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mercoledì 16 luglio 2014

Joe Cocker e il presente da vivere. Con amore




Mi è tornato in mente un episodio del liceo, direi anche inevitabilmente, visti gli incontri di quest'ultimo periodo.
Dovevo essere in quarta ginnasio, al massimo in quinta. L'anno dopo, infatti, ero già entrata in una fase diversa della mia adolescenza, un tantino più complicata. Ma neanche tanto (all'università compravo le sigarette e poi le regalavo, figuratevi un po' che giovinezza trasgressiva ho avuto).

E insomma: sul diario avevo trascritto la traduzione di una canzone di Nikka Costa, della quale ho già parlato qualche tempo fa.
Perché ci ho pensato? Per via della canzone che vedete sopra e dello studio dell'inglese che sto tentando di non mollare.

Si tratta in questo caso di Joe Cocker in "You don't need a million dollar", non ti serve un milione di dollari, che ignoro se sia una cover di qualche pezzo più vecchio o un brano scritto per il grande interprete inglese per l'album che lo contiene, uscito, se non vado errata, un paio d'anni fa.

L'ho ascoltata, insieme alle altre del cd, un sacco di volte: ne ho le versioni mp3 sulla mia scassata pennetta (leggi, chiavetta) usb, che uso spesso quando viaggio e quando cammino per raggiungere mio zio al percorso salute del Campus di Chieti.

Mi piace moltissimo la pronuncia di Joe Cocker: secondo me, per capire bene come si aspira il "th", basta sentirlo cantare.
Detto ciò, a un certo punto, durante il ricovero di mia mamma, ho cominciato ad ascoltare con attenzione il testo della canzone di cui sopra.
Non credo sia per forza il dialogo tra un lui e una lei: volendo potrebbe essere anche quello tra un genitore e un figlio. O comunque io ce l'ho voluto vedere per le ragioni che sapete.

Oggi come circa trent'anni fa (poco meno, ma comunque una vita fa), vi trascrivo la traduzione di una canzone. Come dico spesso, il carattere non si cambia.
Scusatemi se non sarà perfetta (sono tuttora ancorata al livello intermedio superiore), ma a me la perfezione sta un po' sulle balle (ottimo alibi).
E in ogni caso, poi ascoltatela. Merita, soprattutto per il crescendo finale.

Non hai bisogno di un milione di dollari
per svegliarti nudo la mattina
e per sorriderci a vicenda mentre condividiamo una tazza di caffè

non hai bisogno di essere una star del cinema
per vedere il cielo di notte sul tuo soffitto
buttami un barattolo di vernice e ci dipingeremo insieme un po' di stelle

non hai bisogno di sciogliere tutti i tuoi problemi come cioccolatini 
sul tuo sedile da passeggero
di un treno in un'afosa giornata d'agosto

Hai tutto
hai davvero tutto ciò 
di cui hai bisogno
proprio adesso, proprio ora

Hai tutto
hai davvero tutto ciò 
di cui hai bisogno
proprio adesso, proprio ora
con me

Se potessi vedere come ti invidiano
mentre passi con i tuoi stivali da cowboy
che hai scovato tra un mucchio a un dollaro al mercato delle pulci (letteralmente: la terra dei rifiuti, wasteland)

Se tu potessi vedere quello che vedo io
come una sfera di cristallo nei tuoi occhi blu
chiedimi del nostro futuro e di ogni cosa che abbiamo sognato insieme

non hai bisogno di sciogliere tutti i tuoi problemi come cioccolatini 
sul tuo sedile da passeggero
di un treno in un'afosa giornata d'agosto

Hai tutto
hai davvero tutto ciò 
di cui hai bisogno
proprio adesso, proprio ora
con me

Non hai bisogno di un milione di dollari
per gettare via la tua testa tra le risate
per dirti che tutto andrà bene
proprio bene
Davvero, non c'è problema, sorprendente, ogni momento è il momento

Puoi scegliere come sentirti
tu decidi che cosa è reale, tu puoi vivere il più vero degli amori
puoi essere la star del tuo film
puoi scrivere questa canzone e cantarla tu a me
Puoi vedere che il mondo non è niente se non ami
Puoi vedere che il mondo non è niente se non ami
Puoi vedere che il mondo non è niente se non ami
Amore, amore, amore

Perché tu hai tutto 
ciò di cui hai bisogno
davvero tutto ciò
di cui hai bisogno
proprio qui, proprio ora, con me
proprio qui, proprio ora, con me.


Mi piace chi invita a vivere il presente, con consapevolezza. E amore.
Non è facile, ma penso ancora, nonostante tutto, che sia l'unica strada possibile.
Per ciascuno di noi.
Buoni giorni d'estate a tutti. 

venerdì 15 febbraio 2013

Nikka Costa e il senso della vita



Di recente ho fatto una permanente leggera per contrastare l'effetto capello-spiaccicato che inevitabilmente si ripropone ogni volta che la poco folta chioma si allunga un po'.
Il risultato? Stamattina, guardandomi allo specchio, tolte - naturalmente - le rughe e l'abbigliamento da casalinga di Voghera (niente a che vedere con le desperate housewives Usa, tanto per capirci), sembravo Nikka Costa. E non la Nikka di oggi, classe 1972, bensì quella che ho conosciuto ai tempi del suo album con il papà Don Costa che, a pensarci oggi, deve essere stato un bel  mostro.
Ieri pomeriggio ho visto un pezzetto del concerto che la povera bambina di un tempo fece con il padre all'arena di Verona. Aveva lo sguardo terrorizzato, da bambolesca creatura costretta a un gioco troppo più grande di lei. Non so nulla di come Nikka sia cresciuta né se poi sia riuscita a cavarsela "on her own". Però lo sguardo triste che esibiva al programma di Carlo Conti, quello in cui ripescano i relitti del passato con una crudeltà e un cinismo per me insopportabile, non mi pareva finto.
Sia come sia, la sua (si fa per dire) sosia chietina è cresciuta anche (non solo, per fortuna) con le canzoni di Nikka. In particolare, ho cominciato ad apprezzarle particolarmente quando sono stata anche in grado di comprenderne i testi che, ovviamente, avevo già imparato a memoria anni prima. E sì, perché essendo una ultraquarantenne, basta farsi un po' di conti: ho cominciato a studiare Inglese in quarta ginnasio, quindi diversi anni dopo aver ascoltato per la prima volta l'LP di Nikka, di cui ricordavo alla perfezione tutte le foto e le espressioni del volto. A pensarci bene, oltre alle sue canzoni, sapevo perfettamente anche Eye of the tiger dei Survivor. E vabbè.
Veniamo al punto.
Da poco (come ho già scritto) ho ripreso a studiare Inglese con molto entusiasmo: giusto ieri, influenzata inconsciamente dal clima sanremese, mi sono messa a pensare alle canzoni che conosco a memoria per esercitarmi sulla pronuncia. Ed è così che mi si è riproposta la più famosa interpretazione di Nikka, cioè On my own. Il testo riflette tutta la retorica a stelle e strisce del sapersela cavare da soli, del self-made man (woman) e tutto il resto, però la musica stra-pop e la voce infantile della ex bambina americana mi danno ancora adesso i brividi. E mi fanno pensare che sì, l'unico modo per scuotersi da dolori e altre ambasce è uscire "da qui" e occuparsi di se stessi in piena autonomia.
Detto in altri termini, la canzone di Nikka ha influenzato la mia personalità molto più di quanto voglia riconoscere persino adesso che ne sto parlando.
C'è però un secondo brano che sento - ancora più fortemente - mio.
Si tratta di It's your dream, che avevo trascritto sul mio diario, azzardandone anche una traduzione personale.
Adesso non sto qui a riproporvela, ma voglio sottolinearne (forse per archiviarla per sempre nel mio cuore) la frase finale: "Cause you're never gonna pass this way again. No, you're never gonna pass this way again".
Non posso farci nulla: l'ho risentita e... indovinate un po'? Ho pianto. E certo. Come potevo esimermi?
A riascoltarla tutta, ne capisco oggi più che mai le ragioni.
Anche in questo caso, il testo incarna alla perfezione la retorica americana del farsi-tutti-da soli. Ma la canzone dice qualcosa in più, e cioè: se hai un sogno, cerca di realizzarlo. Non lasciare che le paure ti blocchino e anche se cadi rialzati e vai avanti. Perché se non lo fai adesso che ne hai l'occasione, non potrai farlo mai più. In breve, il buon vecchio adagio "ogni lasciata è persa", nato sul più dotto stra-citato, "carpe diem".
A quattordici-quindici anni la pensavo così, esattamente come oggi. Mi domando, certo, se l'essere già così tanto consapevole dell'esistenza dei fallimenti e della sofferenza non mi abbiano condizionato anche in negativo. Chissà che non abbia avuto troppa paura di riuscire in qualcosa al punto da non avvicinarmi mai troppo al "successo". Non so rispondere, perché forse una risposta univoca non c'è.
In ogni caso, nel complesso non mi dispiaccio (oh, Nikka Costa era una bambina molto carina....), ma mi stupisce sempre quando realizzo di non essere per nulla cambiata negli anni. Sto parlando del carattere, delle illusioni e dei sogni (per l'appunto), sempre quelli nonostante il tempo volato via davvero in un soffio.
La mia nonna materna me lo diceva spesso, guardando il paesaggio montano oltre le finestre della sua grande casa: "Dopo una certa età gli anni cominciano a scorrere più in fretta". Non riusciva a credere di aver superato i settant'anni (ai tempi dormivo spesso da lei, spedita da mia mamma che non voleva che restasse sola la notte). E, considerato il suo animo poetico e sognatore, oggi lo capisco più che mai.
Se ho scelto di presentarmi con la fotografia di me piccolina e se di recente ho ritirato fuori quel bellissimo primo piano di una me treenne al mare, è perché, evidentemente, anch'io non vivo molto nel presente. O forse no. Forse ho solo bisogno di fare il punto, di  ritrovarmi, di rivedermi per poter andare avanti lungo quella via che non potrò percorrere mai più una seconda volta.
Sì, penso sia questa la ragione del mio continuo, urgente, bisogno di amarcord.
In tutti i casi, dedico questa canzone a tutte le cercatrici di sogno, le Nikka Costa della mia generazione, sperando che ne abbiate realizzato almeno qualcuno. Buona vita a tutte.