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mercoledì 2 marzo 2016

In viaggio/bis con l'amazzone Loretta Emiri. E le nostre autiste nel cuore

Loretta Emiri firma il suo libro "Amazzone in tempo reale" per le "meninas" di Servigliano

Sono proprio contenta di come sia andata lo scorso lunedì a Servigliano: Loretta Emiri è riuscita a incantare le signore, anzi le meninas, le ragazze alla portoghese maniera, intervenute all'incontro organizzato dall'Università dell'educazione permanente e del tempo ritrovato di Grottazzolina alla Casa della memoria ricavata nella ex bellissima, vecchia stazione della cittadina fermana.
Io pure mi sono guadagnata ben due mazzi di fiori, nonché svariate eccezionali frittelle di mela "dop" preparate da una cortesissima associata. Soprattutto, mi sono sentita accolta e valorizzata. Davvero grazie.

Cos'altro aggiungere?
Questo: stamattina il Corriere Adriatico ha pubblicato buona parte delle righe di resoconto che avevo inviato a Utete e al mio contatto in redazione. E' una piccola cosa, ma anche in questo caso sono lieta che per una volta tutto sia filato senza intoppi.

Mentre guidavo sotto la pioggia battente con Loretta affianco, ho mantenuto una calma lucida che mai avrei immaginato di provare: sembrava quasi che a condurci fossero altri autisti. Altre autiste, di nome Anna Luisa e Ada, le nostri amazzoni generatrici che da qualche tempo ci seguono da un'altra parte.

Non volevo ammetterlo neanche con me stessa, ma era inevitabile che già durante i giorni che hanno preceduto la conferenza di lunedì mi sarei ritrovata ad associare il nostro secondo incontro pubblico al precedente di due anni fa, quando questa seconda o terza fase della mia vita doveva ancora cominciare.

Loretta è stata più diretta di me e ha aperto il suo dialogo con la platea serviglianese proprio partendo dal ricordo di sua mamma. Inevitabilmente ho finito per tirare dentro anche la mia, ma ho cercato di non cedere, almeno non troppo, all'autobiografia per lasciare il doveroso spazio a lei e al suo bel libro Amazzone in tempo reale.

Devo dire, però, che il contesto così caloroso si prestava alla fuoriuscita di emozioni più personali, per cui va bene così.
Ho, peraltro, apprezzato moltissimo il modo in cui Mara Cherubini, la presidentessa dell'Utete, ha presentato l'autrice e la sottoscritta. Avrebbe dovuto pensarci un'altra persona (il bravissimo e impegnatissimo Stefano Bracalente), ma questa mitica donna è riuscita in poco tempo a organizzare un discorso simpatico e vivace. Accidenti che professionista.

La sera di lunedì, ve lo confesso, ero distrutta: si capisce da questi particolari quanto mi sia disabituata a stare in mezzo alla gente.
A distanza di due giorni, sono ancora parzialmente in palla. Ma va benissimo così: ve l'ho detto, è bello e onorevole stancarsi.

Al prossimo massacro, amici.

giovedì 25 febbraio 2016

Servigliano (Fermo) incontra Loretta Emiri, amazzone in tempo reale


A distanza di due anni, eccoci di nuovo qua, cara amica Loretta Emiri, scrittrice e indigenista, madrina, non solo spirituale, degli Indios Yanomami che hai ben conosciuto nei quasi vent'anni trascorsi laggiù al confine tra Brasile e Venezuela.
Lunedì prossimo 29 febbraio, a partire dalle 16, dialogheremo infatti alla Casa della memoria di Servigliano, ed io, esattamente come la volta scorsa, cercherò di sparire dietro alle domande che ti porrò per lasciare spazio al tuo libro Amazzone in tempo reale, ma soprattutto a te, che meriti tutta l'attenzione del caso.

Preparandomi a riparlare della tua ultima fatica stampata, ho scoperto quanti altri tuoi testi circolino sul Web e non solo. Mi dirai, ci dirai, anzi, a noi che verremo ad ascoltarti, quali siano gli elettrizzanti nuovi progetti in cui ti sei lanciata. 

Sei davvero unica, lasciatelo dire: mai conosciuto una donna con una forza e una sensibilità come le tue. Continuo, a tratti, a provare nei tuoi confronti una certa soggezione, perché invece io continuo grandemente a svicolare. 
Hai scritto della paura provata in altre fasi della tua vita per gli eventuali successi che avresti potuto raccogliere, buttandoti. Alla fine, il carattere ha avuto la meglio e l'hai fatto: ed è una gran fortuna per noi che ti abbiamo conosciuto e per chi lo farà in futuro.

Non conosco direttamente le terre degli indigeni d'America da te narrate nei brani che compongono il libro dalla copertina verde riprodotto nella locandina che vedete sopra, ma la tua scrittura vivace e insieme sorprendentemente carsica me le hanno fatte amare.

Sono, devo dirtelo, piuttosto pessimista sul destino della battaglia per la conservazione di quel che resta di territorio, costumi e tradizioni originarie di tutta l'America del Sud (quanto è successo nell'omologa del Nord non lascia ben sperare), ma, al contempo, credo che si debba continuare a lottare, come fai tu anche a distanza, qui in questo enorme e contraddittorio vecchio mondo, scosso dal suo interno da altrettante giustissime rivendicazioni di nuova vita e spazi da parte di altrettanti esodati da casa loro. 

Dici bene: dare voce a chi non ce l'ha è un impegno morale, difficile da mantenere, certo, presi come siamo più o meno tutti dal nostro privato, ma a tratti, pure brevissimi, noi occidentali ce la dobbiamo fare.

Il mio piccolo contributo è, dunque, proprio questo: il post che sto scrivendo e la conversazione che avremo insieme lunedì. E tutte quelle che seguiranno ogni volta che vorrai e si potrà.

A voi che mi leggete, se siete in zona, una preghiera: partecipate numerosi.

Agli amici lontani, se volete scoprire bellezze e tristezze di sconosciuti popoli d'Oltreoceano, nonché la donna eccezionale che ne ha scritto, comprate il libro di Loretta. 
E allargate, come è successo a me, gli orizzonti. 

Grazie all'Università del tempo ritrovato e dell'educazione permanente di Grottazzolina per aver organizzato l'incontro come due anni fa.
Grazie a voi che verrete ad ascoltarci.
Grazie a Loretta, ancora di più.

martedì 4 marzo 2014

In viaggio con Loretta Emiri (e la sua mamma) da Monte Giberto all'Amazzonia!


Che effetto mi fa leggere il mio nome in fondo alla locandina in arancio che vedete qui sopra! Sapete perché?
Perché l'incontro con Loretta Emiri è stato così casuale da farmi pensare che non lo sia stato affatto.
Per il momento mi limito a scrivere solo queste parole. Ciò che più conta, infatti, è che veniate a sentirla parlare, con la sua voce cristallina e la sua prosa asciutta e accurata.

Rimando a dopo il nostro incontro il resoconto di quella che già so sarà un'esperienza indimenticabile: a partire dal viaggetto che ci faremo con la Micra scassata verso Monte Giberto (per i non locali trattasi di un paese in provincia di Fermo).

Non vedo l'ora di avere di nuovo a bordo le due Thelma e Louise di Narni pronte sempre all'avventura... parlo di Loretta e della sua simpaticissima mamma. Io faccio solo la chauffeur (di qui la dicitura "conduce" sulla locandina. Ma potrebbe darsi che farò solo l'aiuto-ch etc etc, se ci dovesse scortare il mio burbero dal cuore d'oro consorte: quanta pazienza ci vuole, eh, Adarella?).

A sabato alle 16, allora: vi aspettiamo!

martedì 17 settembre 2013

Amazzone in tempo reale, una lezione di dignità in forma di libro

Foto di Loretta Emiri, autrice di Amazzone in tempo reale, Livi 2013

Non è facile recensire Amazzone in tempo reale di Loretta Emiri. Pur essendoci conosciute meno di due anni fa, Loretta è infatti diventata una delle mie amiche più importanti: l’ansia da prestazione è così divenuta davvero consistente, soprattutto perché i temi che affronta nel suo libro mi graffiano la pelle più delle unghie dei miei gatti. Per tentare di vincerla, comincio intanto col dire che è solo merito di Loretta se, capitolo dopo capitolo, ho imparato a distinguere i nomi e le abitudini di quel che resta delle popolazioni autoctone del Brasile (e non solo di quest’ultimo), cogliendo in più di un passaggio quanta nostalgia si sia sedimentata nell’anima, negli occhi e nella stessa postura della mia amica dal bell’accento umbro. Dopo circa vent’anni di condivisione sempre più intensa della cosiddetta causa indigenista, Loretta è tornata in Italia, che deve esserle davvero sembrata una prigione, umida (anzi fredda, non solo meteorologicamente) e angusta.
Non si tratta di farsi passare per amici degli ultimi della terra, per un frainteso senso di solidarietà con “chi sta peggio di noi”. Loretta non è tipo da sentimentalismi a buon mercato. La sua apparente durezza (anche nella lingua che adotta) è frutto di una sofferta crescita interiore, di una lucida (fin troppo impietosa) autoanalisi, tipica delle menti più vivaci. La mia amica stana l’ipocrisia come saprebbe fare solo un animale con la sua preda. Una volta che l’ha scovata, si può star certi che ce lo farà sapere. Ci lavorerà su per giorni, per anni, forse, ma prima o poi la sua riflessione si trasformerà in testo scritto, in un “brano”, come definisce lei stessa i capitoli che compongono il libro. Illuminante è, per esempio, la descrizione degli appunti-patchwork dai quali ha tratto l’ultimo brano, il più duro, probabilmente, comunque il più adatto a chiudere la sua originalissima rielaborazione dell’esperienza brasiliana, ricca di aneddoti tratti dalla sua vita di formatrice di insegnanti indios, un incarico che l’ha messa in contatto diretto con diverse realtà: innanzitutto con gli indios, ai quali Loretta dedica le parole più dolci, per via delle molte occasioni in cui le hanno mostrato amicizia, accoglienza semplice e profonda condivisione; poi con i missionari (e le suore), che non sempre descrive con parole accomodanti (tutt’altro, in certi passaggi), per via delle troppe occasioni di mancato incontro non tanto con lei, quanto con gli esponenti delle popolazioni native; infine con i politici brasiliani e in generale i discendenti dei conquistadores, non sempre in grado (per essere diplomatici) di offrire vero supporto alla causa indigenista.
Non sto mettendo le mani avanti, ve l’assicuro, è solo che, man mano che scrivo, capisco ancora di più perché mi fosse difficile stendere una recensione accurata e onesta del libro di Loretta, un’opera essenzialmente autobiografica, cui però si mescola, per forza di cose, la storia con la S maiuscola, riconosciuta tale solo in anni molto recenti, anche grazie all’azione di persone come lei e degli indios dall’autrice medesima resi immortali proprio con i suoi racconti.
Sì, era davvero arduo realizzare una sorta di diario ragionato degli anni presumo più belli della vita vissuti dall’autrice finora (ma essendole amica, ovviamente le auguro di passarne di mille altri di periodi così) e al contempo confrontarsi con la complessità della questione amazzonica, resa ancora più intricata dalla presenza di altri “povirazzi” (alla Montalbano) espulsi da una globalizzazione sempre più aggressiva, la stessa che anche in Europa sta facendo vittime di ogni genere.
Che dire, poi, delle delusioni che sento inevitabilmente anche mie, provocate in Loretta da un mercato editoriale pressoché asfittico, ostile, quasi, alle voci fuori dal coro, coriacee all’editing contemporaneo, capace di promuovere troppo spesso solo storie in serie?
E pensare che, all’apparenza, il libro di Loretta potrebbe attrarre un certo tipo di editoria impegnata, amica dei popoli, sinistrorsa, diciamo così. Come già accennato, però, l’autrice non è capace di fingere, non apparterrà mai ad alcuna parrocchia, né santa né laica. Lo si capisce bene già dal passaggio che riporta nella quarta di copertina, laddove sgombra il campo sul più macroscopico degli equivoci in cui noi occidentali cadiamo quando parliamo di Amazzonia (e anche di Africa, aggiungerei). Tutelarne la sussistenza non coincide affatto con la salvaguardia del “polmone verde del mondo”, una definizione che mai verrebbe in mente agli Indios. Se questi ultimi vogliono difendere l'Amazzonia, infatti, non lo fanno di certo per ragioni ecologiste. Semmai per ragioni ecologiche, nel senso primigenio del termine: se sparisce la foresta, ci dicono gli indios da anni, spariamo noi. Il che significa la fine di un modo diverso, non alternativo nel senso che l’aggettivo ha assunto durante l’era hippy, di vivere. Se cancellate l’Amazzonia, gridano come possono, cesserà per sempre un modo differente di stare al mondo, al quale stiamo già rinunciando, pezzo dopo pezzo, per via dell’ormai non più cancellabile contatto con voi bianchi.
Tra gli esempi di contaminazione già in atto, in particolare, Loretta si sofferma sul rimpicciolimento di alcuni oggetti di artigianato cosiddetto etnico per dare agli occidentali che li acquistano la possibilità di trasportarli più agevolmente.
Di per sé, a mio avviso, i contatti tra i popoli sono sempre arricchenti, ma diventano di altra natura quando non c’è equilibrio tra le parti.
I piccoli fanno sempre grande fatica a cavarsela. Posso ben dirlo io, dall’alto dei miei 152 centimetri.
Allo stesso tempo, i piccoli possono comunque creare qualche ostacolo, con il cervello, il cuore e le parole. Questo, certo, finché non si passa sul piano della forza fisica.
Fino a quel giorno, però, non si potrà fare a meno di lottare, mostrando con il proprio stesso stare al mondo una dignità da giganti.
E Loretta è un vero e proprio Golem di dignità, in ogni cosa che fa.
A lei, il mio più sentito grazie.
A voi, che di certo adesso acquisterete il suo libro, buona lettura.