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venerdì 30 maggio 2014

Sulla dottoressa anti-badanti: le doverose aggiunte



Fermo avrà tanti difetti, ma non posso negare che la vista da quassù mi abbia un pochino rinfrancato, insieme (ovvio) a mio marito e ai nostri gatti. Questi ultimi, in verità, mi hanno un tantino scansato, visto che non mi vedevano da molti giorni. Ma alla fine sono riuscita ad acchiapparli e a spupazzarmeli qualche minuto.
Adesso abbiamo il tuttofare che lavora in bagno, per cui sono fuggiti di nuovo. Sono molto rassicuranti nella loro totale asocialità.
Volevo tornare giusto un attimo sulla testimonianza trascritta ieri che ha suscitato qualche rimbrotto da parte da qualcuno.

Come ho scritto su Facebook in risposta (in particolare) alla mia amica Silvina, non avevo alcuna intenzione di generalizzare l'esperienza vissuta dalla dottoressa di mia madre, ma solo di fissare a futura memoria un discorso che aveva più di qualche fondamento. E che non annulla affatto quanto ho scritto qualche giorno fa sulla badante di mia mamma, una signora albanese di grande forza e intelligenza.
Ho però tralasciato qualche dettaglio importante.

Innanzitutto, la conclusione amarissima cui la medesima (assai urticante) dottoressa è giunta: Quando ero giovane - considerava - ai tempi del Pci, lottavamo perché tutti fossero uguali. Ho capito nel tempo che non solo non lo siamo affatto, ma che in verità non è neanche giusto che si venga tutti giudicati allo stesso modo. Da medico, considerati tutti i sacrifici che ho fatto e faccio, dovrei essere pagata miliardi, e invece se ho qualcosa è solo perché ci hanno pensato i miei genitori a darmi una mano, mentre gente che non ha studiato, ma ha pensato solo a far soldi, adesso si permette anche di darmi lezioni di vita. Ma avevano ragione loro: studiare non conviene. Dal tutti uguali siamo arrivati all'esatto rovescio: adesso chi studia e si fa il mazzo, è destinato a essere considerato zero. Per questo, adesso, quando sento le storie di queste donne che arrivano da paesi più poveri non mi commuovo più.

Ripeto: sono parole non mie, ma che mi hanno fatto molto riflettere.
Io neanche mi sono commossa ascoltando Ina, però ho provato rispetto nei suoi confronti.
Vorrei tuttavia che anche lei, o chi per lei, provasse rispetto per me, cosa che invece, troppo spesso, non succede. E sapete perché?
Perché sono povera, ma di una strana forma. Sono una povera di ritorno che ha commesso tanti errori, certo, ma ha sempre sudato tutto quel che ha fatto. Ma siccome non urlo, non sgomito, non sentenzio, non conto un accidente. Neanche per i troppi finti amici che a parole mi stanno vicini, ma che in verità se ne fottono di me e della mia storia. E vi giuro che parlo con cognizione di causa. Mi sono semplicemente svegliata, il principe azzurro è finalmente arrivato a baciarmi la fronte.

Aggiungo di essere una povera fortunata, certo, ma come mi ha giustamente detto Ina ieri sera, sono una persona onesta come lo sono i miei genitori: "le radici buone danno frutti buoni", ha considerato, e poi ha aggiunto, nella sua saggezza popolare, "che sono le persone migliori a subire le peggiori sofferenze".
E adesso non sto certo parlando di me.

Insomma: non si può generalizzare né in un senso né in un altro, ma finché non vedrò un reale e concreto segnale di cambiamento in chi oggi è nelle stanze dei bottoni, non farò più sconti a nessuno.
Come ho scritto sempre su Facebook, non confondiamo la bontà e la generosità con il buonismo, il vero male italiano (italiota): non scambiamo gesti concreti di apertura e accoglienza profonda con i proclami del nuovo politico in auge. Teniamo orecchie e cervello teso e ascoltiamo, veramente, gli altri.

E comunque grazie a chi mi ha letto.
E' sempre un onore.