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lunedì 4 giugno 2012

Sfaccendati di tutto il mondo (?), uniamoci

Niente da fare? Quasi quasi mi faccio uno shampoo
Uno passa l'infanzia a sognare di diventare grande, immaginando di trasformarsi un domani in un giocatore di basket o in un macchinista di treni (ho in mente due persone precise che hanno espresso questi propositi giusto ieri) e poi si ritrova a dover elemosinare un lavoretto qualsiasi, più per sentirsi occupati che per l'aspettativa di una possibile remunerazione.
Meglio non aggiungere altre parole onde evitare accuse di sterili piagnistei.
Leggiucchiando poco fa "Il faro" di mio cognato Massimo, però, m'è caduto l'occhio sulla storia di una sua amica che ha subito un ingiusto licenziamento, ma che poi, al dunque, ha preferito tirarsi indietro di fronte alla prospettiva di una causa, di certo lunga (questo è sicuro) e chissà se fruttuosa.
Perché il problema di chi ha contratti instabili (e basta con la parola precario, peggio che mai se declinato con la K) o inesistenti è ottenere adeguato risarcimento per eventuali ingiustizie subite.
Se per esempio, come temo, la mia unica (piccola) fonte di reddito dovesse venir meno con l'esaurirsi dell'attuale mese, con chi potrei prendermela? Proprio con nessuno, non avendo alcun contratto (Kontratto?) né lettera d'incarico. Né, d'altronde, la ragazzina che ha preso il mio posto (ignoro a quale compenso e con quante altre mansioni aggiunte) nella gestione del prodotto editoriale elettronico in bilico può fare molto davanti alla parola magica "crisi" (quante potenziali K fungibili con la C), probabile causa del mancato rinnovo del suo rapporto a termine, in corso ormai almeno da un paio d'anni, dopo un periodo da stagista neolaureata, un privilegio, ormai, per una grossa quantità di giovanissimi e giovani come lei.
Ed è ben per questo che lo scorso inverno non ho disdegnato di fare la custode (... K?) per una mostra né mi sembrerà degradante tra qualche settimana occuparmi di schede elettorali per due giorni e mezzo.
Insomma: gli Sfaccendati si arrangiano come possono.
C'è tuttavia un però inaccettabile: nessuno, sottolineo, NESSUNO, si può permettere di mancarci di rispetto, facendoci sentire peggio che paria.
Se mi sono proposta di scattare foto per un giornaletto locale di nessun pregio, per esempio, non vuol dire che non merito neanche un "no, grazie" via email. Se poi lo stesso direttore del cosiddetto mensile prende a pretesto un refuso - coperto da un'orrida pecetta - lasciato dalla grafica su un redazionale (inutilmente lecchino) per non pagarle diversi mesi di lavoro, beh, no, in quei casi qualcosa bisogna fare.
E se proprio non gli si vuole fare causa per paura che la spesa non valga l'impresa, una rappresaglia alternativa (taglio gomme auto? imbrattamento dei pacchi dei giornali scovati negli androni dei palazzi?) non ci starebbe male.
In definitiva, ho preso una decisione per la presente rubrica: visto che a essere Sfaccendati siamo tanti (ma tanti tanti), ogni volta che potrò allargherò il resoconto delle giornate di lavoro in ribasso e creatività in rialzo (un prezioso antidoto per non soccombere alla depressione) a tutti gli altri non-lavoranti o lavoricchianti con cui avrò modo di entrare in contatto.
Perché finché avrò voglia e tempo di scrivere, insomma, non mi resta che scrivere.
Per me (di certo) e per interposta persona.
E a chi tornerà da queste parti, grazie del vostro sostegno.

lunedì 19 dicembre 2011

Che musica, la vita

Che musica, la vita. Accidenti, com'è facile cambiare umore quando si è coinvolti in esperienze intense, collettive e condivise.
Negli ultimi anni non mi era più successo. Associo queste giornate ai miei ultimi dell'anno ad Assisi, alla Cittadella, giorni indelebili per la formazione del mio carattere da adulta.
Conosco i miei (molti) limiti, ma ho qualche certezza in più sulle mie qualità e sui miei bisogni. Senza l'incontro con gli altri non so stare. Perciò ho sofferto così tanto nei miei anni solitari e casalinghi.
Il caso mi ha fatto incontrare un persona di molti anni più di me che con me ha in comune la stessa necessità di stare con gli altri a fare qualcosa che possa, eventualmente, arricchire (moralmente) tutti.
Sono davvero fortunata. Ne sono più che certa: comunque vada a finire, non dimenticherò mai questi giorni.
Oggi pomeriggio sono a casa, ma sto soffrendo di non essere lì.
Al contempo, sganciandomi, so di aver fatto la scelta giusta. Chissà come se la sta cavando la simpatica signora cui ho dovuto spiegare come si accendevano luci e proiettore.
E dire che l'avevo appreso giusto qualche ora prima di lei. Mentre eravamo sedute al pc, ho incrociato lo sguardo del mio "benefattore" che mi ha strizzato l'occhio in segno di approvazione.
Ci siamo conquistati a vicenda ed è ancora più straordinario, per me, sapere che è nato tutto così, per caso.
Ma esisterà il caso? Comincio a pensare che siamo davvero destinati a qualcosa e che conviene farsene una ragione. Perché, tanto, prima o poi, il destino ci raggiunge.
Non so ancora come farò a trasformare tutta questa energia vitale in reddito, ma mi sembra davvero un dono miracoloso sentirmi di nuovo in piedi e pronta a lottare. Spero solo di riuscire a coinvolgere anche l'uomo che mi vive accanto. "Intanto" (dico questa parola non a caso) sono partita io. Vedremo come fare in seguito.
Passo e chiudo dalla torre ormai non più tale. Per sempre non più tale.