Come cambia in fretta la vita. Aveva ragione mia nonna, quando parlava della strana velocità che prendono gli anni a partire da un certo momento. Eppure io mi sento più o meno identica a sempre, diciamo non troppo più matura della mia giovane compagna di palestra. Invece di certo lei mi darà la mia età, se non di più, chiedendosi anche come si faccia ad arrivare alla età adulta con quell’aria un po’ inconsapevole che metto su nelle chiacchiere tra un esercizio e l’altro.
Sia come sia, a un certo punto si è costretti – letteralmente – a svegliarsi e a guardarsi per bene.
Non mi va di essere annoverata come l’ennesima quarantenne ombelicale, perciò tralascio l’analisi impietosa che faccio quotidianamente su rughe e altre imperfezioni del mio corpo e punto dritta al problema vero.
Non sono felice. Qualcuno dirà: e chi lo è? Giusto: tutti
accumuliamo frustrazioni e soprattutto chi ha il privilegio (e l’onere) di
possedere un cervello, s’interrogherà sempre su ciò che non va, in noi e nella
realtà che ci circonda.
Alcune frustrazioni, in effetti, sono indotte da un presente
troppo opaco, a voler essere generosi.
Altre, invece, sono caratteriali.
Altre ancora, infine, scaturiscono dal caso, il destino, il
fato, la sorte. Comunque vogliamo chiamare quel curioso concatenarsi di eventi
che compone i nostri giorni.
Mi sto per l’appunto domandando se alcuni di questi ultimi
accaduti di recente non fossero già scritti nel mio personale cammino. E se
avessi potuto conoscerne il significato tentando di uscire da me stessa per
guardarli dal di fuori?
Perché, ad esempio, ho letto giusto ad agosto un libro in
cui si parlava di resilienza?
In ogni caso, adesso devo tirarla fuori con la grinta che
qualcuno mi attribuisce.
Perché possa esercitarla pienamente, però, ho bisogno di
avere intorno le persone giuste.
E ambienti favorevoli. Purtroppo su quest’ultimo fronte sono
un po’ sprovvista, o forse lo sono pure sul primo, diciamo la verità.
Di chi la colpa? Chi può dirlo. Anche ammesso che ne abbia
qualcuna anch’io (sono permalosa e ipersensibile), non posso recitare a vita.
Perciò stop alle ipocrisie.
D’ora in avanti sarò assolutamente me stessa. Tanto, la mia
popolarità non è cresciuta di un’unghia in tutti questi anni di buonismo a buon
mercato.
Potrò essere sgradevole, come so essere solo con chi mi
conosce profondamente. Al contempo, so che lo sarò solo con chi mi ha ferito,
mi ferisce con la sua indifferenza, noncuranza, e, a volte, proprio con la sua cattiveria.
D’altra parte, è difficile che la mia impetuosità non venga
fuori, prima o poi.
Ho capito che è meglio mostrarla per tempo, perché potrebbe crescere
in maniera disturbante, danneggiando innanzitutto me stessa e la mia vera – o presunta
– capacità di resistere alla sofferenza.
Insomma: basta con l’autopunizione. Adesso è giunto il tempo
della chiarezza.
Chi mi ama – lo so - mi seguirà.
Fanculo a tutti gli altri.