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martedì 7 luglio 2015

Noa e il disvelamento. Alla buon'ora

 
 

 
 
Ho conosciuto Noa diversi anni fa, più o meno agli inizi della storia che sto per raccontarvi. L'album (Love Medicine) dal quale è tratto il brano Little star, costruito su una melodia nota - presumo - in tutte le scuole elementari e medie del mondo, è dello scorso anno.
 
L'ha scoperto (manco a dirlo) per caso Paolo (il nome vero del Bipede) giusto a ridosso del trasloco. Sinceramente non mi ricordo se avevamo già fatto il rogito, comunque la musica di quest'artista israeliana-newyorkese è perfetta per i periodi di cambiamento.
 
Il mio rapporto con il Bipede è cominciato (più o meno) proprio con Noa. Ai tempi dello stage nel quotidiano Il Centro accompagnava non di rado le nostre gite fuori porta.
Ho passato mesi memorabili nella vecchia redazione pescarese del giornale che mio padre compra tutti i giorni, più o meno da quando è nato.
 
Non voglio assolutamente ammorbarvi con i miei ricordi di gioventù (sappiatelo: tutti i giornalisti, prima o poi, vi raccontano la loro vita), ma solo tornare per un attimo agli albori della mia vita adulta.
 
C'è chi diventa grande presto, per costrizione o per scelta.
Oggi posso dirlo: ho rischiato un sacco di volte di passare dall'immaturità alla muffa senza mai aver vissuto una vera fase di maturazione.
 
Succederà a molti, certo: dubito di essere speciale anche sotto questo aspetto.
Sia come sia, da qualche giorno vivo come se la cataratta l'avessero tolta a me, non a mio padre.
 
Come sono stata infantile. Quante energie buttate, quanta inutile (e dannosa) modestia.
Quante relazioni subite. Quanta negatività accumulata per vigliaccheria.
Quanto masochismo, in una parola.
 
Scrivo queste parole non per infliggermi ulteriori colpe immaginarie costruendomi l'ennesimo alibi dietro al quale continuare a nascondermi, ma solo perché sono, ebbene sì, ancora molto incazzata per averci messo così tanto tempo a capirlo.
 
Noa che c'entra, dirà qualcuno di voi (forse)?
Ascoltate attentamente la canzone.
A un certo punto dice:
 
Twinkle, twinkle, I will sing,
For tomorrow always brings,
Opportunities to begin again

Una ninna nanna che guarda al futuro non l'avevo mai sentita, mai comunque con questa potenza ed energia. Che voce sublime, accidenti.

Ascoltandola al mare due giorni fa, ebbene sì, ho pianto. Non avrei voluto farlo, come dice la canzone in un altro punto, ma le lacrime andavano giù da sé.
Mi sono scorsi davanti gli ultimi quindici anni, davvero come la pellicola di un film, anzi, come si vede nei flashback dei film.

Mi sono calmata solo quando è finita la canzone, o forse proprio l'album, lo stesso, tra l'altro, che asseconda meglio le mie corsette sul lungomare degli ultimi giorni (ho subito un brusco stop per via della febbre e della callaccia amara che ancora non ci ha mollati).

Si chiama, vi dicevo, Love medicine e per i cinici dei nostri tempi (quanti ne ho incontrati in questi quindici anni) sarà retorico, femminile e buonista.
Si fottano, perdonate il linguaggio da marinaio.

I primi giorni, in effetti, non riuscivo ad ascoltarlo per via della voce della riccia con il naso da aquila e gli occhioni da Bambi che ti costringe a stare lì a sentirla. Un po' come mi capita con Mina: con la tigre di Cremona non hai scampo. O stai lì e ti fai pervadere dalla potenza delle sue corde vocali o spegni e parli tu.

Sono riuscita a concentrarmi sulle singole canzoni solo quando mi sono ritrovata a tu per tu con la sua musica.
Peccato che Smile sia diventata il simbolo per eccellenza del buonismo piddino, perché anche quello è un magnifico pezzo.

In ogni caso...
sono stata interrotta dalla telefonata di mio padre.
Non ho molto altro da dire. Solo questo.

Se avessi figli, insegnerei loro innanzitutto a non mentire mai a loro stessi. A non avere mai paura di guardarsi dentro.
A non aver paura di nulla, come dice sempre Noa in un'altra splendida canzone.

Non aver paura di nulla non significa fare per forza bunging jumping, o come diavolo si chiama.
Significa solo alzarsi e andare, come mi ha costretto a fare mia madre il giorno che sono dovuta partire per Pisa per andare a prendermi la mia dannata (per molti inutile) laurea.

La strada ce l'avevo già chiara davanti con il suo solo esempio.
Ma lei a 24 anni era già una donna.
Mi fa male non averla qui accanto a me adesso, ma in qualche modo ne avverto forte la presenza.

Che sia la black star di Noa?
Domani si va a Chieti.
E' giusto così.

Buoni giorni a voi (e ascoltate la riccia!).