giovedì 2 febbraio 2012

Fisica o chimica, il telefilm spagnolo che mi aiuta a guardare al futuro


 Ieri pomeriggio, in preda a una crisi di cervicale provocatami anche dagli esercizi di ginnastica (accidenti alla mia mania di strafare!), ho fatto un po' di shopping.
Vestendomi, ho scelto di tirare fuori dal cassetto la mia camicia di marca "Desigual", coloratissima, mettendoci sopra il maglione giallo senape e ornandomi con gli orecchini a tre pallini rossi, fatti a mano da un'artista locale. Sotto, ci ho abbinato i jeans a zampa di elefante e gli scarponcini vecchissimi ma griffati.
Conciata così (con un po' di trucco, compreso il rossetto Yves Saint Loraint di mia madre), sono entrata in un negozio del centro commerciale e mi sono lasciata abbindolare da una spagnoleggiante commessa con visino furbo. Volevo comprarmi solo un paio di pantaloni, invece sono uscita anche con un vestititino di lana quasi amaranto e un maglione marroncino caldo e luminoso. Più (dimenticavo!) una cinta molto modaiola, di quelle alte, che si mettono sopra i maxi pull per sottolineare i fianchi.
A parte i capelli elettrizzati e l'aria imbarazzata che provo sempre quando mi osservo negli specchi dei negozi, ero molto soddisfatta. Rimirandomi, mi sono vista per un secondo molto simile a Paula (anche se vorrei dire Ruth!), una delle attrici (la piccolina...) che recita in "Fisica o chimica", un telefilm spagnolo che guardo da un mesetto tutti i pomeriggi, ambientato in una scuola d'arte.
Sono perfettamente consapevole che si tratti di roba per adolescenti (se non fosse che la Rai l'ha fatto precedere da un'ipocrita scritta "adatto a un pubblico adulto"... ma perché?), però mi piace. Un sacco, aggiungo.
Perché? Me lo sto chiedendo da un po' e forse oggi ci sono arrivata.
Innanzitutto, perché mi fa pensare a un periodo della vita indimenticabile, in cui tutto deve ancora accadere ma al contempo in cui tutto ciò che accade sembra enorme, anche quando, come si vede nel telefilm, si tratta di cotte passeggere. In più, gli sceneggiatori hanno avuto l'idea intelligente di inserirvi discussioni sull'intolleranza, sull'omofobia, sulla droga, sul sesso e sulla religione. Insomma, le vicende narrate (a parte qualcuna, obiettivamente un po' troppo esagerata) sembrano vere o comunque verosimili.
Interessante è anche il confronto tra le vite degli studenti e quelle dei loro professori, questi ultimi a volte più infantili dei primi. Il prof d'arte, ad esempio, con quegli occhioni neri neri, mi ricorda un mio amico che lo fa nella vita e che, come quello del telefilm, consuma maria... insomma, a turno tutti i personaggi mostrano le loro fragilità o il loro coraggio, sprizzando una vitalità che li rende molto accattivanti.
Mi sono chiesta: ma gli spagnoli saranno tutti così? Perché, se fosse, sarebbe da trasferirsi nel paese dei nostri cugini latini prima possibile.
Ragionandoci su, naturalmente, capisco che sia un'illusione, simile a quella che si prova quando si guarda un film in bianco e nero e si crede che ai tempi davvero tutti indossassero panama e impermeabili alla Bogart.
Eppure, è bello sognare, partecipare alle loro vicissitudini (ma davvero Julio è diventato un naziskin e davvero quel bel faccino di Quino ha fatto voto di castità fino al matrimonio? E la bellissima Irene troverà pace finalmente? E i miei capelli sono proprio uguali a quelli di Clara?).
Addirittura, più di una volta mi sono messa a piangere, giuro! Sarà la menopausa incombente, chi lo sa, fatto sta che mi trasportano lontano e insieme risvegliano la mia parte emozionale, così bisognosa di novità, di colore e sì, anche d'intensità.
Sarà che il presente è difficile e che il futuro non pare promettere molto di buono; comunque sia, guardandoli, sorrido di com'ero un tempo e di come sono diventata. Come sono diventata, direte voi (i pochi che mi leggono)?
A parte la somiglianza attuale con Susanna (dei formaggini), sono diventata fatalista e meno ansiosa (ma sì) e con una gran voglia di prendere in mano davvero le redini della mia vita.
Davvero. Non ho più paura: avrei solo bisogno di una spinta iniziale, da parte di qualcuno che sia disposto a darmi credito, qualcuno che mi aiuti a ributtarmi nel presente. Potrebbe non arrivare mai, lo so bene, ed è per questo che intanto guardo il telefilm: almeno, mi aggrappo a una possibilità di futuro. Un futuro più simile a me e ai miei sogni, se possibile. Lo è? Lo è ancora, nonostante tutto?
Me lo auguro con tutta me stessa.

ps Per favore, caro il mio atteso deus ex machina (maschio o femmina, non importa), potresti indossare qualche bel vestitino spagnolo con calzature adeguate (magari un bel paio di Camper?). Dai, dai... muchas gratias y hasta suerte (?), amigo/a.

3 commenti:

  1. Non è la menopausa (che non è lontanamente alle porte), ma quel sogno di nostalgia che ci frega. Essere quelli che avremmo potuto essere, e non siamo stati mai... Ma qualcosa di quella giovinezza resta in noi, non appassisce e si ostina a mettere sempre nuovi fiori...

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  2. sul fatto che sia ancora così lontana (parlo della menopausa) non si può dire (purtroppo), in ogni caso hai ragione. c'è molto di quello che dici tu e sì, qualche fiore nasce (e cresce) ancora. sotto la coltre bianca di questi giorni, per esempio, già staranno spingendo le prime gemme. la vita continua a piacermi molto, non lo nego.
    Grazie.
    ciao

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I commenti sono moderati: vi ringrazio per la pazienza e per l'affetto. Vostra Madamatap