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lunedì 11 gennaio 2016

Reinventarsi senza eroi, ma con lo sguardo fisso lassù




Ok, d'accordo: bisogna attaccarsi al presente. Peccato, però, che il presente faccia obiettivamente piuttosto schifo. Non voglio unirmi al coro generale di cordoglio per la scomparsa di David Bowie, semplicemente perché conosco troppo poco la sua musica per poterne parlare in modo sensato.

Di certo, non lo nascondo, il video di Lazarus, il pezzo dell'ultimo disco Blackstar uscito solo l'8 gennaio, giusto il giorno del suo compleanno, poco prima di dire addio alla Terra (e ai suoi cari), mi ha fatto un certo effetto.
Doveva essere, resterà per sempre, un'icona di fascino e di sensualità difficilmente replicabile.

Vi dirò, peraltro, che l'ho trovato particolarmente irresistibile nel concerto di Berlino (sopra Heroes da quel concerto) di cui oggi molti parlano, quello del 2002, in cui il Duca Bianco, come lo chiamavano, era poco meno che sessantenne. Non so se capita solo a me, resta il fatto che trovo assai più interessanti gli uomini (e le donne) con qualche segno del tempo sul corpo piuttosto che gli sbarbatelli muscolati.

Certo: ho appena visto due pezzi cantati da Bowie nel 1973 e beh, era uno spettacolo per gli occhi e non solo, pure allora.
Sarà forse che per molti come me che si approssimano alla mezza età a grandi falcate è ancora urgente avere qualche modello di riferimento, qualche eroe in cui credere. Qualcosa o qualcuno, se possibile, che parli anche del futuro, del nostro e di chi verrà dopo di noi, e non di un passato che - come quello di Bowie e di quelli che avevano vent'anni o poco più come lui negli anni Settanta - comunque non ci appartiene.

E' dura invecchiare senza eroi, ve lo garantisco. E lo è tanto più se non si accettano quelli precotti (direi decotti) musicali, letterari e politici che la stragrande maggioranza del mondo social (banalmente, semplice evoluzione tecnologica delle piazze e dei bar della stra-provincia nazionale) continua ad accreditare come tali per pavidità e/o opportunismo.

Ma va bene così: meglio essersi accorti per tempo del grave rischio che si stava correndo.
Tolti di mezzo preconcetti e pensieri artefatti, però, che si fa? Come si vive? E chi lo sa.

Di certo, mi ci vorrà un po' di tempo per rimettermi in una qualche carreggiata.
Perché se dovessi basarmi sulle offerte di lavoro che quotidianamente mi segnala Infojobs (verso l'1 di notte, giusto per farmi venire l'ansia, casomai a quell'ora sbirciassi il cellulare: fortuna che non lo faccio mai), adesso dovrei stare già giocando i numeri che mi vengono spesso in sogno.

Ho provato - giuro, l'ho fatto proprio ieri in vista di questo post - a restringere il "campo dei miei interessi", come mi suggerisce uno dei portali per la ricerca del lavoro più gettonati in Italia, ma niente, i risultati restano più o meno gli stessi.
Ve ne faccio qualche luminoso esempio.

L'incipit della mail è sempre lo stesso: "Ciao, Alessandra. Ecco le offerte di lavoro selezionate per te, sulla base delle tue preferenze". Bene: oggi da Fermo mi segnalano una posizione come "carrellista settore cartotecnica". Lo preferisco, secondo voi? La domanda, ovviamente, è retorica. Ma andiamo avanti.

Nella provincia di Ancona, mi si prospetta un attraente futuro come carrozziere, oppure, in alternativa, come aggiustatore meccanico di stampi (basta cambiare la i con la a finale, ed ecco spiegata la ragione di questa segnalazione). Se proprio non dovessero bastarmi, potrei sempre propormi per fare il cuoco, il lavapiatti o, udite udite, l'addetto alla fonderia. Eh, ma quante ne vorrò ancora? Ah, ecco: cercano anche un addetto alle pulizie. Ok, quelle, tutto sommato, le faccio sempre a casa mia, magari mi prendono.

Apro l'offerta. E no, non mi prendono: cercano gente iscritta alle categorie protette, che però sappia usare macchinari per la pulizia di tipo industriale. E vabbè, meglio non commentare sennò faccio adirare qualche seguace del politicamente corretto.

Tra i miei mestieri preferiti, c'è quello del fresatore: me lo propongono molto spesso. Dovrò pensarci su. Se fossi stata un po' più grossa (sono muscolata, vero, ma pur sempre femmina e pure tappa), potevo candidarmi come vigilante: mi ci vedevo con la divisa.

E insomma: Infojobs (ormai è sicuro) non mi trasformerà di certo in qualcosa che non sono. Mi piacerebbe tuttavia sapere se a qualcuno è servito. Davvero: c'è qualcuno tra voi che ha trovato lavoro grazie a questo portale o altri? O vale la solita storia del passaparola? In fondo, anche per trovare casa, alla fine, sono serviti innanzitutto i miei occhi cecatelli, grazie ai quali ho visto il cartello vendesi su quello che sarebbe diventato il mio balcone.
Non mi vorrete forse dire che tutta sta' tecnologia è solo un grande specchietto per le allodole e che il lavoro si continua a cercare col solito sudore e consumo delle scarpe? Ma allora di che parliamo quando ci dicono che dobbiamo smetterla di girare e invece di telelavorare? O pure questa faccenda qua è già passata di moda, come credo?

Tolta l'ovvia considerazione sulla fine già giunta non da mo' del mestiere del cronista con taccuino, lapis e cappello sulle ventitré, come lo si vedeva nei film in bianco e nero che tanto mi piacciono, si avrà pure il diritto di ricominciare in qualche altro modo, utilizzando, sperabilmente, le competenze e le esperienze comunque accumulate anno dopo anno?

Sono davvero curiosa (ma mica vero) di leggere il resoconto dell'incontro organizzato domani a Roma dal gruppo parzialmente aderente alla Federazione nazionale della stampa italiana, tale Lsdi, acronimo, piuttosto emblematico, che sta per Libertà di stampa, diritto all'informazione, sulla sfiga generalizzata della maggioranza dei giornalisti freelance.
Secondo i dati raccolti dal gruppo, infatti, pare che ben il 64% e passa dei giornalisti italiani eserciti (per così dire) la professione da freelance, ossia senza un contratto o, se vogliamo essere più eleganti, come autonomo. Bene. Anzi, malissimo: perché di questi ben 4 giornalisti su 10 sono come me, ossia a reddito zero.

Giuro: non voglio lamentarmi. Ho scelto da sola di allontanarmi dalla grande città etc etc, ma resta il fatto che così non si può andare avanti. Chi può, davvero, impari a fare il fresatore. Tutti gli altri, ciccia, imparino, se già non l'hanno fatto, a mutare prospettiva.
Io ci sto provando, giorno dopo giorno, e non da adesso.

Tanto per fare un esempio: sto continuando a studiare tedesco e a leggere/ascoltare l'inglese. Soprattutto, leggo libri (pochi giornali) e cerco di concentrarmi. Su cosa? Su tutto ciò che mi regala la giornata, dall'ora di palestra al telefilm della sera. Sui riflessi del mare e del cielo, sul vento improvvisamente caldo e pure sulle mie mani sempre un po' martoriate. Se posso, condivido le stronzate che scrivo e che fotografo. Cerco, al contempo, di non essere troppo dipendente dalle tecnologie, perché dopo un po' che sto qui a digitare o, peggio, con il collo piegato stolidamente sul dannato smartphone, mi prende un certo mal di vivere.

Vorrei più cultura, più bellezza, più arte, più poesia in queste giornate di "reinvenzione". Per questo, poi, se se ne va uno come Bowie, di cui, ripeto, so pochissimo, mi intristisco pure io.
Fortunato lui e quelli come lui che sono passati alla storia. Che grande privilegio (e spesso dannazione) hanno avuto.

A noi umani normali tendenti allo squallido anonimato non restano che poche tracce di quelle stelle eterne. Cerchiamo solo di tenere lo sguardo fisso lassù. Così, almeno, ci sentiremo più leggeri.
Ciao pure a te, bellissimo Duca.

lunedì 19 ottobre 2015

#concorsonerai, fuori dagli eletti. Con onore



Vi assicuro, non sono depressa. Incazzata, forse, un pochino sì. Di tutto mi rode di più questa cosa: non essere riuscita a entrare nel gruppo dei 100 giornalisti professionisti che varcheranno i tornelli di Saxa Rubra (e di svariate sedi regionali Rai a partire da Aosta, Cosenza, Campobasso e qualche altra che non ricordo) mi costringerà a fare come sempre. E cioè, mai una cena fuori, pochi film al cinema, pochissimi acquisti (alla crema antirughe, però, non posso rinunciare e nemmeno alla palestra: il crollo è dietro l'angolo e le delusioni di certo non aiutano).

Minchia che vita sfigata. Fortuna che abito sul mare e che, tutto sommato, intorno a me non vedo girare molta gente con i soldi, ma davvero, quello stipendiuccio mensile, pure solo per qualche mese ogni tot, non mi avrebbe fatto schifo.
Invece ciccia, si andrà avanti così. Ho da scoprire ancora molto sulla cura delle piante da balcone (da interno no: sennò la grigia ce le fa fuori tutte. Mortacci suoi).

Ma torniamo un attimo indietro al giorno in cui avevo saputo di aver superato la prima fase del concorsone Rai, era inizio luglio, la pelle non ancora rinsecchita dal sole.
Che botta in positivo per l'autostima, accidenti. E che senso di rivalsa sapere di essere andata lì a farmi largo con il mio metro e cinquantadue tra 2.800 persone, con sole due settimane di preparazione rappezzata alla bell' e meglio, dopo mesi in cui leggiucchiavo pochissimo i giornali, assai ben più attratta com'ero (e come tornerò ben presto ad essere) da libri in lingua inglese (mo' ci metto pure il tedesco, tiè), corsette sul mare e svariati impegni familiari (trasloco compreso).

Da quel momento in poi, però, tutto è cambiato. Ho, per l'appunto, realizzato che mi si dava l'occasione, probabilmente irripetibile, di tornare a fare il lavoro che mi ero scelta quindici anni prima, da una posizione un po' meno marginale di quella che ho avuto negli ultimi dieci, mese/anno più o meno.

Risistemandomi il curriculum, oggetto di valutazione (ho appena visto che ha preso un bel 3 su 5 punti) tra gli altri elementi che hanno contribuito a formare la graduatoria finale, ho riletto la mia vita professionale sotto una luce diversa.
Ho fatto un sacco di cose, accidenti. Anche quelle apparentemente meno importanti, come la partecipazione al laboratorio dei pazienti psichiatrici della Comunità di San Girolamo di Fermo, in qualità di volontaria (o aspirante ospite? Scherzo, of course) è stata gratificante e, direi proprio, formativa.

Ho strappato il posto 210 su 400 in graduatoria (accanto ad altri colleghi - ancora per poco - tra cui un paio di donne simpatiche incontrate il giorno del concorso e su facebook), il che, considerati i punteggi che ho riportato nelle singole prove, mi consola parecchio. Studiare a qualcosa è servito, per la precisione a ottenere sette punti su sette quanto a titoli. Però, per me, la lode doveva dare un punto in più (e che diamine), tanto, comunque, non mi avrebbe permesso di entrare in Rai.

E insomma, più scrivo più mi sento sollevata.
Prendere 21 punti su 25 nella prova di radio, per dire, non è poco, considerato che le mie esperienze in materia risalivano al mitizzato stage al gr Rai all'inizio del mio viaggio nel giornalismo (e a poco altro qualche anno dopo, ora che ci penso, con un mio carissimo amico dell'Ifg di Milano, uno che ha saggiamente lasciato perdere il giornalismo diversi anni fa, quando la crisi non era ancora deflagrata).
Mi rode un cicinìn non avere preso manco un punto in tedesco, ma del resto non lo praticavo da tempo immemorabile e solo adesso (nur jetzt!!) comincio a ri-raccapezzarci qualcosa, dopo un'estate di studio matto e disperato (wie schwer ist Deutsch!!).

In inglese me la sono cavata benino (meno di come pensavo, francamente: 6,5/10), ma, ripeto, pure lì, sono sicura che se avessi preso il massimo, sarei stata fuori lo stesso.
A questo punto, spero (francamente, ardentemente) solo che i 100 ammessi siano davvero i migliori.
Lo spero con tutto il cuore perché ho trovato davvero squallido il polemicone sollevato da alcuni di quelli che non hanno superato la prima fase. E poi perché, davvero, di gente brava, motivata e dotata di grinta e di pazienza ce n'è davvero bisogno, in Rai come in altri posti.

Posti, sia chiaro, nei quali non ci si sieda e basta, bensì dotati di sedie con molle molto elastiche in maniera da essere catapultati rapidi nel mondo, per raccontarlo nei modi più rigorosi e originali possibili.
Se i cento entrati alla prima botta (smentisco tutti quelli che dicono che tanto la Rai non li chiamerà mai: non è così, rassegnatevi. LORO lavoreranno presto all'ombra dei cavalli della tv di Stato) saranno in grado di stupire pure me, che me ne starò dall'altra parte dello schermo come al solito, beh, allora vorrà dire che sono dove devono essere.

Da parte mia, continuerò ad ascoltare soprattutto la radio, in attesa di qualche voce nuova che sappia parlarmi con il giusto accento (detesto i conduttori troppo aggressivi, ma pure quelli dalle spiccate cadenze regionali). E se poi nasceranno le newsroom (pare che i tg rai vadano verso un paio al massimo di mega-redazioni), se un sacco di gente con stipendi che personalmente non ho mai sperato di avere, nel frattempo lascerà spazio a qualcun altro oltre il limite dei primi 100 che hanno passato con me l'estate a sperare (preparandosi per bene) in un cambiamento di quelli che davvero ti ribaltano la vita, beh, meglio così.

Dubito, in ogni caso, che lo squarcio nel filo spinato degli eletti si allarghi fino alla zona della classifica nella quale mi sono fermata io: o, se lo faranno, potrebbe, magari succedere tra due-tre anni, ossia il tempo massimo di durata della graduatoria dei 400 aspiranti e non (più).

Io, comunque, non posso permettermi di aspettare tempi così lunghi: nessuno può farlo (potremmo morire per colpa delle emissioni truccate della VW domani mattina), ma tanto meno una che non vede un euro di entrata da mo'.

Quindi adesso che succede?
Non ne ho idea. Come ebbe a dire l'ex sindaco di Fermo (non dico quale) a qualcuno che gli chiedeva forse di piazzargli un nipote: "Checcosa farò".

Per forza.
Grazie, amici, e scusatemi per la lunga assenza.
Tornerò (credo) a essere più assidua.
Scrivere fa parte di me, non c'è niente che possa cambiare questo dato di fatto.

Bis bald (a presto).

domenica 27 maggio 2012

Politicanti e teste pensanti, incompatibilità a prova di meches

Susanna Camusso da giovane


No, in effetti non mi assomiglia per niente, però il gioco con mia madre, che si svolge quasi tutto via sms, sulle presunte analogie tra la leader della Cgil e la sottoscritta è molto divertente.
Qui, per dire, le differenze tra noi sono ancora più palesi, innanzitutto perché io non ho una capigliatura così folta, e poi perché lei è chiaramente castana, mentre io, alla sua età di allora (nella foto sopra mi pare sui trent'anni, ma chi può dirlo), ero stra-bionda. 
E allora come si origina lo sciocco scambio di messaggini con la mamma?
Per via delle meches più chiare che alla fine ho deciso di abolire: adesso il tono cenere (un tantino spento) della mia chioma volatile (ho i capelli più fini dei filini d'argento dell'albero di Natale) si è reimpossessato della mia testa, mentre la Susy nazionale non rinuncia al tocco di luce artificiale, forse per nascondere i capelli bianchi. Un problema che, per il momento, io non ho. Quando il biondastro naturale sarà sostituito dal grigiastro altrettanto fisiologico, beh, allora è facile che torneremo a essere di nuovo molto simili.
E chissà se allora deciderò di rassomigliarle ancora di più sotto un altro aspetto, che forse abbiamo davvero in comune. Per il momento, comunque, la pasionarietà che mi contraddistingue preferisce "restare nell'ombra". 
Con quest'ultima locuzione, sempre via sms, una forma di comunicazione che evidentemente prediligo (era ancora in corso l'offerta tim dell'autoricarica), ho liquidato un sindacalista marchigiano che voleva a tutti costi farmi candidare alle elezioni per il direttivo nazionale.
Pazza, penserà qualcuno. Ma no, assai saggia, come potrete capire tra un attimo.
Era una mattina qualunque, una delle solite in cui, mentre finisco di lavarmi, ascolto Pagina Tre e tutto Primo movimento, quando faccio particolarmente tardi. Ogni tanto, mentre sono seduta sul sacro trono, approfitto per accendere i cellulari, con l'illuso, malcelato desiderio di leggervi finalmente qualche novità interessante.
E in effetti quella volta una breaking news è arrivata davvero. Uso l'espressione cara al tgcom per sottolineare la natura ansiogena della suddetta. 
"Ciao, sono xxxx". Prima ancora di risentirne la voce, sapevo già con chi avrei avuto a che fare. Erano almeno un paio d'anni che non si faceva vivo, ma nella mia rubrica era rimasto il soprannome che ormai ho imparato ad affibbiare a tutti i miei contatti, soprattutto a quelli più molesti. No, il Seccatore... E che diavolo vuole? Perché gli ho risposto, direte voi (in piedi davanti alla tazza, con lo sciacquone non ancora schiacciato). Per una sola, pratica ragione: il mio bieco bisogno di denaro sonante, se possibile da guadagnare in fretta senza grossi sforzi. 
Nelle passate consultazioni elettorali ho fatto la scrutatrice, ma dovevo immaginare che un tipo come il Seccatore mai si sarebbe scomodato a telefonarmi solo per ingaggiarmi di nuovo per la bassa - e per questo da me molto ambita - manovalanza.
No, il Seccatore cercava di ben peggio. Lui voleva uno schiavo (anzi: una schiava, perché un po' di quote rosa ci stanno bene, e io, ha precisato, sono adulta, ma anche giovane e carina. E vabbè) da spedire alle riunioni, un pappagallo che ripetesse a memoria la lezioncina imbeccata da lui in persona.
L'errore, però, l'ho commesso io: ho esitato a dirgli immediatamente di no, grazie, cercati qualcun altro da manovrare, perché, in effetti, di starmene qua nell'ombra, circondata da giornalacci pieni di marchette o a compulsare (assai di rado, sono troppo deprimenti) siti web di cosiddetta informazione locale non sono molto felice. E infatti ho creato non a caso "Gli sfaccendati", con il non secondario intento di sputtanare almeno un po' il sistema di favoritismi e squallori vari che impediscono alle persone di buona volontà, soprattutto se dotate di qualche talento, di trovare la giusta valorizzazione. E in genere non parlo di me, come avrete visto.
Insomma, ho tentennato perché, per una volta, mi sono chiesta se non potessi davvero dare una mano anche ad altri in condizioni simili alle mie: da poco ne è capitata una a una giovane professionista molto capace, la cui unica colpa è di essere sempre gentile ed educata. Non appena mi darà l'autorizzazione, ne parlerò più diffusamente. In ogni caso, è vero che c'è bisogno di ricambio, di aria nuova, in tutte le istituzioni, sindacato dei giornalisti compreso.
Insomma: gli ho chiesto ventiquattr'ore di tempo per rifletterci su. Più passavano le ore, però, e più mi dicevo che una proposta da un personaggio così avrebbe comportato solo inutili grane. Nel frattempo, mi sono consultata con Sfaccendato man, scettico ma molto rispettoso di una mia eventuale risposta favorevole, e con un altro paio di persone fidate. Per una delle due, poteva essere una buona cosa se solo fossi riuscita ad arginare il Seccatore. L'altro, credo, si è rattristato alla prospettiva di passare due giorni e mezzo al seggio senza la mia compagnia. Perché, diciamolo, i votanti sono pochissimi e per il grosso del tempo ci si gira i pollici: il lavoro perfetto, insomma, soprattutto se affrontato con qualcuno d'interessante con cui chiacchierare. Un privilegio che, credo, avrei perso se mi fossi candidata: perché, immagino, non si può essere insieme aspiranti sindacalisti e volenterosi scrutatori. Probabilmente non lo saprò mai né è detto che possa a questo punto ottenere l'incarico di basso livello, ottimo per una persona che non vuole "uscire dal cono d'ombra", come mi ha esortato a fare il Seccatore, concludendo il suo tentativo di ingaggio con "I want you", manco fossimo in Ncis
Durante le ore di pensatoio, non potendo fare altrimenti, ho peraltro chiesto (rigorosamente via email) proprio allo Zio Sam di noialtri (che, a proposito di somiglianze, sembra un po' Maurizio Landini) dell'eventuale incompatibilità tra i due ruoli. Sapete come mi ha risposto? Chiedendomi di chiamarlo la sera stessa. Per fortuna, ho spento il cellulare durante l'ora di step. Mentre mi asciugavo i capelli in palestra, ho riacceso il dannato apparecchio ed eccolo là, con il suo stalking telefonico. Sì, perché ha riprovato per almeno altre due volte, costringendomi a spegnerlo definitivamente alle 22.40, molto prima del solito (ho saputo poi che ha provato a estorcere il mio fisso a un'amica e collega, che assai provvidamente s'è guardata bene dal darglielo. Ma guarda tu che insistenza).
Ed è stato così che sono riuscita a strappargli le ventiquattr'ore richieste, ma stavolta mi sono guardata bene dal riattivare il telefonino mentre facevo la toilette la mattina dopo.
Con molta piacevolezza, ho finito perciò di ascoltare Primo Movimento (c'era il concerto di Beethoven per violino e orchestra, l'unico con il sublime arco composto dal Maestro: non potevo proprio perderlo), dopodiché, prima di mettermi alla scrivania, ho riacceso.
Di seguito ho trovato: una chiamata da un numero sconosciuto, una dal Seccatore e un provvidenziale sms di un mio caro amico che ha avuto esperienze sindacali e proprio per questa ragione da me consultato il giorno prima come jolly per la decisione finale. Eccovene il testo, da me all'uopo conservato: "Rifiuta senza indugi, hai troppe cose tue da fare che richiedono tempo".
In genere, funziona così: quando c'è da decidere qualcosa, aspettiamo solo che qualcuno ci confermi in quello che pensiamo già. Così è stato anche in questo caso. Soltanto, avrei voluto comunicare le mie intenzioni al Seccatore di persona, senza inutili pressioni. Oltretutto, desideravo anche precisargli che se c'era da dare una mano operativa, non di facciata, io ero disponibile. 
Invece, con il suo comportamento, se la può scordare. 
La telefonata dal numero sconosciuto era di un suo pupillo, nonché nuovamente candidato alle consultazioni di fine giugno. Per lo meno lui è stato gentile e non ha insistito più di tanto ("non faccio il venditore: se hai deciso così pazienza", mi ha detto con molta tranquillità). Mi ha anzi ringraziato, cosa che non ha fatto il Seccatore, né prima né dopo. Qualche istante prima di parlare con il suo pupillo, gli avevo infatti già scritto un sms per comunicargli la mia scelta.
"Decisione presa: preferisco restare nell'ombra". 
Ammetto di averci messo un pizzico di sarcasmo, ma d'altra parte ho anche rinnovato il mio interesse per la consulta del lavoro autonomo. In cambio che cosa ne ho avuto? Un silenzio da far paura. Neanche un vaffanculo. Nada de nada. A riprova dell'assoluta falsità del suo "I want you" e di tutte le altre boiate con cui ha provato a convincermi.
Morale della storia? Politicanti e teste pensanti sono del tutto incompatibili.
Ed è per questo che, credo, alla fine non somiglierò mai alla Camusso, non me ne voglia la sindacalessa per eccellenza, meches o non meches sulle nostre chiome.
Preferisco vivere. Nella mia doratissima ombra. 
E voi?

martedì 13 marzo 2012

Strategie di primavera contro la muffa che avanza

C'è del marcio a casa mia, come testimonia la decadente natura morta in alto, composta da mio marito per sottolinearne la proliferazione incontrollabile (e incontrollata).
Ho salvato questa foto già da un po', aspettando il momento giusto per utilizzarla.
In verità, in questo post dovrei parlare del marcio che sta al di fuori delle pareti domestiche, ma l'una e l'altra cosa, in fondo, non poi così così scollegate.
Per dire, in questo momento, sul tetto fuori dalla finestra della mia camera da letto, c'è di nuovo Giuliano Il Muratore, impegnato nella sistemazione dei coppi danneggiati dalle abbondanti nevicate del mese scorso.
A occhio, poi, tra un sampietrino e l'altro della mia via, si celano gore ammuffite e maleodoranti, habitat graditissimo di vermiciattoli e insettini vari.
Insomma, la decadenza materiale è pronta a fagocitare la vita e per combatterla ci vuole impegno (e manutenzione) costante.
Qualcosa mi dice che sia assai più difficile tenerla a bada in ambiti meno concreti di un palazzo o di un frigorifero.
La società italiana dà un po' l'idea di essere sotto assedio di oscure forze necrofore. Sto esagerando? Vorrei dire di no, ma temo che la realtà sia ancora peggiore di come la dipingo io.
Il marcio è arrivato dappertutto e non ci vuole Savonarola per denunciarlo.
Una delle prove più evidenti è la totale resa della classe dirigente alle leggi inafferrabili del sovra-governo della finanza mondiale. Sto delirando? "Pole esse" (il confine tra sanità e pazzia è molto mobile), ma se così non fosse, non si spiegherebbe il plauso generalizzato a un governo "tecnico" fatto di iper-ricchi che niente possono sapere di come va la vita di milioni di persone, sempre più numerose, che comprano scarpe a cinque euro dai cinesi anche in distretti un tempo famosi per le calzature, frequentano con assiduità sempre maggiore i discount in barba al made in Italy e al tutto-bio, e accettano lavori, mansioni mal pagate o pressoché hobbystiche pur di far qualcosa. Come uscirne? Ovvio: cominciando a re-investire sulle persone e sulle cose, tenendo fuori dalla porta la muffa. Ma, onestamente, chi è che lo fa? Chi ha davvero il coraggio di osare e di credere che un altro mondo, pulito e deumidificato, sia veramente possibile?
Secondo me nessuno, tranne, naturalmente, qualche lodevole eccezione. Come posso esserne così certa?
Basta sfogliare qualsiasi giornale o sito internet di annunci economici per vedere inserzioni ridicole, direi anche offensive per chi abbia un minimo di esperienza oltre che di cervello.
Ho scritto qualcosa del genere anche nella precedente vita di questo spazio, ma ritengo giusto insistervi ancora. Ad esempio:
"Edizioni Vivere è una società marchigiana che edita quotidiani online nel centro Italia. Per il 2012 vuole ampliare la propria rete commerciale ed editoriale. 
La società sta dunque cercando Giornalisti, Direttori Commerciali e chiunque abbia voglia di mettersi in gioco nell'informazione online per la gestione autonoma del quotidiano della propria città.
Mettersi in gioco per fare che cosa? Per gestire in autonomia (tradotto? Forse gratis?) l'informazione online della propria città: e che sarebbe, in concreto? Anzi, come dicono da queste parti: che sarrìa?
Sono andata a guardarmi la versione dell'informazione online già attiva nella mia cittadina di residenza. Ebbene: c'erano linkati alcuni comunicati stampa di comune e associazioni varie. Volendo, potrei farlo anch'io: anzi, qualche volta lo faccio davvero, quando voglio mettere in evidenza un contenuto particolarmente significativo.
Da quel che ho capito, sono contenitori per la raccolta di pubblicità, un modo come un altro per vivere (per l'appunto), ma che con il giornalismo, sia chiaro, non ha niente a che vedere.
Un mesetto fa il mio buon padre (che mi legge e perciò non me ne voglia: ambasciator non porta pena) mi ha segnalato la ricerca da parte di un centro per l'impiego di un comune abruzzese di un "giornalista pubblicista esperto di età superiore ai trent'anni in possesso di patente B". Certo, saper guidare la macchina è un requisito in più per chi debba andare a caccia di notizie, ma dal fatto che non mi abbiano risposto ho dedotto che non di questo avevano bisogno (non sono Niki Lauda né mai lo sarò, però avevo potenzialmente tutti i requisiti, più altri che non sto qui a elencare). Molto più verosimilmente cercavano un agente, uno di quelli che vanno di negozio in negozio e di azienda in azienda a comprare pubblicità. Una prassi consolidata in tutte le piccole realtà editoriali, niente da dire; il problema sorge se però le mansioni giornalistiche finiscono per coincidere in tutto e per tutto con quelle commerciali.
In generale, quando la muffa fagocita tutto, si smarriscono le competenze a vantaggio delle professioni-per passione e dell'improvvisazione. Succede in maniera particolare nei mestieri intellettuali e creativi, ossia laddove non si possano stabilire con certezza i denari da corrispondere per prodotti risultanti dalla propria penna/tastiera, pennello/photoshop etc etc. Di recente mi è toccato sentirmi dire da uno pseudo-regista teatrale, un uomo brutto fuori e dentro, se potevo prestarmi per fargli da intervistatrice per un video promozionale di un suo spettacolo, a suo dire, richiestissimo (e come no). Per amicizia nei confronti di una terza persona, gli avevo pure detto di sì, ma soltanto dopo aver chiarito, primo, che le domande le avrei scritte io e, secondo, che volevo essere pagata, poco, magari (mi accontentavo di cinquanta euro, manco una marchetta, in senso biecamente proprio), ma gratis nemmeno a pensarlo.
Com'è andata a finire? Non se n'è fatto nulla.
Idem qualche mese fa per un'altra prestigiosa collaborazione con una testata locale: e dire che in entrambi i casi i proponenti avevano provato pure a lusingarmi, l'una dicendomi che mi corteggiava già da tempo per via della mia fine penna (ma quando mai?) e l'altro per la mia... bellezza!!
La sto facendo troppo lunga, quindi basta.
Voglio concludere, come sempre, con una nota di speranza, attaccandomi, stavolta, alla meteorologia.
Tra due settimane scarse la luce tornerà a illuminare e scaldare colline, tetti e vie: la frutta abbandonata sul mio frigorifero (e dentro), probabilmente, marcirà ancora più in fretta, ma la muffa dovrebbe comunque regredire almeno all'esterno della mia casa, mentre i fiori diffonderanno i loro profumi illudendoci che, sì, un altro mondo più lindo, più gioioso, sia ancora possibile. E a quel punto, ma sì, l'inverno e la scontentezza potranno attendere ancora.