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venerdì 21 settembre 2012

Natsume Soseki/3: il matrimonio? Una barbarie destinata a scomparire

Premetto: sono felicemente sposata, ma sono arrivata al matrimonio (civile) a una certa (e veneranda) età. Non sono quindi nella posizione di criticare coppie, etero o meno, che desiderino fare altrettanto.
Resto però piuttosto sconcertata dalla generale ansia da regolarizzazione amorosa che si respira in questo Paese. Perché una cosa sono i sacrosanti e civilissimi registri delle unioni civili, altro è la brama dei fiori d'arancio. Non sarebbe meglio concentrarsi sul riconoscimento alle coppie di fatto dei medesimi diritti che hanno le coppie sposate anziché insistere sulla possibilità o meno di mettersi un anello al dito?
Un'altra faccenda ancora è la possibilità di avere figli (quindi di adottare oppure di procedere attraverso la fecondazione di un utero in affitto o con l'impianto degli ovuli nel caso di coppie lesbiche), sulla quale, ugualmente, non mi pronuncio se non per ricordare alle coppie gay che ne esistono altrettante (anzi, numericamente forse saranno anche molte di più) eterosessuali alle quali non è consentita nessuna delle suddette strade. Anche in questo caso, in sostanza, non sarebbe meglio concentrarsi sull'allargamento delle strade per avere figli in generale, etero o meno che siano le coppie di aspiranti genitori? Lo sanno Vendola e compagno che se non hai un reddito adeguato non ti verrà mai dato un bambino in adozione né tanto meno ti sarà possibile procedere alla fecondazione eterologa che costa un botto di soldi, soprattutto se si va all'estero a effettuarla?
Pur rispettando, insomma, le scelte sessuali e di vita di ciascuno, mi sembra che come al solito in questo Paese si alzino polveroni giusto pour parlez.
Mi colpisce, pertanto, ancora di più la modernità di Natsume Soseki, l'autore giapponese di cui ho già parlato nei due precedenti post: di seguito trascrivo qualche brano tratto da Io sono un gatto dedicato al matrimonio. Come ho già detto, non sono sicura di essere completamente d'accordo con lui (essendomi sposata anch'io e non solo per questa ragione), però mi ha fatto molto riflettere. E sono sicura che possa fare  analogo effetto pure a voi che passerete di qua.

Un bel giorno un filosofo discenderà dal cielo per predicare una nuova verità. Ecco quello che dirà: l'uomo è un animale dotato di personalità. Annullare questa personalità equivale ad annullare l'uomo... Continuare a sposarsi, costretti da un'abitudine perversa, è una barbarie contraria alla natura umana, una barbarie perdonabile in un'epoca ignorante in cui la personalità non si era ancora sviluppata, ma nella nostra epoca civilizzata non fermarsi a considerare la scelleratezza di quest'usanza perniciosa sarebbe un grave errore. Oggi che siamo arrivati a un alto livello di civiltà, non c'è motivo che due personalità distinte si associno con un grado di intimità superiore al normale... dobbiamo opporci con tutte le nostre forze a quest'usanza perversa, per il bene del genere umano, per il bene della civiltà, per preservare la personalità dei giovani stessi...

E più avanti, rispondendo alle contestazioni di un giovane interlocutore (la frase riportata sopra è di uno dei protagonisti della storia: l'irriverente Meitei, uno dei possibili alter-ego, oltre al gatto, dello stesso Soseki):
L'arte conoscerà lo stesso destino della coppia. Sviluppare la personalità significa renderla libera. E avere una personalità libera, per un individuo, significa essere soltanto se stesso... in futuro, ogni individuo avrà una personalità distinta e originale, e dei versi composti da qualcun altro non presenteranno più alcun interesse... Prendete Meredith, prendete James... hanno pochissimi lettori. Quattro gatti. Perché per trovare le (loro opere) interessanti bisogna avere una personalità della stessa forza. Questa tendenza andrà accentuandosi sempre più, finché si arriverà a un momento in cui il matrimonio verrà considerato immorale, e l'arte sarà abolita. Non credi? Il giorno in cui le parole scritte da te mi saranno incomprensibili, e tu non capirai quelle che scrivo io, fra me e te non sarà né arte né un accidenti di niente. 

Più avanti Sosuke-Meitei mette a confronto la cultura occidentale e quella orientale, giudicando la seconda inutilmente superiore: lo sviluppo della personalità, causa della fine del matrimonio e dell'arte, finirà per produrre irrimediabili depressioni nervose anche sui seguaci del taoismo.
Tolto, però, l'esito pessimistico del suo ragionamento, bisogna ammettere che siamo già nell'epoca in cui tutti parlano ma nessuno ascolta.
E il dibattito sui matrimoni gay ne è solo l'ultima conferma: tra un mese chi se ne ricorderà più?
E chi verrà davvero a leggersi il mio blog tra i milioni e milioni di omologhi che infestano il Web? Quattro gatti, nel mio caso, sarebbe già un lusso.
E tuttavia, mi auguro dal profondo che sia ancora possibile fare arte e dare speranza alle generazioni che verranno, al di là di come siano venuti al mondo e chi li abbia cresciuti.
Di questo soltanto dovremmo discutere, se davvero abbiamo a cuore il futuro dell'umanità, e non delle elezioni del 2013, basate, quelle sì, su matrimoni stretti da forze politiche muffite e vetuste.

giovedì 20 settembre 2012

Natsume Soseki, una scoperta preziosa


Detto fatto: ho cercato qualche informazione in più su Natsume Soseki, nella foto sopra, tratta dalla pagina Web della casa editrice Neri Pozza che ha tradotto immagino una parte della produzione letteraria del grande scrittore giapponese.
Oltre a Io sono un gatto credo che varrebbe la pena leggere Guanciale d'erba, il libro preferito di Glenn Gould (noto misantropo afflitto da strane manie igienistiche, quindi proprio il genere che piace a me, che sono un po' masochista) e E poi, incentrato sull'amore di un rampollo di buona famiglia per una giovane dallo sguardo malinconico e gli occhi grandi (masochista e pure romantica, che brutto carattere).
Direi che il tipo dalla raffinatissima scrittura se lo meriti, considerato come ne ho fatto la conoscenza, ossia per via dell'errore di una cassiera che me l'ha infilato nella busta degli acquisti senza farmelo pagare.
Certo, ho ancora diversi tomi (e tomini, che non sanno di formaggio. Uh, che battuta) da affrontare, ma tanto lo so che non ce la farò mai e che continuerò ad accumularne di nuovi.
In ogni caso, Soseki è stata davvero una bella scoperta. Ed è sempre piacevole accorgersi che c'è sempre spazio per imparare ancora.

lunedì 17 settembre 2012

Il Novecento secondo Natsume Soseki. E il suo gatto

Bice e Io sono un gatto
Mai fidarsi delle scritte civetta sui libri, comunque, per lo meno, è bene diffidarne.
Io sono un gatto di Natsume Soseki è entrato per caso a far parte della mia libreria, grazie a una gentile (quanto inconsapevole) commessa della Feltrinelli di Pescara. Per mesi ho tenuto perfino lo scontrino, nel quale non c'era traccia dell'acquisto da me, effettivamente, non previsto. Avrei voluto riportarlo, in altri termini, fino al giorno in cui, a metà estate, l'ho sfilato dal ripiano dei libri non ancora letti (l'accumulo degli inevasi ahimè continua) e ho finito per cambiare idea.
Ad attrarmi, lo confesso, le famigerate scritte-recensioni sulla copertina e sulla quarta.
"Un romanzo allegro e importante, scritto per il divertimento dei lettori. Di ieri e di oggi", recitava la scritta in copertina, tratta - ma sarà vero? - da La Stampa.
A divertirmi mi sono divertita, almeno a tratti e non posso negare l'importanza dell'opera di questo autore giapponese vissuto a inizio Novecento, da quel che ho capito una sorta di Alessandro Manzoni del Sol Levante.
Le scritte, però, non erano finite: in quarta si dice che protagonista del libro è un "gatto, nero, audace, scettico, creativo, fine osservatore e filosofo". Tutto giusto tranne il fatto che il gatto non è nero, bensì giallino o qualcosa del genere. Il nero che vi si descrive è rozzo e poco incline alla speculazione, ma se non fosse stato per l'imprecisione, tutto sommato, il resto risponde abbastanza al vero. In questo caso la recensione in pillole va attribuita a L'Espresso.
Più sinteticamente (e direi più appropriatamente) Alias del Manifesto giudica Io sono un gatto come "il primo romanzo giapponese moderno". Pur non potendo giurarlo (non so niente di letteratura giapponese, tolto un po' di Murakami e qualcosa di Mishima), il libro parla proprio dei mutamenti nella società di inizio secolo scorso prodotti dalla modernità e dai sempre più frequenti contatti con l'Occidente.
Ed è proprio qui il punto: non è affatto un romanzo allegro. Certo, a tratti si sorride, in qualche caso si sghignazza pure, ma ogni parola è pervasa da un sottile smarrimento, lo stesso - all'incirca - descritto da tanti romanzi coevi di altre latitudini.
Il Novecento, d'altra parte, ha prodotto la più grande rivoluzione nei costumi mai vista prima, di pari passo con innovazioni tecnologiche dall'impatto enorme. Pensiamo solo alle automobili, agli aerei, ma anche al cinema e al telefono. Insomma, con il secolo nel quale sono nata anch'io è cominciata l'era della velocità, dei mutamenti rapidi. Direi proprio che è cominciata l'epoca del non ritorno.
In assoluto, indietro non si torna mai, ma in particolare non è possibile fermare il progresso tecnico, anche quello che ci fa bruciare tonnellate e tonnellate di energia, con conseguenze probabilmente ancora più terribili di quelle preconizzate dagli ambientalisti.
Non siamo più capaci di rallentare e chi lo fa spesso vi è semplicemente costretto. Chi invece decresce consapevolmente, intendo dire, chi applica i principi - a parole - giustissimi dalla cosiddetta decrescita felice, sa di essere destinato a restare minoranza. Gli altri, i miliardi di poveri che abitano la terra, vorranno continuare a crescere. Eccome se lo vorranno.
Mai periodo storico è stato più vorace di quello che ha causato così tanta acuta inquietudine nello scrittore giapponese.
Pur non svelando il finale della storia, insomma, consiglierei di leggere Io sono un gatto fino in fondo per poterlo giudicare nella sua interezza.
Qui mi limito a suggerirvi di soffermarvi sulle pagine dedicate alle previsioni sul futuro della società, in cui, in estrema sintesi, finiremo per starcene ciascuno per conto nostro, decidendo anche il giorno della nostra morte.
Non so se sono d'accordo con Soseki, so solo che quelle pagine mi hanno molto impressionato.
Mi riprometto infatti di tornarci su e di approfondire un po' meglio la biografia di questa straordinaria personalità.
E in ogni caso, che abbia scelto di incarnarsi in un gatto (forse proprio nel suo?) per parlare di massimi sistemi è estremamente significativo.