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mercoledì 8 aprile 2015

La protezione da lassù. Che non si vede. Ma c'è


Sono ancora un pochino provata dalle recenti vacanze pasquali. Per fortuna in senso positivo, stavolta.
Zia Zita, splendida neoottantenne, del resto lo dice sempre: "Sono tutti miracoli che sta compiendo tua madre".
Che ci si voglia credere per bisogno o che sia vero in qualche maniera misteriosa che poco ha a che fare con la razionalità di noi poveri bipedi, in ogni caso domenica scorsa c'era davvero un'atmosfera magica (la luna su Chieti - nella foto sopra - immortalata grazie alla pronta segnalazione del cognato italo-tedesco ne è la prova tangibile).



I nuclei familiari coinvolti nei festeggiamenti erano accomunati da lutti piuttosto seri, oltre che da un legame di sangue tanto indiretto quanto sentito.
Prima di trovarci seduti tutti là, però, non credo che il grosso di noi ne avesse consapevolezza. E invece quel legame c'è eccome e ci ha spinto a parlarci con una naturalezza e direi proprio una confidenza davvero piacevole.

Non pubblico le foto del pranzo, non lo farei mai. Però vorrei citare qualche passo del biglietto che la vulcanica zia giovane di mio padre (appena cinque anni di più: non chiedetemi come sia possibile, è troppo complicato da spiegare) ha dato a noi invitati, accludendolo a un sacchetto profumatissimo di lavanda che ho subito messo tra la mia biancheria.

Parla della vecchiaia ed è tratto da un libro (Edizioni Paoline, Il vecchio e la vita, di Edoardo Borra).
Tra le frasi più significative, vi riporto queste:

Benedetti coloro che capiscono le mie mani che tremano e il mio cammino stanco.

Benedetti coloro che mi ascoltano con pazienza quando io ripeto le stesse cose o i ricordi della giovinezza.

Benedetti coloro che mi stanno accanto e mi ricordano che sono sempre vivo e interessante, anche se non lo sono.

Benedetto chi mi offre un sorriso, una parola amabile o un po' del suo tempo.

Ho trovato molto appropriata la scelta della zia di lasciarci questo messaggio a futura memoria.
Lei, dal suo canto, teme di non essere più la stessa che era da giovane (anche se posso assicurarvi che difficilmente io ho incontrato giovani donne, per non parlare di giovani uomini, dotate-i della sua energia).

Per quel che mi riguarda, invece, riflettendo sulla vecchiaia in fondo da sempre (ben prima degli ultimi sette anni, voglio dire), mi colpiscono assai le parole dette o riferite da persone che hanno molti più anni di me.
E anche se a volte non ho pazienza con mio padre (quando devo ripetergli le frasi, non sempre lo faccio con buona grazia) e anche se persino con mia madre, nei momenti peggiori, non sempre sono stata capace di gestire i suoi momenti di sconforto con la dovuta pazienza, cerco di non dimenticare mai che un giorno (salvo smentite divine) sarò vecchia pure io e chissà in quale stato.

Essere di supporto e di consolazione per un parente anziano, insomma, è un dovere dal quale nessuno è esente. O comunque nessuno dovrebbe esserlo.

Per questo motivo, tra l'altro, non sopporto le liti tra parenti, soprattutto quando tutti, figli, genitori, zii, si sia raggiunta una ragguardevole età.
Che senso ha, mi chiedo, avvelenarsi ulteriormente la vita? Chi di noi non ha un rimpianto o peggio un rimorso? A che serve rinfacciarselo quando la polvere ha sepolto quasi pure noi?

Abbracciamoci finché siamo in tempo, piuttosto.
O lasciamoci perdere, se proprio non si riesce a stare vicini.

So, lo riconosco, di avere una grande famiglia unita. Però niente viene dal niente.
E se gli altri hanno colpe (e sicuramente ne hanno), noi per caso non ne abbiamo?

Ma, al di là delle colpe e dei doveri, credo fortemente nell'amore: è l'unico sentimento che conta, per me. L'amore spazza via tutti i rancori, l'amore ci fa resistere al dolore. L'amore guarisce.

Forse ha davvero ragione Zia Zita.
La mamma ci sta proteggendo.
Io, almeno, ci credo.

martedì 30 dicembre 2014

Vivere e amare, il resto non conta: buon 2015 a tutti


L'emozione di rivedermi cosi' meravigliosamente ragazzina e' stata grande.
Mi colpisce poi moltissimo l'espressione di papa', fiera - probabilmente - e rilassata.
Sembra quasi che sia lui solo a essere completamente a suo agio davanti all'obiettivo.
Del resto, chi sta scattando e' un giovane uomo che lui ha visto crescere, se non proprio nascere.

L'autore di questa dolcissima foto-ricordo e' infatti il figlio di una persona che tanto ha voluto bene ai miei genitori.
Di Amelia mio padre ha sempre parlato con aperta ammirazione. E' stata lei - ci ha raccontato molte volte negli anni - a partire per prima lasciando laggiu' nel Sud Italia marito e figli per tentare di risollevare le sorti dell'intera famiglia.
Un tentativo coronato da successo, determinato dalla tenacia di questa signora oggi purtroppo un po' malandata ma dal carattere ancora d'acciaio.

Vorrei avere solo un'oncia della sua tempra per uscire dal pantano in cui sento di essermi ficcata. Ma questa e' un'altra storia.
Torniamo alla foto.

Ci e' arrivata alla Vigilia di Natale, intorno all'ora di pranzo. Quando hanno citofonato, io ero sul balcone a godermi il sole caldo che da sempre mi ha reso la casa dei miei tanto gradita. Con il passare degli anni, anzi, mi sembra sempre piu' accogliente, considerate le varie stamberghe nelle quali sono andata a vivere (compresa la dimora fermana, un palazzo gentilizio, si', che pero' d'inverno sembra la residenza siberiana degli zar).

Assorta com'ero nei miei pensieri da felino indolente, sono andata ad assistere all'apertura del voluminoso pacco con neutra curiosita'.
Nemmeno davanti alla lettera appiccicata sul coperchio ho sentito mutamenti interiori. Solo quando ho visto la fotografia racchiusa in una molto appropriata cornice di legno e accuratamente incellofanata ho realizzato.

Mi sono subito uscite delle lacrime e anche mio padre, poco incline ai piantarelli, era visibilmente commosso. I bambini, pero', non capivano che ci fosse tanto da piangere, com'era logico che fosse, per cui tutti  e due siamo subito ritornati in noi, anche se da quel momento in poi mio padre si e' messo alla spasmodica ricerca del numero dell'affettuoso mittente e finche'  non e' riuscito a trovarlo, non si e' dato pace.

"Mi hai fatto tornare in mente il periodo piu' bello della mia vita", gli ha detto quando e' riuscito a parlarci.
Con mia sorella ci siamo fatte un po' di conti.
Ai tempi della fotografia  i nostri genitori erano piu' giovani di come siamo noi adesso. Forse la mamma aveva intorno ai quarant'anni, ma pure di meno, probabilmente.

E' impressionante come abbia conservato l'espressione di allora praticamente fino a quasi gli ultimi giorni della sua vita. La mano si muove nell'aria: sicuramente stava parlando, di certo voleva organizzare qualcosa o puntualizzare un qualche aspetto.

Allora, ma non ne sono certa, non doveva darle ancora fastidio essere ritratta. Negli scatti della sua maturita', invece, finiva sempre per mettersi una mano davanti al viso. Pero' spesso ci giocava pure con malcelata vanita'.

Nonostante le rughe e qualche segno sul corpo, nostra madre ci ha sempre tenuto al suo aspetto, con sobrieta', certo, ma mai con rassegnazione.
Se sia Linda sia io abbiamo potuto prenderci diversi dei suoi vestiti (e io personalmente anche varie borse e pure qualche orecchino e collana) e' proprio perche' aveva stile.

Venendo poi a Linda, pure lei e' straordinaria: che classe i suoi pantaloni con la riga e la posa plastica delle sue braccia magre, identiche (giuro) a quelle che ha oggi.

Sembriamo tutti e quattro quello che effettivamente eravamo: turisti perfetti, con tutti gli accessori giusti per quegli anni. La fotocamera, la cartina, la borsa a tracolla, la sigaretta del papa' al centro, come il suo sorriso, insieme con quello della mamma e al mio appena appena accennato.

Insomma, se mai avessimo avuto bisogno di qualche altra prova, adesso ce l'abbiamo: siamo stati una bella famiglia, come tante altre, ovvio, ma dotate di quella straordinaria normalita' che prima o poi, da adulti, finisce per mancarci come l'aria.

Fino agli anni dell'universita', per dire, io personalmente non avevo idea che potessero esserci famiglie infelici e, pensando ai problemi della nostra, ho realizzato solo molto tardi quanto fossero veramente risibili.

E non sto parlando solo dell'aspetto economico che pure, certo, ha contato assai.
Due genitori che lavorano permettono ai figli una sicurezza davvero miracolosa pure di tipo interiore.

Piu' importante ancora e' stata la sicurezza psicologica e morale nella quale siamo vissute fino a pochissimo tempo fa. Fino alla malattia della mamma, voglio dire.

Solo due anni fa e poco piu', voglio dire, non sono stata del tutto consapevole (parlo solo per me, non so se mia sorella la vede esattamente allo stesso modo) di quanto io abbia ricevuto, praticamente tutta la vita.

Adesso, invece, so che sto ancora ricevendo; ho potuto verificarlo in questi giorni di vacanza, proprio quelli che dovevano essere i piu' tristi, che invece sono diventati i piu' maledettamente belli mai vissuti finora.

Al miracolo ha contribuito anche l'autore di questa fotografia che ringrazio di nuovo dal piu' profondo del mio cuore.
Al resto hanno pensato i miei zii e i miei cugini, che ci hanno letteralmente rimpinzato di cibo e di calore.

Sentirsi vivi e amati e' un privilegio.
Ma per arrivare ad averlo non bisogna avere paura di vivere e di amare noi per primi.
Cerchero' il piu' possibile di non dimenticarlo mai.

Se potete, fatelo anche voi.
Buon Anno a tutti.


giovedì 7 agosto 2014

Cristina Donà e l'amore che vince



Quest'anno ho ricevuto alcuni regali del tutto inaspettati.
Mi riferisco in particolare a un cd di Cristina Donà ricevuto a distanza di due anni almeno dall'acquisto: si chiama Torno a casa a piedi. Ringrazio ancora Simona per il pensiero, anche perché, probabilmente, è giunto al momento giusto. 
La canzone che linko sopra, però, è tratta dal primo lavoro della musicista originaria di Rho (sto parlando di Tregua), classe 1967, dotata di una voce sorprendente, uscito nel 1997. 

Personalmente, la trovo anticipatrice di un brano tratto dall'album che mi ha regalato la mia ex compagna di scuola. 
Sto parlando di Un esercito di alberi che trovate linkato in fondo, in cui, in maniera simile al primo brano, si parla di una relazione d'amore.

Non essendo in grado di giudicarla da un punto di vista puramente musicale, posso solo fornirvi la mia impressione filtrata dai testi scritti per la Donà da suo marito (almeno a quanto mi risulta, relativamente all'ultimo disco), che forse ai tempi del primo disco era ancora il suo fidanzato (ma non ne ho la più pallida idea, naturalmente).

Ebbene: trovo enorme la differenza tra il primo modo di parlare d'amore nell'album d'esordio e in quello del 2011. 
Nel primo Cristina è una giovane donna che impara a conoscere l'uomo che ama attraverso la sua pelle. Nel secondo, è una donna (ma sarebbe forse più esatto dire un uomo, visto chi le scrive i testi) che riconosce il suo amore ascoltando il rumore degli alberi.

Trovo davvero illuminante la trasformazione della visione del sentimento più importante nella vita di una persona. Siamo corpo (oh, se lo siamo), ma la nostra corporeità esce fuori da noi e diventa più vera quando ci fondiamo con la natura, quando impariamo a rispettarla, anche, comprendendo davvero nel profondo che cosa significhi essere mortali.

Non so, non posso parlare per lui, ma qualcosa mi dice che mio padre ami mia madre ancora più di prima. E lo fa anche attraverso noi figlie, nel suo modo insieme discreto e un po' goffo di darci retta, facendosi anche un po' violenza.

Oggi non ero con loro al cimitero, per il secondo mese dal nostro addio, ma c'ero attraverso il vento del mare, il profumo delle onde e il calore sulla mia pelle.

Le stelle buone esistono e ci dicono un sacco di cose anche quando non sono più scritte sulla schiena dell'amato, dell'amata. Lo fanno attraverso i pensieri che semplificano e gli angeli che Cristina dice di incontrare in un altro brano del suo primo album.

Felice di averla conosciuta adesso, sì. 
Un giorno parlerò anche delle sue canzoni più metropolitane e dell'ironia un po' amara con la quale descrive la solitudine della vita di città.

Mi piace però adesso dedicare queste due canzoni a tutte le persone che si amano, oltre il tempo e lo spazio. Buon ascolto a tutti. E ciao, cara mamma.

domenica 9 giugno 2013

Etta James, una vita con l'amore dentro



Post volante prima di tornare dalla regina Vicky (è già tardi, poverina).
Ho scoperto Etta James: mi fa venire le lacrime senza un perché.
E del resto, era proprio lei a dirlo: le mie canzoni fanno piangere anche me, anche se se non ce ne sarebbe motivo.
Di ragioni per tirare fuori tutta l'anima direttamente dalla sua ugola, in verità, la piccola-grande Etta ne aveva molte. Una madre bambina, drogata e scombinata, un'infanzia bruciata troppo presto e una maturità piena di alti e bassi.
Etta James è morta a 74 anni nel 2012 di leucemia. E io non ne sapevo nulla. Conoscevo, certo, una delle sue canzoni più famose, finita in uno spot tv. Ma non avevo idea che dietro quella voce blu ci fosse una ragazzina di appena 22 anni. Ebbene sì: i suoi capolavori li ha registrati in un'età bellissima, sì, ma molto pericolosa. Quando il successo arriva troppo presto, infatti, è più facile che poi il resto della vita trascorra nel rimpianto di ciò che c'è già stato. Ma in fondo non so niente di lei e chissà che non fosse comunque stata contenta così. Almeno, si sarà detto, la mia vita ha avuto un senso e continua (ve l'assicuro) ad averlo anche per chi non mi ha mai sentita cantare dal vivo.
Io, per esempio, come l'ho conosciuta? Ascoltando frammenti del suo album più famoso, "At last", sul cellulare. Uno dei veri prodigi degli smartphone è proprio quello di darti uno strumento in più di conoscenza. Basta mettersi a cercare e qualcosa prima o poi salta fuori.
Da ieri ho il cd (anzi, doppio cd più varie bonus track), ossia sono tornata all'antico, grazie a Paolo che ha pensato bene di regalarmelo per il nostro anniversario (della festa, non del matrimonio! Perché noi teniamo quasi più alla prima che al secondo, non so bene perché. Forse è una sorta di sindrome da sabato del villaggio pre-matrimoniale).
Ed eccovi qui il brano che ha dato il nome al titolo.
Piangete un po' con me e poi andate fuori a cercare l'amore. Se non l'avete già trovato. Se non vive già in voi, come dovrebbe, tutti i giorni della nostra vita.