Oggi sono arrabbiata. Arraggiata alla Montalbano.
E quando sono in questo stato rischio di dire qualche corbelleria.
E un sacco di parolacce (che ho effettivamente detto).
A farmi inferocire, ci ha pensato in parte la burocrazia, che detesto con tutta me stessa, in parte le sole che mi auto-infliggo. Firmando.
Come sapete, ho firmato il dannato contratto per il trattamento ai capelli che poi non ho mai fatto (né mai farò), con il risultato che ora sono a un passo dalla causa (se me la fanno loro, eh: perché di certo non gliela intento io. Malaccorta sì, ma non fessa).
Non solo. Ho firmato ancora, stavolta in un'agenzia immobiliare, dove la regola è "prima firmi e ti impegni a concludere eventualmente l'affare con me e poi vedi la casa".
Quell'appartamento aveva "good vibrations": già avevo cominciato a fantasticare su come disporre i nostri scombinatissimi mobili. Perché, comunque, almeno per i primi (e i secondi) tempi, mi dovrò comunque tenere la mobilia raccattata tra casa di mia nonna, dei miei e di mia suocera.
Come ebbe a dirmi una conoscente di queste parti che ormai non frequento più, il nostro arredamento è composto in massima parte da "mobili vecchi".
O, più elegantemente, vintage.
E insomma. Sarei stata ben felice di trasportare tutta la mia roba demodè in sessanta metri quadri (con garage).
Avete presente nei cartoni animati la nuvoletta dell'immaginazione sul tizio che sogna a occhi aperti e di come sparisce, con suono annesso (tipo POUF!) quando poi torna alla dura realtà?
Ecco.
Il giorno appresso vado a vedere tre appartamenti con un'altra agenzia (messaggio subliminale per i miei ipotetici creditori: non avrete neanche un euro dei miei risparmi. Pago tutti, ma non voi) e che succede?
Dopo le prime due autentiche stamberghe, l'agente ci conduce su una strada ridente, in lieve salita, sotto un sole quasi estivo. Da lontano il mare sempre più blu. La riconosco immediatamente, solo che non ci posso credere. No, dico, sarà un altro appartamento sulla stessa via, ma pensa tu la coincidenza.
Era proprio lo stesso. Il secondo agente che ce la mostra, però, ha anche le chiavi del garage. Che non è una piazza d'armi, ma è più che sufficiente per confermarmi nei miei progetti di trasloco (qualche mobile vecchio avrebbe finalmente trovato la sua più consona collocazione. A vantaggio dei pezzi migliori della mia generosa famiglia di provenienza. Ingrata che non sono altro).
Trasecoliamo ulteriormente quando il mediatore chiama il venditore e, mettendocelo in viva voce, gli dice che ha due clienti che potrebbero prendere la casa praticamente subito a... circa quindicimila euro di meno di quelli che ci aveva prospettato il primo agente.
E quello risponde: "E' andata".
Peccato che io (...) mi sia impegnata formalmente (dimenticavo la fotocopia del documento di identità. Sì, ho fatto anche questo) a concludere EVENTUALMENTE l'affare con quello del giorno prima.
Torniamo a casa, il Bipede ed io, piuttosto disorientati. E mò che succede?
Mi consulto con mio padre, nel fine settimana parlo pure con mio cugino avvocato, quello con il quale a breve andrò in tribunale per via dei miei disgraziati capelli, e niente: tutti mi dicono che una "roba acsè" non l'hanno mai sentita.
Eppure succede anche questa. Garantito.
Quindi?
Beh, per il momento posso solo dirvi che da good le mie vibrations sono diventate very bad.
Anche perché il venditore ha detto al secondo mediatore, che ci ha prospettato un prezzo e una provvigione più bassi che lui, proprio lui, non ne vuole sapere nulla.
Ma come? Chi ha dato l'appartamento a più agenzie? Melilla, o come diavolo si diceva a Chieti una volta?
Oltretutto, scorrendo gli annunci, mio marito ha fatto un'altra scoperta: l'appartamento è proposto pure da una terza agenzia!
Raccontando il casino a una mia cara amica di palestra, consideravo: ma quanti duplicati della chiave circolano in questo momento?
Ripensando, ridendo un po', stamattina al dubbio che le avevo esposto, mi sono così ricordata di Totò cerca casa, il fenomenale film di Monicelli e Steno con Totò nella parte di uno sfollato con moglie e figli.
Prima del tragicomico finale (che non vi rivelo, casomai non l'aveste mai visto), Totò si imbatte in una banda di ladroni che gli vendono, dietro pagamento del milione vinto dalla moglie grazie a un concorso a premi, un lussuoso appartamento che danno in affitto anche a un gruppo di turiste ungheresi, a un commerciante cinese e ai coniugi arabi da Totò già incontrati (scontrati sarebbe più esatto...) in un momento precedente del film.
S'intuisce che la faccenda debba finire a schifìo. Peccato che nel nostro caso non si tratti di un film. Forse. Come scrivo spesso.
Perché certe volte mi sembra davvero che la realtà sia tutto un cinema, non di grande qualità. Esattamente come la maggioranza dei film italiani. E non sto parlando della da me molto amata pellicola con cui apro questo post.
E non ditemi che sono disfattista e che nel paese d' 'o sole e 'o mare si vive sempre bene, perché allora sì che mi arrabbio per davvero.
E comunque, una cosa è certa.
Non firmerò mai più niente.
Anche se si dice che non c'è due senza tre...
AIUTOOOO!