domenica 30 dicembre 2012

La cura della leggerezza per un ex (?) brutto anatroccolo

Lorna Paz, alias Patrizia la bionda finta in Betty La Fea

Avrei voluto scrivere un post serio serio, cupo cupo, e invece ho cambiato idea, proprio grazie all'ispirazione originaria. Sì, perché sono andata a cercarmi informazioni sulla "bionda tinta" della telenovela colombiana Betty La Fea e così ho scoperto cose talmente interessanti da farmi desistere dai propositi polemici e depressivi.
Ho conosciuto la storia di "Beatrice la cozza" (Fea significa all'incirca questo in italiano) grazie a mia mamma, nelle varie trasferte degli ultimi tempi nella mia città natale.
Lo danno tutte le sere (compresi sabato e domenica) su Vero-Capri, il canale di Maurizio Costanzo per casalinghe (sicuramente disperate) e gente in crisi come me.
La storia è vecchia come il mondo: in estrema sintesi si parla della trasformazione di una giovane donna-brutto anatroccolo ma con grande cervello in un magnifico cigno.
Ovviamente, l'attrice protagonista (Ana Maria Orozco) è una bellissima colombiana, morbidamente attraente quanto le altre partecipanti alla telenovela trasmessa dalla tv del paese sudamericano tra il 1999 e il 2001. Nel link che ho riportato appena sopra potrete assistere e stupirvi come ho fatto io poco fa della sua metamorfosi nella racchia dal QI ben sopra la media. Non solo, scoprirete anche che il ben più noto Ugly Betty ha preso spunto proprio dalla soap colombiana, così come le altre numerosissime versioni trasmesse in tutto il mondo.
Ho già espresso il mio positivo giudizio positivo sulle culture ispaniche all'incirca un anno fa, in occasione del mio innamoramento televisivo per Fisica o Chimica. Anche in quel caso, ovviamente, sto parlando di telefilm svuota-cervello (come li definisce mia mamma), ben più positivi per la mia psiche un po' turbata di quelli sui medici che spopolano ormai da anni in tutte le tv e quelli violenti e cinici tanto di moda nel pubblico più disincantato di me.
Insomma, vado alla ricerca dell'evasione e della leggerezza, pur rifuggendo la retorica dei buoni sentimenti e la lagna melodrammatica.
E poi diciamolo: è facile immedesimarsi in Betty e sperare di trasformarsi in cigni, non solo esteticamente parlando.
C'è un ultimo aspetto che mi piace delle mie recentissime scoperte sulla soap colombiana: gli attori sono miei coetanei e hanno girato le puntate che li hanno resi famosi tra il 1999 e il 2001, negli stessi anni in cui io ho frequentato la scuola di giornalismo. Nello stesso periodo in cui, insomma, in un certo senso anch'io mi trasformavo se non in cigno in un paperotto meno goffo.
Oltretutto, la Colombia è il paese di Gabriel Garcia Marquez, uno dei miei autori preferiti ai tempi del liceo, quando mi sentivo piuttosto "fea" ma con un ribollìo nel sangue che non mi ha più abbandonato.
Insomma, ci si cura anche così, sognando impossibili rivalse e ridendoci anche un po' su.
E pazienza se non si è sempre in grado di mostrarsi forti e corazzati.
A volte bisogna ripiegare e acciambellarsi come gatti. Al risveglio avremo di nuovo fame e una gran voglia di esplorare.

martedì 25 dicembre 2012

Strano Natale


Strano Natale. Spento Natale. Triste Natale.
Non vado oltre, potrei diventare ancora più lagnosa.
E in fondo la mia montagna è sempre lì, nascosta da una leggera e umidissima foschia.
I nipoti crescono bene e sanno divertirsi con intelligenza e dolcezza.
E la cena della vigilia è stata piacevole, la malinconia provata più o meno la solita.
Però vorrei scappare via e camminare, per le squallide strade di Chieti Scalo, sperando che l'andare lavi via un po' del vuoto che mi attraversa.
Ho con me le scarpe da corsa, non vedo l'ora di indossarle sotto una delle vecchie tute rimaste nei cassetti un tempo pieni della biancheria mia e di mia sorella, e respirare il freddo bagnato.
Eppure sono così ironica, di solito, ma in questo momento il sorriso è spento.
Potrei giusto dormire e sperare di sentirmi meglio al risveglio.
In ogni caso, dovevo essere qui. Volevo essere qui e qualcosa mi dice che non potrò mai dimenticare il mio primo Natale da adulta.
Che sia foriero di nuovi cambiamenti? E' quanto mi auguro per l'anno alle porte.
Laicamente, auguro ai miei amici (degli altri non mi curo. Almeno, ci sto provando a non farmi infliggere ulteriori gratuite ferite) qualcosa del genere.
La vita ha senso solo se ci rimettiamo sempre in gioco, con le forze che abbiamo, dimentichi di quelle di un passato ormai lontano.
Niente è perso, d'altra parte, e una parte di noi resterà per sempre bambina.
Sappiamone farne tesoro.
Auguri.

venerdì 14 dicembre 2012

Mossi ma vivi


In questi giorni mi sento mossa come il bellissimo Nino nella foto qui sopra.
Al contempo, mi torna in mente la conversazione che ho avuto con la compagna di mio cugino Francesco un paio di settimane fa.
Se avessi la possibilità di dimostrarlo, in questo momento potrei svolgere anche il lavoro più gravoso, anche il più stressante. Certo, voi direte, non avendone uno concreto per le mani, è facile parlare così.
E però ve lo assicuro: di botto non ho più paura di nulla, se non degli stop imposti dal caso, che però niente hanno a che fare con quanto già di per sé noi umani (noi creature viventi in genere) potremmo realizzare con le nostre sole forze.
Sì, sono proprio come Nino, che salta, mangia, dorme e gioca per istinto, senza bisogno di farsi inutili domande.
La vita è breve. Ora lo so con più chiarezza di prima.
Mi secca molto essermi per certi versi ritirata dall'azione troppo presto, ma ormai è fatta. Recriminare non serve. Anzi, è proprio dannoso.
Non potendolo provare nel mio settore lavorativo, allora, non mi resta che darmi da fare in tutto il resto.
E lo farò. Seguendo il mio istinto e il mio cuore.
Non c'è altro che conta.

venerdì 7 dicembre 2012

Una donna, nonostante i capelli "lendi"



Non c'è niente da scherzare, lo so, però il periodo impone una certa dose di sdrammatizzazione.
Nel giro di due mesi ho accumulato già una certa esperienza in fatto di corsie, dottori e infermiere/i, non abbastanza lunga, certo, da lasciare che mi produca in una sentenza tranchant, ma sufficiente a farmi augurare di rimanerne il più possibile lontana, finché la carcassa reggerà.
Per dire, mi sapete spiegare perché il solito ginecologo con panza rotonda e pelata da prepensionato non mi abbia rilasciato neanche stavolta la ricevuta? Oltretutto era in presenza di testimoni (il mio povero consorte che mi mandava, lui sì, fulmini e saette con i suoi occhiacci fiammanti per averlo trascinato in quell'angusto e mal arredato studio medico). Non puoi, per nessuna ragione al mondo, infilarti nella tasca del camice euro-settanta di compenso, senza battere un ciglio. Eppure neanche stavolta sono stata in grado di dirgli nulla e mi sono persino comprata l'integratore che mi ha propinato come ultimo rimedio contro la vecchiaia uterina (e non solo) che avanza.
Certo, ero talmente felice di sapere di non avere nulla di specifico che forse l'avrei persino filialmente abbracciato, ma davvero non si gioca così con le fragilità e insicurezze altrui.
E però poi ho letto il bugiardino, come Moretti nel solito Caro Diario.
E mi sono chiesta: ma mi ha guardata?
No, perché d'accordo che ho le gambe muscolose e i capelli fini, segni probabili di una certa androgenia (si scriverà così? Boh), ma la pelle unta, l'acne, l'irsutismo e l'obesità non mi sembra proprio che mi appartengano. D'altra parte, mi ha prescritto un integratore, ossia acqua fresca, per cui posso pure prenderlo. Però i sospetti aumentano: fosse fosse che ha un accordo con la casa farmaceutica produttrice per erogarne un tot alle "tardipare"?
Chi può dirlo.
L'istruttivo foglietto della polverina che sto prendendo da qualche giorno mi ha fatto tornare in mente un episodio accadutomi almeno quattordici anni fa.
Ero a cena con un po' di gente della mia cerchia chietina, alla presenza di un tipo forse già cinquantenne o più (ai tempi trovavo decrepiti i quarantenni, figuriamoci quelli più grandi) di cui si diceva avesse qualità sciamaniche. O qualcosa del genere.
Fatto sta che mi guarda in faccia e dice, rispondendo a mia domanda precisa su quale fosse la sua predizione sul mio futuro, che io avevo "qualcosa di maschile", per esempio i miei "capelli lendi", pronunciato proprio con la d al posto della t come quasi tutti i miei conterranei. Mi pare che avesse accennato anche alla mia struttura fisica, minuta sì, ma ben piazzata a terra (diciamo così) e poi, giusto per non farsi mancare nulla, aveva aggiunto che la storia sentimentale con il fidanzato toscano era destinata a finire per incompatibilità caratteriale. A suo giudizio, ci tarpavamo l'energia a vicenda. O almeno io lo ricordo così, ma potrebbe essere tranquillamente una mia comoda rilettura posteriore.
E insomma: magari il bugiardino l'ha scritto proprio questo tipo ed è per questo che devo curarmi.
Magari non resto incinta (temo che oltre all'integratore ci voglia pure qualcos'altro: tipo un po' più di tranquillità esistenziale, decisamente in calo negli ultimi tempi), ma almeno divento liscia come una pesca e scateno tutta la femminilità rimasta finora inespressa.
Oddio: e se mi trasformassi in un'oca? Detesto cordialmente la quota di femmine isteriche e lagnose. Sarebbe veramente una tragedia e mi condannerei a una triste solitudine. Perché di certo il sopra citato consorte mi abbandonerebbe al mio destino di donna-donna, libero finalmente di godersi la maturità senza pressioni indebite.
Perché, lo riconosco: noi altra metà del cielo possiamo essere delle scassapalle micidiali, con o senza pelle unta e capelli "lendi".
Rispondo così anche al mini-dibattito scatenato da un mio giovane conoscente molto bravo con le parole, ma necessariamente ancora poco esperto di vita: non è che le donne non sappiano riconoscere una cortesia gratuita, è che stanno sempre già pensando a che cosa fare dopo, il minuto dopo, l'ora dopo, la settimana dopo - a seconda del livello di ansiogeno efficientismo autoimpostesi per reggere ritmi di una società assurda - e non hanno tempo, molto spesso, di lasciarsi coccolare anche da un semplice, in fondo desideratissimo, gesto gentile.
Perché forse tutte le donne, ahimè, si stanno mascolinizzando, come di voi maschi si dice che vi state femminilizzando.
Di per sé, un po' di confusione di ruoli, in una società avanzata, è addirittura un bene. Però capisco che possa spiazzare chi cerca un senso (o anche no) nell'incontro con l'altra, con l'altro.
Succede anche a me (ma ormai ne ho compreso il motivo: sono un mezzo maschio) di stupirmi del sospetto che ingenero con la gratuità di molti miei gesti. Mi auguro solo che cercheremo, uomini e donne, di non smettere di imparare a conoscerci.
Anche perché, andando avanti così, la specie umana si estinguerà. E anche se non farò in tempo (a meno che i Maya non abbiano ragione e tutto finirà quattro giorni prima di Natale) ad assistere alla nascita dell'ultimo uomo sulla terra, un po' del futuro delle generazioni che verranno mi preoccupo.
E in questo, temo, sono proprio una donna.

sabato 1 dicembre 2012

Fuori dal limbo, a tutti i costi

"In questo momento devo proprio dirlo: meno male che non ho figli, così posso stare qualche giorno in più per monitorare la situazione".
"Al di là dei figli, il mio problema è il lavoro: devo capire se posso prendermi dei giorni in maniera da poter partire più agevolmente".
La conversazione sopra riportata si è svolta stamattina: la prima a parlare ero io. La seconda mia sorella, dipendente con contratto a tempo indeterminato. Una delle poche privilegiate in questo Paese, anche se lei si è semplicemente limitata a brillare negli studi e a vincere un concorso. Oggi non è più così e lo sappiamo tutti. Il mio caso è atipico in tutti i sensi, ma resta pur sempre il fatto che, allo stato attuale, tra me e un neolaureato senza futuro non c'è alcuna differenza.
Le mie parole sopra riportate, del resto, sono illuminanti di come la pensa un disoccupato/semi occupato come me: nel considerare la facilità (relativa) con la quale posso restarmene al capezzale (metaforicamente parlando) dei miei genitori, non ho proprio citato i problemi di lavoro. Perché, di fatto, ora come ora e chissà per quanto tempo, non ne ho. Perciò ho parlato direttamente dell'assenza dei figli, il vero impegno per qualsiasi famiglia che debba occuparsi anche di parenti malati.
Ai gatti pensa mio marito, a sua volta, sfaccendatissimamente impegnato dietro alla mamma che si è rotta il polso destro proprio in questo periodo così faticoso.
E così passa le sue giornate a fare da badante alla madre, impedita in quasi tutte le attività quotidiane. Anche nel suo caso, se avesse avuto un lavoro (ai figli, in genere, pensa innanzitutto la mamma, soprattutto quando sono molto piccoli), di certo non avrebbe potuto essere così presente. Anch'io, come lui, peraltro, mi sono vista allungare un po' di denaro per far fronte alle spese impreviste. Alla fine lo stipendio ce lo vediamo passare proprio da chi ci ha dato alla luce. E' davvero paradossale. So benissimo che le nostre genitrici l'avrebbero fatto anche se fossimo stati due manager in carriera, però è tutto il contesto che ti fa sentire veramente senz'arte e né parte, a cominciare dai medici che ci chiedono che lavoro facciamo e se possiamo fruire della legge 104.
Nel mio caso, ho lasciato che parlasse mia sorella: lei, per fortuna, poteva mostrare di essere qualcuno per la società. Per un tipo di società in disarmo, destinata - salvo svolte impresse dai figli dei migranti, gli unici che potranno un domani far ripartire l'Italia - alla decadenza.
La burocrazia, però, è l'ultima ad accorgersi dei cambiamenti, seconda solo alla politica e alla classe dirigente tutta, che continua a ragionare in termini di lavoro dipendente, salariato e sicuro, benché di triadi così se ne vedano sempre meno.
E in ogni caso, lunedì dovrò ripartire e sistemare un po' di cosette lasciate in sospeso, una anche di tipo simil-lavorativo.
Sperando con tutto il cuore che si possa un giorno vedere la luce in fondo al tunnel (la metafora è consunta, ma pazienza, non mi viene niente di meglio a quest'ora e con la stanchezza che mi fa chiudere gli occhi), so che l'anno prossimo sarà tutto dedicato a sbloccarci da questo faticoso limbo.
Non c'è altra scelta, ma sono disposta a ogni svolta, anche la più amara, pur di non avvertire più questo senso, veramente mortificante, di inutilità.
Lo devo a me stessa e alle persone che mi hanno cresciuto.
Alla mia mamma l'abbraccio più forte. Dormi bene, ci vediamo domani.