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lunedì 2 giugno 2014

Medici e ipocriti vari, alienamente e francamente: andate a...



Sono sveglia dalle sei per via della caldaia che non smetteva mai di rombare. Non riuscivo a spiegarmi come mai, visto che nessuno di noi stava usando l'acqua calda, finché mio padre non mi ha fornito una delucidazione razionale: la caldaia è collegata all'autoclave del palazzo, per cui si mette in funzione ogni volta che qualcuno usa quest'ultima. Di mattinieri è pieno il condominio, oltre che il mondo intero, evidentemente.
Io però particolarmente abituata ad alzarmi all'alba non lo sono e infatti sto come uno straccio. A dirla bene, ho avuto anche una bella epistassi nasale di quelle che non mi capitavano da un pezzo. Ma tant'è: sono giornate piuttosto pesanti (strazianti e stranianti) per cui un po' di sangue non ci stava male.

Scrivo per tenere a bada l'ansia: non mi capitava da un pezzo di cimentarmi nella più pura scrittura terapeutica. Sono tornata in un battibaleno alle origini, solo che una volta i miei diari erano cartacei e privatissimi.
Stamattina ho scritto una lettera a mia madre e poi l'ho registrata. Vorrei fargliela ascoltare, possibilmente mentre dorme.
Ieri sera la caposala mi ha trattato un po' male, con una dose per me troppo massiccia di acidità, ma io non ho reagito. Mi sono solo mortificata. Per me e per la mia mamma.

Non ditemi che bisogna avere pazienza, perché lo so da sola. Non ditemi che debbo accettare le strette di mano di medici che vengono a studiare il caso clinico, con formale comprensione.
Non ditemi che devo rassegnarmi alla rassegnazione altrui.
A quella del fratello di mio padre che voleva erudirci sulle reali condizioni di sua cognata, ritenendoci troppo inconsapevoli e speranzosi.
Sapete qual è la frase che mi viene in mente più spesso in questi giorni?
Andate a cagare. Alla milanese, ebbene sì. Non ne avrei alcun motivo, viste le mie origini, ma mi esce quella g al posto della g, come in Ecce Bombo.

Andate a cagare parenti accessori, ma soprattutto andate a cagare medici e infermieri che ci guardate come degli alieni.
Io sono un'aliena per voi, ma voi lo siete per me.
Il male dentro mia madre è ancora più alieno, ma abbiamo dovuto, ci stiamo facendo i conti, molto più di quanto riusciate a capire ascoltando le nostre domande che vi sembrano tanto strane.
Perché non dovremmo chiedervi spiegazioni sulle cure, perché non dovremmo chiamarvi per chiedervi una mano per sistemarla meglio sul letto? Perché non ci lasciate in pace accanto a lei?
Che regole sono queste che impediscono ai familiari più stretti di restare vicino a una persona che voi per primi date per spacciata? Come vi permettete di guardarci con condiscendenza? Vorrei vedere voi, vorrei vedere se fosse vostra madre, vostro figlio.

Oggi non ce l'ho con il mondo brutto e cattivo che non mi ama, ma ho solo bisogno di tirar fuori una sofferenza che vorrebbe sovrastarmi ma che invece devo controllare. Per mia madre, che mi ha insegnato come si fa, innanzitutto, e per mio padre, fortissimo più di quanto avrei mai immaginato.

Non sono riuscita a fingere molto con i miei nipoti, ma ho visto come sono sensibili e intelligenti, c'è buon sangue nelle loro vene.
Tra poco, infatti, smetto di vergare le mie inutili memorie e vado a preparare il pranzo. Fortuna che ci sono le cose pratiche. Come mi riesce bene nascondermi dietro la lavatrice da stendere.

Stasera le porto la mia letterina registrata. Non spero di ricevere nulla in cambio, ma ho fatto giusto in tempo a dirle, qualche giorno fa, quanto sia importante per me. Volevo ribadirglielo un altro po'.
C'è un solo aspetto positivo in tutta questa vicenda: sono caduti un sacco di veli. E credo ne cadranno ancora.
La franchezza è la prima regola della mia vita.
E lo sarà sempre di più fino all'ultimo respiro.