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mercoledì 12 aprile 2017

Mirkoeilcane e i gggiovani (resistenti) dell'Italia di oggi



Vedi i casi della vita.
Intervisto un'artista famosa romana per un'occasione speciale che si è tenuta a Recanati una decina di giorni fa e mi ritrovo impallinata ad ascoltare la musica di Mirkoeilcane
A parte il nome d'arte che mi lascia un po' perplessa (nel trascrivere i nomi dei sedici finalisti di Musicultura 2017, l'occasione speciale di cui sopra, avevo cancellato proprio il suo, convinta che fosse il titolo di un pezzo, mica un autore in carne ed ossa), di questo cantautore trentunenne romano che nella vita si chiama Mirko Mancini mi convince praticamente tutto.

Perché, ok, non so nulla di musica, suonavo male pure il flauto delle medie, ma è riuscito ugualmente a lasciarmi di stucco il suo talento mischiato a una notevole intelligenza.
Mirko mi ha passato gli Mp3 del primo album omonimo fatto in casa, quindi, secondo quanto dice lui, imperfetto. I suoi testi sono in rima baciata, vagamente rappeggiati in molti casi, in altri dal sound anni Ottanta che fa molto mia adolescenza (e sua nascita).

Ci deve essere anche una ragione inconscia sul perché la sua musica mi abbia colpito così tanto, per farla breve.

La canzone che ascolterete sopra racconta comunque una generazione che non conosco.
Quasi tutti i suoi testi non mi riguardano da vicino, se non per un punto: quel senso di invisibilità che l'autore si sente addosso o che affibbia ai suoi alter ego in musica e che sovente si mescola alla precarietà del lavoro.

A Musicultura Mirkoeilcane ha portato, come tutti gli altri partecipanti, due canzoni: a colpire la giuria è stata la seconda che si intitola Per fortuna, che, obiettivamente, è molto originale. La prima si chiamava Salvatore.

Ed è proprio di questa che volevo parlare.
Il protagonista della favola suonata è un cassiere di un supermercato, uno che batte i prezzi senza un'oncia di entusiasmo, mentre la gente e la vita gli scorrono davanti.
Nel grigiore generale, Salvatore si lascia però ancora un piccolo margine per sognare una via d'uscita, fosse pure solo ideale, componendo le sue canzoni.

Una storia minima, triste e demotivante, direte. Eppure in quelle poche parole c'è tutta la poesia della nuova Italia, fatta di ragazze e ragazzi che, magari il sabato sera, si mettono gli stessi pantaloni e fanno conversazioni banali, ma che in verità sono solo lo specchio di un Paese che vorrebbe distruggerli e basta. Perché tra loro ce ne sono tanti, ne sono certa, che non vorrebbero affatto passare da una serata uguale a un'altra con lo stesso risvolto e mocassini senza calze, a parlare di piastre per capelli o di nuovo look da postare sui social.

Mirko me l'ha detto: è un tipo polemico. Io avrei voluto rispondergli: e meno male.

Peccato che oltre a questo non avrei comunque potuto dirgli altro, se non, forse, di non mollare. Oppure avrei potuto suggerirgli di buttarsi prima possibile sul suo piano B, ossia fare il cittadino del mondo, pagandosi i viaggi lavorando qui e là.

Ma non lo penso davvero.
Secondo me, quel ragazzo, come gli altri (e le altre, ovvio) dotati di qualcosa da dire devono prendersi lo spazio che meritano non dico subito, ma almeno in tempi ragionevoli per non passare direttamente dall'infanzia alla tomba.

Ce la farà, non ce la farà?
Detto diversamente: ce la faremo, non ce la faremo?

Mi sta scoppiando la testa a forza di pensarci, ma temo di non conoscere la risposta.
E se la conoscessi sarebbe sbagliata, come avrebbe detto Quelo.

Ma la stagione non è adatta alla depressione.
Meglio tornare a parlare di rinascite etc etc.

In bocca al lupo a tutti noi.