sabato 1 aprile 2017

Ciclone Montanini: arrivederci a mai più


Sto cercando di fare ordine tra le sensazioni che mi ha provocato lo spettacolo di Giorgio Montanini visto ieri sera nel teatro di Porto San Giorgio.

Ho avuto almeno un paio di volte la tentazione di andarmene via: del resto, Montanini in persona, comico nato a Fermo nel dicembre del 1977, come si legge nella nota biografica sul sito della Rai per il suo programma "Nemico pubblico", aveva esortato a farlo nel caso in cui le sue parole fossero risultate troppo urticanti.

Però non so bene a cosa si riferisse lui, se al cosiddetto turpiloquio (una parola che amava molto la mia mai giovane prof di greco) o al senso di superiorità nei suoi confronti capace obiettivamente di indurre in chi non si scandalizza o finge di non farlo.

Da brava autistica quale sono, se dovessi analizzare passaggio dopo passaggio il suo show, sarei costretta a dargli ragione su tutto.
Sul maschilismo dell'Italia, sui luoghi comuni a proposito dell'esperienza della paternità, sui danni causati da Papa Bergoglio all'anticlericalismo in particolare dei comunisti (ma direi a tutto il mondo radical chic nel quale per molto tempo ho creduto di poter entrare pure io), sul razzismo e la mediocrità della massa e via discorrendo.

Resta però il fatto che ascoltarlo e guardarne il corpo appesantito sulla scena non mi ha dato alcun piacere.
Anzi. Mi ha reso triste e incazzata. O forse l'ordine è alla rovescia.

Alla fine sono rimasta, facendo barchette di carta con i pezzi del biglietto, sovrastata in certi istanti dalla disperazione di essere lì e non da tutt'altra parte.

Sono sicura che abbia fatto tanta gavetta e che meriti di avere una chance, ma alla conclusione buonista sono arrivata solo a chiusura dello spettacolo quando ha ringraziato il pubblico parlando finalmente in italiano (il comico Francesco Capodaglio, con il suo sketch in sangiorgese stretto, mi ha fatto ridere più di lui, detto tra noi).

Mentre lo ascoltavo concionare in vernacolo, mi domandavo se lo stia usando anche nel tour nazionale in cui è impegnato in questo periodo. Per carità: è pieno di gente di palcoscenico che usa il dialetto ed è anche vero che certi concetti passano meglio se espressi nella lingua madre.  

Resta pur sempre il fatto che un intero spettacolo in fermano (ma per me sarebbe stato lo stesso se fosse stato in abruzzese, la mia lingua madre) mi ha dato il colpo di grazia.

Sì. Credo che su tutto quel che più ha ferito la mia idea di bellezza demodé sia la rozzezza modernissima di questo esponente della stand up comedy all'italiana. Si capisce che ha talento e professionalità e non posso negare che abbia qualche ragione a sottolineare l'ipocrisia di chi gli ha chiesto di mettere l'avviso vietato ai minori come sottopancia al suo show, al contrario di quanto capita con politici e portaborse di ogni risma liberi di dire impunemente qualsiasi oscenità.

Però mi sono sentita violentata e stamattina ho pianto come non mi capitava da un po'. Sarà colpa del ciclo o del climaterio incombente (femmina, pure anziana, eh lo so, triste destino nascere in Italia), ma non prevedo di rivederlo a breve.

Ho bisogno di bellezza, lo dicevo prima, e soprattutto di speranza. Cerco ogni giorno di vincere il dolore e la morte concentrandomi sui segnali di vita che vedo intorno a me.
Di sicuro lo farà nel suo privato anche questo comico quarantenne con la figlia e la compagna: per fortuna la realtà non ha mai una sola faccia. E so anche, o comunque lo immagino perché ci sono passata pure io, che perdere un genitore quando sei ancora abbastanza nelle pesti è un colpo piuttosto duro.

Le sue battute ciniche sul cancro ne allevieranno un po' la rabbia.
Solo che l'ha passata a me. 

E questo proprio non glielo posso perdonare.

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