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venerdì 21 febbraio 2014

Dewey il gatto e le biblioteche pubbliche, calore e cultura garantiti!


 
 
Il video che pubblico sopra è in inglese senza sottotitoli, ma penso se ne capisca ugualmente lo spirito. Soprattutto, è impossibile non essere attratti da quella macchia di pelo rossa e dall'inconfondibile suono delle sue fusa, in braccio a un'impiegata della libreria comunale di Spencer, una cittadina dell'Iowa diventata celebre nel mondo proprio per aver ospitato, da una fredda notte di fine novembre 1987 fino a una altrettanto triste giornata di fine 2006, l'indimenticabile Dewey Readmore Books.
 
L'altisonante nome scelto per battezzare il micino lasciato da qualche ignoto nella buca di restituzione dei libri che vedrete a un certo punto nel video si adattava perfettamente alla sua personalità.
 
Pur essendo un enne enne senza pedigree, Dewey aveva infatti qualcosa di nobile e delicato che non poteva che conquistare.
Devo però farvi una confessione: se non mi avesse parlato di lui Natalia Tizi, una delle preziose impiegate della Biblioteca comunale Romolo Spezioli di Fermo, probabilmente non avrei mai conosciuto la sua storia.
 
C'è qualcosa, infatti, che mi trattiene dal comprare i libri sugli animali, sui gatti in particolare, i miei preferiti in assoluto. Ossia il timore che possano essere trattati solo come fenomeno commerciale.
 
Detto da una che si è autoprodotta un libro fotografico sui propri gatti sembrerà un controsenso, però non posso farci nulla: prima di avvicinarmi a un libro incentrato sui magnifici felini in miniatura, debbo sentirmi sicura della sincerità di chi l'ha scritto.
 
Così, quando ho cominciato a leggere la vera storia del gatto da biblioteca a stelle e strisce, ero un pochino titubante.
Sono bastate, credo, una decina di pagine per ricredermi totalmente.
Si vede che Vicki Myron, la direttrice della biblioteca di Spencer che ha affidato le sue memorie a un bravo scrittore, era innamoratissima del "suo" Dewey.
Oltretutto, le vicende che lo riguardano sono intelligentemente inserite nella storia della cittadina dell'Iowa, passata attraverso una grave crisi economica, anticipatrice, ahimè, dei grandi cambiamenti sociali che oggi stanno interessando tutto il mondo.
 
Dewey è stato, inoltre, un vero e proprio porto di pelo al quale la bibliotecaria tornava con infinito sollievo dopo le molte traversie anche fisiche da lei vissute.
E anche se, come ogni tanto l'autrice accenna nel libro, non tutti lo hanno amato allo stesso modo, non c'è stato giorno della vita di questo gattone rosso che sia passato nell'indifferenza e nell'anonimato.
 
Del resto tutti i gatti si fanno notare, anche da chi li teme.
E Dewey, a leggerne le memorie, era perfettamente consapevole di chi fossero i suoi amici e i suoi nemici... per esempio il veterinario!
Di certo non ne avevano paura i bambini che lo vedevano comparire da un momento all'altro durante l'ora della lettura delle favole, né la maggior parte degli anziani, che ne apprezzavano la riscaldante energia anti-stress.
 
Dewey è vissuto quasi vent'anni e questo, in qualche modo, mi consola.
 
Ho perso tre gatti nella mia vita e so che lasciano un vuoto incredibile.
Certo, ogni volta che arriva un cucciolo, si ricomincia daccapo ed è davvero sorprendente accorgersi di quanto ogni gatto sia completamente diverso dall'altro.
 
Però, proprio per questa ragione, la mancanza di quelli che sono tornati nell'empireo felino, non è facile da colmare. Durante i mercatini estivi, per dire, più di una persona che si è fermata a sfogliare il mio libro, poi non l'ha preso rivelandomi di essere ancora lutto.
La stessa Vicki Myron ha finito per andare in pensione non molto tempo dopo la scomparsa del gattone rosso.
 
Per fortuna, però, qualunque sia l'esperienza personale di ciascuno, i ricordi restano.
Ed è esattamente a questo scopo che, venendo a me, ho realizzato il mio Che gatti: per suggellare la nascita di una nuova amicizia, spero, tra noi bipedi e loro quattrozampe, che, come ho scritto di recente su Minime Storie, sto ancora imparando a decifrare.
 
Approfitto infine ancora di Dewey e del bel libro che la sua "mamma" americana ha voluto dedicargli per sottolineare l'importanza delle biblioteche pubbliche nelle comunità locali.
Leggendo la sua storia, non ho potuto infatti fare a meno di pensare al clima di grande calore umano e di straordinaria professionalità che si respira in ogni angolo della Romolo Spezioli, la biblioteca di Fermo che ho avuto l'onore di conoscere un po' più a fondo grazie a Storie da biblioteca, il concorso di scrittura e fotografia promosso dalla sede marchigiana dell'Associazione italiana biblioteche e dall'associazione Racconti di città.
 
Giusto ieri sera c'è stata la piacevolissima serata di premiazione, dalla quale sono tornata con un libro in dono, assai affascinante già dal titolo: La vita non è in ordine alfabetico di Andrea Bajani.
 
Grazie ancora per tutto.
E... se posso permettermi di darvi un suggerimento: prendete anche voi un vostro gatto da biblioteca! Potreste chiamarlo Spezia o Romolo... Che ne dite?
;-)