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mercoledì 4 giugno 2014

Spiacevolezze di corsia e scrittura come pratica Zen



La mamma dorme, chissà se è davvero tranquilla come ci sembra a noi che la guardiamo da oltre la sponda di ferro.
Ero lì accanto a lei quando ho ricevuto una ben strana telefonata. "Te lo dico con molta vergonia, ma sai, ho familia. In ospedale prendo molto di più di solito, basta che chiedi, loro mi conoscono. Voi ringraziando dio non lo sapevate perché non avevate mai avuto malati in familia, ma insoma, vorrei... e sono pasate già sue setimane, ho calcolato pure per i giorni pasati".
Cosa? Ci stai chiedendo di più da un giorno (neanche, un'ora) all'altro, a distanza di due settimane dal ricovero, e oltretutto vuoi pure gli arretrati?

Non so come ho fatto a resistere, o meglio, se l'ho fatto l'ho fatto solo per due ragioni: la più importante, la mamma addormentata affianco a me, la seconda, di pari valore, il rispetto nei confronti del grande sale in zucca di mio padre, al quale non mi è restato che riferire la conversazione veramente spiacevole intercorsa tra me e quella persona che avevo tanto giudicato bene perche si arrivasse a una salomonica soluzione. Se fosse stato per me, da ieri sera stessa avrei cominciato a fare io stessa le notti inospedale, ma il pater familias continua a proteggere i suoi cuccioli e date le circostanze sono in fondo contenta che lo faccia.

E dire che sono stata anche accusata (fuori dai denti) di stare troppo generalizzando per quanto ho scritto due post fa. E io che ero stata anche così idiota da non capire bene chi avevo di fronte. Sono abbastanza sicura che sia finita qua, ma davvero, spero che sia così per il bene di tutti.

Un'oretta circa dopo la simpatica chiacchierata, ho saputo dai medici gli ultimi aggiornamenti.
Anche in questo caso ho resistito alla tentazione di fare un'altra scena madre giusto perché ho trovato il modo di sfogarmi qui sul blog, ma sto meditando vendette da consumare a freddo, quando avrò recuperato tutta la lucidità necessaria per rompere veramente i coglioni. E scusate la brutta (e bruta) parola.

"Ve lo abbiamo detto venti volte com'è la situazione, è una malata terminale". Etc etc. Tutto questo lungo il corridoio, a voce alta come al mercato, davanti a vari testimoni, tra cui i due giovani specializzandi (femmina e maschio) che un attimo prima, con ben altro tono, mi avevano dato la mazzata. Non avrei dovuto parlare anche con questa zoccola truccata e potente, ma siccome il giovane maschio mi aveva comunque suggerito di sentire direttamente la dottoressa a capo del reparto in quel momento, io mi sono rivolta anche a lei.

L'ho guardata con il corpo fremente e non ho lasciato che andasse oltre. Mi sono limitata a dirle un "ok, grazie" e a guadagnare l'uscita il più velocemente possibile. Lì ho riferito la notizia a mio padre e agli altri parenti che tutti i giorni trascorrono innumerevoli ore nell'atrio del reparto o nella stanzetta interna. A turno si sono fatti cacciare, ci siamo fatti cacciare tutti, ma i rimbrotti per il nostro eccessivo affollamento non possono di certo fermarci.
Personalmente mi blocca solo la maleducazione e il sopruso
Adesso è andata mia sorella, tra poco la raggiungo. 
Tra noi neanche uno screzio, giusto qualche differenza nel modo di trattare medici, infermieri. E anche la mamma. Linda le parla molto, io la accarezzo, le lavo la faccia e poi ieri le ho fatto sentire la mia lettera. E la musica di Paolo.

Ci vogliamo un gran bene, ce ne siamo sempre voluti tantissimo. E questo è ciò che conta di più al netto di tutto il resto, che vorrei tagliare fuori.
Ma la vita ti chiama e soprattutto la merda che la contorna.
In questo momento la scrittura è per me una forma di meditazione Zen, spero funzioni.

Ieri sera è tornata la dottoressa di mia mamma, che l'ha accarezzata tutto il tempo. Per puro caso ha saputo dell'evoluzione dei rapporti tra noi e la badante albanese. Ha ripetuto anche a Linda quello che già sapevo e scritto. "Più fanno le moine - ha aggiunto un po' scherzosamente - più me ne tengo alla larga. Vostra madre ha visto tutto, ve l'avrebbe confermato". L'ha fatto anche l'altro giorno annuendo con gravità, cara Marilena. Se sapesse della contrattazione sulla sua buonuscita (ma vai a cagare, bello grosso), di sicuro la caccerebbe a pedate, ho considerato io. 
"E il bello - ha proseguito - è che poi vanno a fare le marce per la pace, ma ce ne fosse uno di loro che si prende una badante in casa. No, no: con me hanno chiuso".

Di gente buona ce n'è, tra gli italiani e gli stranieri, abbiamo considerato entrambe, ma per piacere, apriamo gli occhi. Io per prima. Il buonismo fa più danni della cattiveria.
E adesso andiamo oltre. Per davvero. 

venerdì 30 maggio 2014

Sulla dottoressa anti-badanti: le doverose aggiunte



Fermo avrà tanti difetti, ma non posso negare che la vista da quassù mi abbia un pochino rinfrancato, insieme (ovvio) a mio marito e ai nostri gatti. Questi ultimi, in verità, mi hanno un tantino scansato, visto che non mi vedevano da molti giorni. Ma alla fine sono riuscita ad acchiapparli e a spupazzarmeli qualche minuto.
Adesso abbiamo il tuttofare che lavora in bagno, per cui sono fuggiti di nuovo. Sono molto rassicuranti nella loro totale asocialità.
Volevo tornare giusto un attimo sulla testimonianza trascritta ieri che ha suscitato qualche rimbrotto da parte da qualcuno.

Come ho scritto su Facebook in risposta (in particolare) alla mia amica Silvina, non avevo alcuna intenzione di generalizzare l'esperienza vissuta dalla dottoressa di mia madre, ma solo di fissare a futura memoria un discorso che aveva più di qualche fondamento. E che non annulla affatto quanto ho scritto qualche giorno fa sulla badante di mia mamma, una signora albanese di grande forza e intelligenza.
Ho però tralasciato qualche dettaglio importante.

Innanzitutto, la conclusione amarissima cui la medesima (assai urticante) dottoressa è giunta: Quando ero giovane - considerava - ai tempi del Pci, lottavamo perché tutti fossero uguali. Ho capito nel tempo che non solo non lo siamo affatto, ma che in verità non è neanche giusto che si venga tutti giudicati allo stesso modo. Da medico, considerati tutti i sacrifici che ho fatto e faccio, dovrei essere pagata miliardi, e invece se ho qualcosa è solo perché ci hanno pensato i miei genitori a darmi una mano, mentre gente che non ha studiato, ma ha pensato solo a far soldi, adesso si permette anche di darmi lezioni di vita. Ma avevano ragione loro: studiare non conviene. Dal tutti uguali siamo arrivati all'esatto rovescio: adesso chi studia e si fa il mazzo, è destinato a essere considerato zero. Per questo, adesso, quando sento le storie di queste donne che arrivano da paesi più poveri non mi commuovo più.

Ripeto: sono parole non mie, ma che mi hanno fatto molto riflettere.
Io neanche mi sono commossa ascoltando Ina, però ho provato rispetto nei suoi confronti.
Vorrei tuttavia che anche lei, o chi per lei, provasse rispetto per me, cosa che invece, troppo spesso, non succede. E sapete perché?
Perché sono povera, ma di una strana forma. Sono una povera di ritorno che ha commesso tanti errori, certo, ma ha sempre sudato tutto quel che ha fatto. Ma siccome non urlo, non sgomito, non sentenzio, non conto un accidente. Neanche per i troppi finti amici che a parole mi stanno vicini, ma che in verità se ne fottono di me e della mia storia. E vi giuro che parlo con cognizione di causa. Mi sono semplicemente svegliata, il principe azzurro è finalmente arrivato a baciarmi la fronte.

Aggiungo di essere una povera fortunata, certo, ma come mi ha giustamente detto Ina ieri sera, sono una persona onesta come lo sono i miei genitori: "le radici buone danno frutti buoni", ha considerato, e poi ha aggiunto, nella sua saggezza popolare, "che sono le persone migliori a subire le peggiori sofferenze".
E adesso non sto certo parlando di me.

Insomma: non si può generalizzare né in un senso né in un altro, ma finché non vedrò un reale e concreto segnale di cambiamento in chi oggi è nelle stanze dei bottoni, non farò più sconti a nessuno.
Come ho scritto sempre su Facebook, non confondiamo la bontà e la generosità con il buonismo, il vero male italiano (italiota): non scambiamo gesti concreti di apertura e accoglienza profonda con i proclami del nuovo politico in auge. Teniamo orecchie e cervello teso e ascoltiamo, veramente, gli altri.

E comunque grazie a chi mi ha letto.
E' sempre un onore.

giovedì 29 maggio 2014

Badanti straniere, stop al pietismo


A quest'ora dovevo essere dalla mia parrucchiera a farmi un trattamento probabilmente inutile ai capelli. E invece, per via di uno sciopero dei treni di cui non avevo la più pallida idea, sono a pochi chilometri dall'orrido posto. Che, detto tra parentesi, è meno brutto di altri ospedali, ma resta pur sempre un luogo di grande, grandissima sofferenza, tranne che per pochi casi (le nascite: ho incontrato diverse giovani mamme con i loro frugoletti. Mai provata una tenerezza così partecipata, dev'essere un'altra strategia psicologica di resistenza).

Volevo prendermi due giorni di pausa. Non di più. Giusto due giorni per tornare alla mia vita, precaria assai, sì, ma comunque cadenzata da impegni e pure qualche piacevolezza.
Tutto rimandato a domani, ma scrivere da questa casa innaturalmente silenziosa non mi dà molto conforto.
Scrivo per sfogarmi, come altri pregano, cantano, piangono.

Volevo raccontare della dottoressa di mia madre e della sua visione dell'immigrazione dal generico Est, ma mi accingo a scrivere lo stretto indispensabile: sono troppo stanca.
Accenno solo alla reazione di mia madre, che ascoltava e nonostante la debolezza evidente, annuiva.
Basta con il pietismo nei confronti di queste stronze che si insediano nelle nostre case e poi ce la mettono in quel posto, sosteneva con parole un tantino meno dirette (ma solo per il luogo in cui ci trovavamo, altrimenti, secondo me, ne avrebbe dette di ben peggiori).
Anche noi abbiamo fatto un sacco di sacrifici, ma chi ce li riconosce? Aggiungeva.

Ricordiamoci della nostra storia, proseguiva, pure noi non avevamo niente.
I miei genitori erano poveri come loro, ma mi hanno fatto studiare e se io oggi ho qualcosa è solo grazie a loro. Sono medico, ma a me nessuno mi ha dato niente. Me lo sono sudato fino all'ultimo.
Poi arriva la stronza di turno che si fa assumere per ottenere il permesso di soggiorno, dopodiché, una volta avutolo, si licenzia e a distanza di qualche mese mi fa una causa di lavoro sostenendo che l'ho tenuta un mese in nero. Ma ti rendi conto? 

La simpatica badante, precisava il medico di mia madre, si è fatta assistere da una battagliera sindacalista della Cisl, contro la quale non c'è stato nient'altro da fare che patteggiare. Perché, sì, il mese di nero c'era stato, ma l'aveva voluto lei proprio per via del permesso di soggiorno scaduto. Quest'ultimo, peraltro, rinnovato indicando come residenza la casa dell'anziana madre (cieca) della medesima dottoressa.
La povera vecchia è passata, insomma, per una sfruttatrice del povero lavoro migrante.

Com'è finita questa storia? Vivendo sua madre a cento chilometri da lei, in un piccolo paese dell'entroterra abruzzese, non c'era altra scelta che portarla alla casa di riposo.
Almeno lì, mi ha spiegato la dottoressa, ci lavorano tutte persone del posto ed è trattata bene.
Certo, la mettono a letto alle otto e mezzo, mentre lei era abituata a restarsene in piedi fino a mezzanotte davanti alla tv. Anche se poi le ho detto: ma mamma, quando mai l'hai guardata fino a così tardi? Dopo poco ti addormentavi!

Anche la mia mamma guarda (guarda) la tv fino a tardi, ma a un certo punto, se ti affacci in cucina, la trovi con la testa reclinata sul petto.

Non so dare un giudizio così tranchant sul fenomeno del badantato straniero, però devo ammettere che un po' d'accordo con lei lo ero.
Quanti sacrifici sto facendo e ho fatto anche io finora?
A saperlo prima andavo a lavorare a diciotto anni (ma pure prima) anziché studiare.

Non è mia intenzione lamentarmi, però, se non ho votato e non voterò, penso, per un bel po' di anni a venire, è perché di me e di quelli come me non si occupa nessuno.
Ho la grandissima fortuna di essere stata cresciuta da due persone che dirvi eccezionali è poco, ma posso garantirvi che non mi sono mai risparmiata, mai mi sono tirata indietro, mai ho preteso chissà quale trattamento privilegiato.

Ho sbagliato. Conveniva tentare il colpaccio di sposare un milionario. Ma ormai è tardi.
A questo punto mi restano poche strade. Una delle più praticabili è proprio quella di andare a fare la badante nell'est alle signore (signore? non tutte) che adesso stanno guadagnando abbastanza per tornarsene indietro ricche.
Sarei un'ottima dama di compagnia capace sia di svolgere mansioni pratiche sia di intrecciare conversazioni su svariati argomenti.

Pensateci, future anziane dell'est.
Nel frattempo, incrocio le dita. E, a mio modo (ateo, ebbene sì) prego.
Ci deve essere ancora un po' di giustizia, da qualche parte.