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lunedì 13 agosto 2012

Pensierini di Ferragosto di chi non è partito


Il cestino delle carte in semi-primo piano non è proprio il massimo, ma d'altra parte amplifica l'atmosfera da fine estate di questo scatto (come se dicesse: buttiamoci alle spalle la bella stagione. Bella stupidaggine, eh?).
E pensare che risale alla penultima perturbazione della seconda metà di luglio, quando l'autunno, e tanto più l'inverno, erano ancora decisamente lontani. Oggi, se possibile, fa ancora più freddo di quel tardo pomeriggio in cui, Sfaccendato e io ci eravamo concessi una birra a pochi passi dalla riva. Quella coppietta sul fondo della passerella pareva pagata dalla Pro Loco. D'altra parte ci sono luoghi e temperature che invogliano a effusioni e tenerezze così. Buon per loro.
Invece a me, quest'anno, nonostante l'afa, non è quasi mai sembrata estate. Oltre alle solite lagne sul lavoro che non c'è, credo che dipenda soprattutto dal fatto che non ho fatto neanche un viaggio, tolto quello brevissimo a Bibbiena peraltro compiuto prima dell'ingresso ufficiale della stagione che mi ha visto nascere.
Tra pochi giorni, certo, visiterò una zona delle Marche in cui non sono mai stata e sarà come partire per destinazioni più lontane (sono una che si sa accontentare, per fortuna), ma il risvolto più  meno pratico del piccolo trasferimento nella zona nord di questa bella regione mi impedisce di concepirla del tutto come una vacanza.
A peggiorare le cose, ahimè, si aggiunge l'impressione che invece tutti gli altri siano in panciolle, anche quando hanno facce lunghe e antipaticamente annoiate come i vicini di ombrellone di Marisao o al contrario sembrano divertirsi un sacco a schiamazzare fino alle quattro del mattino convinti che il quartiere sia tutto loro, come i tizi che gestiscono la pizzeria-chalet di fronte alla nostra camera da letto, che rigovernano tavoli e stoviglie tenendo la radio a tutto volume ben dopo la mezzanotte.
Non c'è niente che mi manda più in bestia della maleducazione, ma da un altro lato mi rendo conto che l'estate è breve e che tra pochi giorni rimpiangeremo di non potercene più restare in mutande (più o meno) tutto il giorno.
E poi, in fondo, perché dovrei alzarmi presto se non ho particolari impegni? Devo avere un senso di colpa lungo più delle facce annoiate e antipatiche di quella gente del nord che non si smuove da sotto l'ombrellone neanche se arriva l'ariètta con la a aperta come la chiamano loro.
Sarà come sarà, l'altra notte non ce l'ho fatta più e sono sbottata.
Finché c'è stata la musica forte, da discoteca, stranamente ho pure dormito. A svegliarmi, è stata la voce sgraziata, da maschio ottuso, di un tizio secondo me neanche giovane che andava storpiando una canzone di Lucio Dalla, accompagnato da un suo pari impegnato in una sessione di percussioni improvvisate chissà se su una latta enorme di birra.
Fatto sta che mi sono alzata, ebbene sì, semi-nuda, e mi sono diretta alla finestra come una furia. Ho atteso qualche secondo per essere sicura di quanto stessi ascoltando e poi, preso fiato come neanche una cantante lirica, ho urlato: "BASTAAAAAAA!". E ho richiuso la persiana. In tutta risposta mi sono sentita dire: "Perché, non de piace?". E io, con una prontezza elargitami solo dall'esasperazione, di rimando, in italiano pulito, senza inflessioni particolari né soprattutto, vista la situazione, parolacce: "A un certo punto bisogna anche dormire!". E quello, di risposta: "Ah, allora scusa". E me ne sono andata in bagno a fare pipì mezzo assonnata mezzo divertita dalla mia stessa performance. Mio marito il giorno dopo mi ha detto che il cantatore notturno ha borbottato "checcò" d'altro al mio indirizzo, con tono di certo poco signorile. Sia come sia, la serenata degli ubriachi è morta lì, ma io, da quel giorno, ho preso la mia definitiva decisione: finché il dannatissimo chalet resterà aperto dormirò in soggiorno nel divano letto tutto schiantato ma comodissimo, un tempo ubicato nella casa dei miei genitori a Francavilla al Mare. In un certo senso, questo piccolo cambiamento forzato sa di vacanza più delle mattinate nella concessione di mia suocera, tra gente orribile impegnata a sprecare il tempo non sapendone fare tesoro.
Stamattina, comunque, non sono scesa al mare, con la scusa dell'appuntamento su skype che avevo con una persona. Aspettavo, credo, il momento di ritrovarmi qui, da sola, davanti allo schermo per riordinare i pensieri. Dovevo fare spazio, svuotandomi delle parole in eccesso rimaste lì a rotearmi nella testa.
In parte, ci sono riuscita.
Il resto verrà fuori pian piano, come l'autunno dopo l'estate e dopo ancora l'inverno.
Alla faccia di bagnanti antipatici e pizzaioli sgraziati, perciò, sarà bene continuare con la provvista di bagni, di sale e e di sole.
Buon Ferragosto, amici.