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lunedì 1 febbraio 2016

Aria nuova, aria diversa



Venerdì scorso ho ordinato il divano nuovo. Dovrebbe arrivare in cinquanta giorni e, devo dire, in tutta incoscienza, che non ne vedo l'ora.
La cosiddetta fase due della mia vita procede a una certa velocità.

Per la prima volta dopo anni ho smesso di "festeggiare" il mezzo compleanno (i primi sei mesi svoltati i quali piomberò dritta dritta nel 45esimo), perché ho fretta di compiere concreti passi in avanti. Prima che sia troppo tardi, probabilmente.

Sono terrorizzata (a tratti) dal timore che non riuscirò mai più a lavorare, ma al contempo so che agitarmi in questo mezzo bicchiere d'acqua non mi porterà da nessuna parte.

Così vado avanti con la sistemazione della casa, il primo posto (lo dico piano) dove, finalmente, mi sento davvero bene.

Pare che per noi cancerini (bleah) la casa sia importante: bella originalità.

In ogni caso, come immagino succeda a molti, mi piace provare questa sensazione.

Sto sognando spesso mia madre.
Non mi va di parlarne, non sono ancora pronta per scriverne nel modo giusto.

Faccio, in generale, sogni pazzeschi: sarà che sto leggendo Tropico del cancro di Henry Miller, una scrittura disordinata, a tratti fin troppo per i miei gusti autistici.

O sarà che non ci sto capendo granché, se non che voglio, fortissimamente voglio, aria nuova.

E l'avrò, ne sono convinta.
Ma sarà diversa, molto diversa, da quella che sognavo anni fa.

Lo intuisco dai sogni ricorrenti sul giornalismo e sui giornalisti (facce che non ho mai visto, chissà se esistono davvero) che si alternano a quelli con mia mamma mischiati a varie comparse reali (tipo la simpatica compagna di ginnastica che mi ha fatto i capelli l'ultima volta!) e irreali (i parrucchieri fermani, di cui uno handicappato e l'altro con la pipa...).

Staremo a vedere.

Voi pazientate con me.
Se vi fa, of course.