martedì 3 aprile 2012

Sensi di colpa e caffè


Squilla il telefono di casa.
Da qualche tempo non è più il trillo querulo del precedente apparecchio, ma una musichetta melodiosa, un po' meno ansiogena.
Come da copione, però, tocca a me rispondere per via dell'ossessione dello Sfaccendato per i seccatori. Evidentemente non è per me, ma sulla lapalissiana constatazione non sembra essere dello stesso avviso il tipo all'altro capo (ma i fili del telefono esistono ancora?). "Il signor XXXX?", sento rispondere al mio "Pronto?". E io, di rimando, con un tono abbastanza sfottente: "Eeeeh, no... Un momento, prego".
Nel passare il cordless allo Sfaccendato, avevo già capito che sarebbe andata a finire nel solito modo.
Perché una persona che non capisce al volo, sentendo la mia voce (un po' meno di testa di quella di Ilaria D'Amico, per intendersi), di aver a che fare con una donna e non con un "signor tal dei tali", tanto sveglio non dev'essere.
Difatti.
"Sì, sono io.... sì, quell'annuncio è mio, ma l'ho messo molto tempo fa... precisamente di che cosa ha bisogno? Sì, capisco, ma non credo che un caffè insieme faccia la differenza... beh, se non mi spiega prima che tipo di figura le serve, le farei solo perdere tempo... Beh, insomma, un'idea ce l'avrà... ah, vabbè, ho capito. Non credo che faccia per me... a provvigioni non lavoro. Arrivederci". Clic.
Se c'è una cosa che manda al manicomio lo Sfaccendato, sono i sedicenti imprenditori che non ti sanno dare neanche uno straccio di delucidazione su quello che vogliono. Non si tratta di sapere per filo e per segno che cosa, eventualmente, si andrebbe a fare per loro, quanto di capire con minore vaghezza in che settore si collochi la mansione prospettata. Insomma: a un aspirante macellaio non si direbbe mai prima prendiamoci un caffè che poi, a sorpresa, ti faccio vedere i quarti di bue che dovrai tagliare.
Perché quando il lavoro è un po' meno materiale l'approccio dovrebbe essere diverso?
Oltretutto, allo Sfaccendato è già capitato di bere qualche caffè con soggetti del genere e di imbarcarsi in progetti naufragati al primissimo scoglio (senza riceverne, ovviamente, neanche il rimborso della benzina), per questo adesso è più che prevenuto. Buttata giù la metaforica cornetta (quant'erano belli i telefoni di una volta con la ghiera da far girare), Sfaccendato mi ha detto, sconsolato: "Cose così non posso raccontarle a nessuno, tanto meno a mia madre che mi direbbe pruaaaaaaa", che sarebbe "prova" nell'imitazione mantovanesca, con annesso starnazzamento delle braccia, che è solito destinarle.
Non ci libereremo mai del senso di colpa familiar-genetico? Forse no. Però bisogna buttarlo fuori, svelarsi almeno un po'. Almeno credo. Se dovessi cambiare idea, chiuderò la rubrica e tornerò a recitare anche su questo spazio. 
Perché scrivo questo? 
Perché mi sto accorgendo che un risata amara, a volte, può spegnere il sorriso più di un pianto. 
Staremo a vedere.
A tutti voi buona Pasqua, anzi, buone rinascite.

2 commenti:

  1. Cito letteralmente dallo pseudoimprenditore del caffè prima di tutto: "ma se io le dassi l'opportunità di guadagnare sulle bollette invece di pagarle?" ..
    Arrivati al dassi ho salutato cordialmente. Senza sensi di colpa.

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  2. Bello il tuo nickname!
    Già, mi ero dimenticata il dettaglio più importante: ti rispondo con un aneddoto che riguarda mia madre, ai tempi della sua fulgida giovinezza.
    Dopo una serata già poco convincente in compagnia di un corteggiatore, decise che non faceva proprio per lei quando gli sentì dire: "Sì, c'era molta fanga". No, grazie, la fanga no.
    Allo stesso modo, al "dasse" non si può che rispondere, cordialmente, certo, se è il caso, arrivederci e grazie.
    A te, grazie del commento. E tanti baci :-) <3

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