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martedì 16 settembre 2014

Le fotografie di mia madre e i tratti distintivi del suo carattere


Mia mamma mi ha vista così, credo due anni fa, a giugno. Deduco il periodo dell'anno dal colorito che ho normalmente, prima del breve periodo di rosolatura estiva. Il posto in cui è stata scattata la fotografia mi è molto familiare. E se è crudele passarci tutte le volte, andando e tornando dal mare, lo è stato ancora di più vederlo in immagine.

Ci abbiamo festeggiato così tante riunioni familiari, che dubito che riuscirò a rimetterci piede tanto presto. Anche mio padre sembra pensarla come me, ma d'altra parte poi il tempo passa e ammetto di essere stata contenta che abbia giocato a carte con gli amici della spiaggia, giusto due giorni fa, alla fine di questa estate così triste.

Sfogliando le fotografie scattate da mia madre, però, devo ammettere di aver più volte sorriso.
Abbiamo passato molti momenti felici, naturalmente felici, di quella normalità intima priva di aneddoti rilevanti se non per la stretta cerchia parentale, che tutti meriteremmo di avere.

Guardando i momenti del nostro passato comune resi inconsapevolmente immortali (salvo sbiadirsi negli anni o disperdersi nel cimitero dei byte), capisco ancora di più quanto io sia stata fortunata.
Mi sono rivista mentre giocavo a racchettoni con zio Gigi, mentre prendevo il sole con il quotidiano spaginato sulle ginocchia, con indosso i pigiami vecchi che continuiamo a metterci mia sorella ed io quando andiamo nella nostra casa da ragazze. E poi ho visto gli zii, i cugini, i nipotini prestarsi all'obiettivo con quel misto di ritrosia e vanità che mia mamma stuzzicava sempre quand'era in loro, in nostra, compagnia.

A volte ci fotografavamo vicendevolmente, in un gioco infantile che dava piacere a entrambe.
Ho scovato anche un suo ritratto in cui sfoggiava una parrucca verde fosforescente e sorrideva molto divertita. Ne ho una analoga di me, con un'espressione straordinariamente uguale, solo il colore della parrucca è diverso.

Da lei, credo, di aver preso un po' di spirito canzonatorio.
A fine mese mia zia farà dire una messa dal suo padre spirituale: gli ha passato un po' di parole chiave che vorrebbe che dicesse per ricordarla.
Io ne ho aggiunte due all'elenco per il resto veritiero composto dalla sorella: ironia e fierezza.

Per lo meno, io l'ho vista anche così.

Più passano i giorni e più mi convinco che non avrebbe mai potuto sopportare di diventare un vegetale. Noi avremmo voluto che restasse di più con noi, ma poi, come si dice dei figli, bisogna accettare che le persone che si amano di più prendano altre strade.

Non riesco ancora a provare granché conforto nel saperla sepolta accanto ai suoi genitori, ma al contempo, non posso fare a meno di percorrere il viale di cipressi soffermandomi ad ascoltare il gracchiare dei corvi e di qualche altro uccello a me sconosciuto.

Sei con me, sei con noi, in ogni momento.
Guidaci, se puoi, ancora un po'.
Ciao, mamma. Adesso sono io che vado a guidare: il cambiamento è cominciato dalla macchina nuova. Speriamo che ne arrivino anche altri.

So che tu ci credi. Cercherò di crederci anch'io.

sabato 12 luglio 2014

Peperoni rossi dell'amore. Che non finisce


Vi giuro, non avrei mai pubblicato questa immagine solo un giorno fa.
L'ho scelta per il mio desktop perché la trovo così intima e bellissima.
Mia mamma è stata una bella donna, fuori e dentro.
Non lo dico per il legame che c'era tra noi, è un fatto oggettivo.

Ho scattato questa fotografia due anni fa. Ho appena controllato la data di acquisizione sul pc: era il 22 settembre 2012. Non sono ancora due anni. E lei, probabilmente, era già malata, ma non lo sapeva.

Lo avrebbe, lo avremmo, scoperto più o meno un mese dopo, subendo uno shock che può immaginare solo chi ha vissuto un'esperienza analoga.
Di questa brutta malattia si ammalano davvero in troppi e a tutte le età.
Lo diceva sempre lei, che ha affrontato la cura con una forza in fondo prevedibile, visto il suo carattere. La sala d'attesa lassù al quattordicesimo livello era sempre zeppa di gente, soprattutto il lunedì mattina. Io ci sono stata poche volte, esentata, per così dire, dal ruolo di accompagnatrice a favore di mia sorella Linda, più capace di cavarsela con le pastoie burocratiche e di altro genere dell'ospedale.

Arrivavo dopo, a casa, durante i giorni degli effetti collaterali. Sopportati bene, tutto sommato. Fino all'ultimo Natale, anzi, ci eravamo, forse, tutti illusi che sarebbe restata ancora a lungo con noi.
Ancora a maggio pensavamo che davvero sarebbero arrivati "i giorni migliori" che ci aveva prospettato il chirurgo milanese che abbiamo incontrato a Terni. Sono sicura che ne era convinto anche lui (diversamente sarebbe stato uno sconsiderato, come minimo), ma purtroppo non ha avuto ragione.

Non voglio ricostruire minuto per minuto i giorni ancora troppo recenti del distacco, ma ho comunque bisogno di fissare qualche pensiero. Perdonatemi se doveste trovarli troppo tristi.
In questi giorni teatini ho rivisto tre mie ex compagne di liceo, una al giorno, e sono stati tutti incontri molto belli. Molto veri.

Da ognuna di loro ho imparato qualcosa, durante i lontani anni della crescita, ma sono stata davvero contenta di scoprire di poter apprendere dell'altro ancora oggi. Siamo uguali ad allora e insieme diverse. Il carattere non si cambia, ne sono sempre stata convinta, ma la vita ce lo modella. Può peggiorare, certo, ma può anche manifestarsi in tutte le sue potenzialità, rivelando le magnifiche donne che sono diventate.

Mi spiace di non poter condividere con Susi, Simona e Valentina anche l'esperienza della maternità: so che buona parte del loro tempo è occupato dal pensiero dei figli che crescono. Però sono, per fortuna, una zia, quindi conosco, almeno superficialmente, che cosa si prova nel dover uscire da sé per diventare strumento di qualcuno che dipende da te.

Da figlia, inoltre, so quanto sia fondamentale sentirsi amati. Le ammiro, ecco, perché le vedo in grado di svolgere il loro ruolo, rimanendo comunque così simili a come erano quando sedevamo dietro ai banchi della nostra aula lunga e stretta.

Susi mi ha mandato delle foto di quegli anni. Le ricordavo tutte, tranne una di gruppo, a casa di un nostro compagno. Solo qualche tempo fa rivederle mi avrebbe messo angoscia. E invece adesso le ho trovate così lievi.

Ho dimenticato molto di quegli anni, ma so al contempo che la donna di oggi viene da lì, principalmente. Certo, poi, c'è stata l'università fuori casa e tutti gli altri anni di peregrinare in giro per l'Italia, ma quanto sia simile alla ragazza che sono stata me lo ha restituito, in questi giorni, il dialogo con le compagne di liceo.

Chissà che cosa ne avrebbe detto mia madre. Penso che ne sarebbe stata contenta: dentro di sé deve aver almeno un po' patito per la mia insofferenza verso la nostra piccola città. Ma chissà se è davvero così: probabilmente l'ho delusa per non essere riuscita a staccarmene davvero del tutto. Chi può dirlo.

In ogni caso, sapete perché mi piace tanto la foto che vedete in alto? Perché quei peperoni così rossi mi parlano di amore. Dell'amore che passava anche dai piatti che ci preparava, dagli occhi fiammeggianti, dalle battute fulminanti e dalle risate ai danni di papà che tante volte ci siamo fatte insieme.

Il rosso è un colore che mi piace e so che piaceva molto anche a lei.
Un filo rosso mi lega ancora alle amiche di scuola che hanno condiviso con me questi giorni di lutto (è compresa nell'elenco anche l'assente ma sempre presente Annalisa) ed è consolante accorgersene.

Stamattina sono tornata con mio padre al cimitero e lei era lì, nella fotografia che abbiamo scelto per la tomba. Devono essere venuti a metterla forse ieri: lunedì non c'era e poi ci sono stati giorni di pioggia e vento.
Già da ieri, comunque, sentivo di doverci tornare: volevo togliere i fiori che immaginavo secchi o marciti.
Lì per lì non me n'ero accorta, attratta dal rosso del lumino che era stato spostato. Allora, mi sono detta, qualcuno deve essere venuto. E infatti.
Al posto del lumino c'era lei, nell'ovale quasi uguale a quello dei suoi genitori.

Da lontano si vedono solo i suoi occhi leggermente socchiusi per via del sole.
Occhi parlanti. Occhi danzanti.
Ciao, mamma. Tornerò presto a trovarti.
Grazie, amiche.