ne incontri qualcuno che vale la pena alimentare e far fiorire non c'è genitore che ti possa trattenere.

Mi dispiace di averlo capito troppo tardi, cioè di non averglielo potuto dire. Ma forse non avrei dovuto usare le parole: mi avrebbe sgamata guardandomi in faccia.

Per amare bisogna avere rispetto di sé, curarsi profondamente, ascoltarsi davvero.
Tu hai saputo amare me e Linda perché ci hai saputo parlare a volte con brutalità elefantiaca, ma insieme con rispetto.

"Sembri proprio una giornalista", commentavi leggendo qualche boiata che vi costringevo a sciropparvi. Mi è sempre piaciuto questo sano ridimensionamento del narcisismo da prima della classe e anche se faccio tuttora quotidianamente i conti la mia scarsa soddisfazione professionale, so che quella è l'unica strada per diventare persone equilibrate.

E' insomma come se, perdendoti, tu ti fossi installata stabilmente dentro di me aiutandomi quasi minuto per minuto a non sprecare energie in operazioni fallimentari, in relazioni inutili e altre cretinerie.

Non ho ancora la forza che hai dimostrato tu nell'ultima fase della tua vita né so nulla di quasi nulla su perché diavolo di ragione io sia piombata sulla terra.

So di più sulla fragilità umana, anche sulla tua e, se possibile, mi manchi ancora di più anche per questo. So pure che le lacrime non vanno sparse al vento come gocce di caligine.
Quando piangerò di nuovo, sul serio, sarò da sola: quelle lacrimucce di commozione che facevo fatica a mostrare da adolescente e che, invece, ogni tanto spuntano fuori adesso che mi avvio ai cinquanta, non sono altro che piccole melensaggini.

Dentro, sono un gigante, cara mamma, ma sto ancora crescendo, le articolazioni scricchiolano per questo (sì, come no).

Mi sono accorta di essere passata dalla terza persona al tu, parlando di lei. Parlando di te.

Perdonami per non aver capito tutto il dolore che provavi mentre te ne andavi. Per aver avuto così tanta paura della vita per lunghi, lunghissimi anni, da seguire alla lettera le tue raccomandazioni maternamente rigide anche quando non sarebbe stato necessario.

La verità è che io non ero in grado di amarti come tu hai fatto con me, ora lo so.

L'amore non si sceglie, l'amore arriva e basta, come io (e mia sorella) siamo arrivate da te.

Non so come chiudere: la banalità chiama.

Ti aspetto nei miei sogni.

3 commenti:

  1. hai chiuso con una riflessione o una "presa d'atto", come preferisci che purtroppo trova riscontro comune, non siamo capaci di fare noi altrettanto di loro, "siamo aridi nell'amore"

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    1. In verità il mio pensiero può essere soggetto a varie interpretazioni. Per certi aspetti sono quasi sollevata dall'essere diventata "arida". Ma il blog non è il luogo adatto per raccogliere tutte le contraddizioni che mi attraversano. Ti basti sapere che ho capito che bisogna perdonarsi di essere semplicemente ciò che si è.
      Grazie della visita, un abbraccio

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