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martedì 14 marzo 2017

Sì al crowdfunding per Mise en Abyme!



Non mi piace auto-promuovermi (sono la donna anti-marketing per eccellenza), ma in questo caso lo faccio per una buona causa.
Ho scritto l'articolo che vedete sopra per aiutare i due giovani miei concittadini espatriati a completare la raccolta fondi online per lanciare il cortometraggio intitolato - misteriosamente e fascinosamente - Mise en Abyme.

Sono rimasta molto colpita innanzitutto dalla combattività e dall'entusiasmo del regista Edoardo Smerilli e del suo coproduttore nonché amico d'infanzia Riccardo Gaspari. Fossi stata così io a venticinque anni avrei spaccato il mondo. O forse no. Ma questa è un'altra storia.

Ho però deciso di ripubblicare qui il testo originale del pezzo per dare la possibilità a chi vorrà sostenerli di andare direttamente da qui sul link della loro campagna. C'è tempo fino al 31 marzo per portarla a termine (e, magari, superarne il limite minimo).
Coraggio: sosteniamoli tutti. Se lo meritano. E noi ci meritiamo di andarli a vedere al cinema!

Surreale e super-tecnologica è la farfalla protagonista di "Mise en Abyme", il cortometraggio del venticinquenne sangiorgese Edoardo Smerilli, volato a Praga per un master in sceneggiatura in una prestigiosa scuola di cinema (la Famu), dopo la laurea al Dams di Bologna. Per poterne apprezzare le oniriche evoluzioni e scendere nell'abisso con il protagonista del film, serve un ulteriore sforzo economico da parte di tutti, volendo anche dei concittadini del giovanissimo regista. Smerilli ha infatti attivato una campagna di raccolta fondi online - meglio nota come crowdfunding - per raggranellare gli ultimi ottomila euro che gli serviranno per ultimare la costosa post-produzione. Per seguirne l'evoluzione (e dare il proprio contributo) basterà cliccare su Mise en Abyme. <<Siamo già arrivati al 70% della raccolta: c'è tempo fino al 31 marzo per completarla>>, precisa Riccardo Gaspari, l'altro venticinquenne sangiorgese coinvolto nell'avventura di Smerilli, manager a Dubai per un'azienda tedesca di e-commerce. <<Amo il cinema e sono molto amico di Edoardo, così ho deciso di mettere a disposizione le mie competenze universitarie e lavorative per aiutarlo a realizzare il suo progetto>>, precisa Riccardo. Chiaro che il sogno di entrambi è di andare ben oltre l'obiettivo minimo fissato dal crowdfunding: <<Con quegli ottomila euro le sette-otto persone impegnate nella post-produzione prenderanno giusto qualcosa di simbolico>>, sottolinea a sua volta Edoardo, che non riesce a spiegarsi come mai in Italia siano ancora così poche le persone che fanno ricorso alle campagne online di raccolta fondi. <<Nella mia scuola di Praga siamo stati selezionati in venti: quasi tutti hanno usato il crowdfunding per i loro progetti>>. Sulla stessa lunghezza d'onda è Riccardo, che parla di <<start-up>> partite proprio con questa via, oltre che di <<campagne che hanno raggiunto anche il doppio di quello che avevano chiesto>>. Se accadesse così anche a Mise en Abyme, ammettono i due ragazzi, <<potremmo andare oltre il cortometraggio>>. Tutti e due, in ogni caso, restano saldamente ancorati a terra quando spiegano che cosa si andrà a finanziare con il denaro raccolto: oltre a quello per le risorse umane coinvolte e per avviare una strategia di distribuzione <<efficace e pervasiva, ciò che ci manca sono i finanziamenti per le render farm>>, scrivono nella pagina Web della loro campagna. Più nel dettaglio, Edoardo precisa che con quel denaro sarà possibile <<processare e rendere realistici>> tutti i dettagli della città vista dall'alto costruita totalmente in 3D, come la farfalla blu che dà il via alla storia: <<Render farm significa letteralmente 'fattoria per processare', ossia veri e propri palazzi pieni di computer impegnati a restituirci tutti i particolari della città>>, aggiunge il regista. Un lavoro enorme, insomma, che Edoardo e il suo team complessivo di una trentina di persone, comprese le società Maxman Soc. Coop e Bloomik Creative & Post Production Studio, che stanno partecipando alla post-produzione, hanno avviato quasi un anno fa e che si spera li porterà a debuttare nei festival del cinema più importanti. <<Fino a quel momento non possiamo mostrare nulla del film, anche se i feedback che ci sono arrivati anche via Facebook su quel che abbiamo potuto diffondere sono tutti positivi>>, racconta Edoardo, convinto, tanto quanto Riccardo, di aver fatto un grande lavoro, dalla sceneggiatura (ispirata a una novella di Philip K. Dick) alla tecnologia: <<La nostra - concludono - è sicuramente una novità interessante nel mondo dei cortometraggi, in Italia e all'estero>>.


martedì 31 gennaio 2012

Muccino e il masochismo

Diceva il saggio che bisogna piangere solo se stessi quando si è causa del proprio mal.
Non esiste frase più appropriata di questa per commentare le due inutili ore che ho trascorso ieri sera davanti alla tv, a guardare che cosa? "Ricordati di me". E dire che ormai, in certi ambienti, quelli più radical-snob, si usa proprio citare i film di Muccino per descrivere situazioni inverosimili o surreali riferite, naturalmente, sempre a qualcun altro. Perché nella nostra vita quotidiana, consideriamo, quando mai ci sono capitati fatti anche solo lontanamente simili a quelli rappresentati sullo schermo?
Quel che mi fa più tristezza, però, è che temo che da qualche parte, al contrario di quanto sosteniamo noi, "fini intellettuali" (veri) proletari, vicende similari a quelle raccontate dal nostro italico regista, succedano davvero.
Sì, perché le famiglie con madre e padre professionisti, una bella casa e figli adolescenti dall'encefalogramma piatto, esistono sul serio. Esistono ancora. Altrimenti, non si spiegherebbero neanche "Un posto al sole" o il redivivo "CentoVetrine", quest'ultimo in particolare capace di farmi sganasciare dalle risate per quanto è brutto. E però, le soap opera non hanno la pretesa di proporsi come cinema d'autore e hanno il pregio della brevità, un elemento che rende davvero spassosi i pochi minuti che ogni tanto trascorro nell'annotare per l'ennesima volta l'improponibilità delle loro sceneggiature e le canidiche interpretazioni.
Nel caso di Muccino, invece, quel che mi turba è che lo si spacci per buon cinema italiano. "Il" buon cinema nazionale, anzi.
Ora, siccome so di essere tremendamente selettiva, per una volta, devo essermi detta, proviamo a vedercelo questo Muccino (lì per lì pensavo fosse Virzì, a dirla tutta): magari mi ricredo. Magari mi convinco anch'io che sì, Muccino è davvero un grande e io sono la solita rompipalle altezzosa.
Il risultato? Sono andata a dormire con un fastidio in tutto il corpo e pure con una leggera nausea.
Mi sono ricordata di quando, da ragazzina, ho passato qualche tempo a leggermi un racconto d'amore su "Intimità della famiglia", una rivista che circolava a casa mia, quando mia madre aveva, credo, all'incirca l'età che ho io adesso. Era terribile, anche se adesso non rammento più di che cosa trattasse. Ho solo ancora nella memoria quel certo abbrutimento che si prova quando si passa del tempo in un'attività oziosamente dannosa.
Ecco. Ieri sera mi è successo qualcosa del genere. E pensare che avevo un bel libro da leggere, magari cullata da un piacevole sottofondo musicale. Da dove viene tanto masochismo? E' anch'esso un retaggio dell'educazione cattolica che a volte mi appesantisce passo e pensieri? Chi lo sa.
Se però ho deciso di fissare questi rovelli sulla carta, è proprio per cercare un antidoto alla mia connaturata tendenza a farmi del male.
Meglio, di gran lunga, qualunque telefilm americano (ma pure una fiction tedesca, all'occorrenza) di un "buon film" italiano. Se poi, per pura casualità, dovessi incapparne in uno decente, non mancherò di riportarlo.
Ma per il momento, direi che ho già dato.