Maledetta primavera |
La frase prescelta, invece, mi è venuta particolarmente facile, visto il tempo di M. che imperversa in tutta Italia, specchio fedelissimo di tempi non molto allegri.
E però stasera sono qui quasi per caso. Ho infatti acceso per cercare informazioni su Blutch, disegnatore nato a Strasburgo (dunque francese per sole ragioni storiche... eh eh eh), di una cupezza per me a tratti disturbante, benché, alla fine, sia già il terzo fumetto (ebbene sì, preferisco chiamarli alla vecchia maniera: graphic novel mi sta sulle balle) che compro e leggo. Della sua biografia, insomma, avevo già letto, ma non me la ricordavo più, come spesso mi accade quando navigo su internet.
In ogni caso, il suo ultimo lavoro sul cinema (mio altro grande difetto è non rammentare mai i titoli esatti né dei libri né tanto meno delle canzoni) mi ha fatto il solito effetto, ossia mi ha mal disposto, ma alla fine l'ho letto tutto e pure quasi due volte. Sì, perché c'è qualcosa nel turbamento fastidioso, un po' sporco, che mi causa questo disegnatore dal tratto molto raffinato che alla fine mi attira. Forse, per l'appunto, è proprio merito del suo modo di disegnare, fatto di alternanze di chine (immagino) a matite (presumo ancora) più spesse. In modo particolare sono rimasta colpita dai volti delle star del cinema da lui riviste e corrette. Meglio di fotografie, assai più reali ed espressive, decisamente.
Insomma, volevo ripassarmi chi diavolo fosse. Sorprendentemente, ho constatato che ha solo quattro anni più di me, ossia è del 1967, stesso anno di nascita di mia sorella. Oddio, non che dovesse essere un matusalemme, ma dal modo di parlare del cinema e dal tipo di provocazioni che lancia, ero convinta che ne avesse almeno una cinquantina, che appartenesse, insomma, alla generazione di Igort, Mattotti etc etc, ossia di quelli che erano ragazzi negli anni Settanta. Mi rendo conto dell'inutilità della mia deduzione, anche perché il disturbante Bluch non è italiano e quindi perché mai avrebbe dovuto incarnare gli stessi stilemi della generazione nostrana coeva al terrorismo rosso-nero? E però non so: forse è proprio per quel suo modo di provocare, all'apparenza anti-tecnologico, pre-era cellulari-smartphone-social media etc etc, che mi era sembrato più vecchio. Il che, dal mio punto di vista, non è del tutto un male (stasera Severgnini dalla Gruber sembrava un bambinone invecchiato con il suo citare twitter per la stramilionesima volta). Soltanto, mi domando, alla Antonio D'Orrico: perché il fumetto-graphic novel deve far star male? Perché deve per forza angosciare almeno un po'? Forse, azzardo, perché così fa più intellettuale? Chissà.
O sarà che davvero sono io che sto invecchiando e non sopporto più le pesantezze gratuite?
Diciamo così: è probabile che i disegni di Blutch mi piacerebbero di più se fossero privi di testo.
E allora perché sto qui a farne un poema aggiungendo altre inutili parole?
Perché l'autoreferenzialità è insidiosa e spinge a digitare anche quando sarebbe meglio finirla qui.
E infatti la finisco con una postilla riguardante la fotografia e questo spazio.
Più vado avanti e più capisco che non mi legge praticamente nessuno (a parte qualche familiare affezionato. Meno male che ci sono). E allora perché tenerlo aperto? Forse per combattere la noia di giornate più o meno simili, angustiate da una pioggia insistente e da un'umidità deprimente.
E forse anche per fissare sulla carta, finalmente, chi diavolo sia Blutch. Evitandomi di ricomprarlo un'altra volta (ne ho letti tre, quindi non c'è ragione di proseguire con un quarto).
Meglio Dago, non ho dubbi. Però quello disegnato da Alberto Salinas e dal suo grandissimo erede Carlos Gomez, non dagli emuli venuti dopo, che l'hanno trasformato in un banale e verboso seriale.
Non siete d'accordo?
Dubito che mio padre e mia madre abbiano qualcosa da dire.
Mia sorella nemmeno. Quindi a posto così.
Vado a dormire, che è meglio.
E comunque ho cominciato un BELLISSIMO libro di Flavio Caroli sulla storia dell'arte dal cinquecento in avanti. Non me ne voglia (?) Blutch e Hung Hung, l'autore de "Il treno" insieme con un altro cinese di cui, ovviamente, ho scordato il nome, "veramente di nicchia" (cit dal negoziante che me l'ha venduto) che ho letto e che mi ha lasciato decisamente un po' così.
Sì, sto invecchiando.
Mi metto l'antirughe e dormo, sì sì.