venerdì 8 novembre 2013

L'antimarketing a scuola di marketing con Valentina Falcinelli e gli altri



Come volevasi dimostrare. Valentina Falcinelli mi pareva brava già sulla carta. E' brava anche dal vivo. Conosce bene la sua materia, sa molto probabilmente di marketing 1, 2 e pure 3.0, si mette la giacchetta fucsia come i colori del suo sito PennaMontata e parla pure in un buon italiano.
Non le ho sottoposto i miei esempi di tweet e di post per facebook, perché con il vino io non c'entro nulla. Però mi ha fatto molto sorridere quando ha mostrato a noi che l'ascoltavamo in un'aula un po' buia, ma secondo me accogliente, della facoltà di Economia di Ancona (nella foto, un dettaglio del cortile su cui si affacciavano penso quasi tutte le aule dell'università), la fanpage fb della Pasetti, un'azienda vinicola di Francavilla al Mare, praticamente casa mia, come una delle migliori in circolazione. Massaggiato l'orgoglio per le radici sudiste, ho avuto anche ulteriori conferme sulla necessità di tenere separate le attività di promozione da quelle intimistiche, volutamente anti-marketing.
Di questo aspetto hanno ulteriormente parlato i blogger che ho ascoltato nel pomeriggio, in un'aula ben più grande, anche se non so se magna.
Innanzitutto, con i blog personali non si mangia. Lo ha detto con particolare enfasi Paolo Campana di Bloggokin, un ragazzone con la maglietta di Tintin, che fa anche il grafico e l'illustratore. "Non mi leggevano neanche i parenti", ha specificato a un certo punto. Come lo capisco. "Facevamo la fame", ha rilanciato Simone Sbarbati, l'apparente rasta-blogger di Frizzifrizzi, a mio avviso più quadrato dell'amministratore delegato della Coca cola, oggi a capo di una mini e attivissima redazione, che si può permettere il lusso di restarsene separata dall'area pubblicità.
Molto interessante, poi, la biografia della salernitana oggi groupie torinese, Maria Chiara Montenera, ossia l'anima di thefishisonthetable, facciotta intelligente dietro occhiali neri, amante della buona scrittura e dei ristoranti, corteggiata anche dai giornali mainstream, dai quali però la medesima preferisce restare lontana.
Bravi e competenti anche Massimiliano Levi, che dalla finanza è passato alla comunicazione online dei notai, un mondo all'apparenza così lontano da like e tweet, e delle possibilità di fare impresa per i giovani dai 18 ai 35 anni con il sito larancia.org; e Nicoletta Battistoni, che proprio dalla tesi con cui si è laureata alla Giorgio Fuà ha partorito l'idea del blog saponetteverdi.com che fa le pulci alla comunicazione che si autodefinisce green, riuscendo a ottenere un sacco di visibilità in solo un anno.
Insomma: ho incontrato giovani in gamba, niente affatto depressi e/o schiacciati dalla crisi.
Per quanto possibile, cercherò di seguirli per fissarmi ancora di più la testa qualche strumento tecnico che potrei utilizzare anch'io.
Resta tuttavia una differenza ineludibile tra loro e me, che passa tutta dalla parola comunicazione.
A me hanno insegnato a fare informazione, anche se, naturalmente, quest'ultima è buona quando si trasforma un po' anche nella prima.
Il cittadino comune, per essere più chiari, capisce che cos'è la Trise se si riesce a raccontargliela come si farebbe al bar. Più o meno, ovviamente.
Per poter fare il botto (si fa per dire), insomma, forse dovrei smetterla di parlare di me e invece raccontare di trise-imu o dei prezzi del pane, come ne parlerei alle mie amiche di palestra o alla mia parrucchiera. Rendendo insomma questi argomenti friendly, semplici, dando un servizio a qualcun altro.
Voglio farlo? Non lo so. Oggi non è la giornata migliore per rispondere. Sono francamente un po' confusa.
Però va bene così: rimestando nell'ovvio, la crisi è anche un'opportunità.
Anche.

martedì 5 novembre 2013

Libertà e marketing 2.0, conciliarli è un'arte


Credo che sia la copertina di un disco. Me l'ha passata il "Bipede con la pipa", qui raffigurato in secondo piano, nelle sue vere sembianze.
Non c'entra nulla con quanto sto per scrivere su libertà e marketing 2.0, ma è un'immagine che mi aiuta a tenere a freno l'eccesso di acidità di origine ormonale che imperversa in questo momento nel mio corpo.
Detesto i consigli non richiesti: sono sempre meglio dell'indifferenza, ma comunque mi fanno scaldare come una macchinetta del caffè (da uno) sul fuoco.
Madamatap è nato prima come spazio intimo, privatissimo. All'inizio, su Splinder, l'avevo concepito come blog privato. Poi mi sono detta che senza scrivere per un potenziale pubblico (fosse pure il già citato bipede-con-pipa) non ci sapevo stare. Quindi ho accettato la logica della vetrina. Ricordo teneramente (per non dire altro) il giorno in cui ho mandato una mail collettiva a un po' di amici per avvisarli della mia esistenza virtuale. Quasi tutti mi hanno almeno risposto con un grazie, di quel genere liquidatorio che mi ha rattristato un po'.
In seguito è subentrata la fase più o meno attuale, nella quale rilancio tutto (quasi tutto) con i mezzi che conosco, fregandomene di chi mi segue o meno. Fatta eccezione per alcune persone, con le quali, evidentemente, ho ancora qualche problema di relazione.
Il punto, però, non sono tanto le mie paranoie amicali, quanto il senso che si intende in generale dare a questo nostro stare online.
Ho capito che starci a metà non funziona, ma starci per uno scopo preciso (parlare di porri, di calze o di rimmel) a me non frega nulla.
Madamatap o Balloondevie resta un diario classico, il mio diario, con un po' più di cura nell'uso dei congiuntivi e della lingua in genere, ossia usando rispetto verso chi dovesse passarci anche solo per un secondo, ma non riesco a farlo diventare qualcos'altro. Non riesco, insomma, a specializzarmi.
So bene che nel lavoro contemporaneo e in quello del futuro dovremo (dovranno: dubito che il processo in atto mi riguarderà) essere sempre più "on demand" su una precisa, micro fetta di mercato, ma almeno su questo spazio voglio avere il diritto di fare come mi pare.
Mi condanno, in sostanza, a restare per pochi intimi, ma lo faccio in maniera del tutto consapevole.
Un altro discorso, invece, è il mio libro, per il quale, certo, un po' di promozione ci vuole.
Nell'uno e nell'altro caso, però, voglio decidere da sola, dopo aver preso tutte le informazioni possibili sulle strategie migliori da seguire. Migliori innanzitutto per me. Il che significa che non tutto quel che passa dal favoloso mondo dei social network mi piace, né lo ritengo utile.
E in ogni caso agisco in fretta, tutto considerato. Basta che non mi si facciano pressioni indebite.
Detto ciò, giovedì prossimo parteciperò a un workshop intitolato "scrittura, web e comunicazione", organizzato alla Facoltà di Economia di Ancona, da Pepelab, un laboratorio di creativi che mi ha incuriosito. Sarà dura tenere a bada il mio spirito scettico-polemico, nel caso in cui vengano fuori troppe parole markettare.
Ma in definitiva restare aperti al cambiamento è più importante della cautela.
Dunque andrò e vedrò. E poi probabilmente scriverò.
A modo mio. Of course.

giovedì 31 ottobre 2013

Viaggio nella biblioteca Romolo Spezioli di Fermo: che esperimento!



Bando alle insicurezze e alla vergogna e vai, mi butto con un nuovo esperimento.
Di che cosa sto parlando? Del video che ho ricavato dalla mia seconda (anzi terza) partecipazione a Storie da Biblioteca, il concorso di scrittura e/o fotografia organizzato dall'Aib (Associazione italiana biblioteche) Marche, in collaborazione con l'associazione culturale Racconti di città e Simplicissimus Book Farm.
Sono piuttosto sicura di non aver vinto né per il racconto Il lavoro e il corpo che potrete ascoltare (anzi: sarete costretti ad ascoltare, scorrendo la galleria) né per la fotografia. Di solito l'opera prima è sempre più fortunata della numero due (alla terza l'ansia da prestazione dovrebbe essere già stata metabolizzata. Quindi vediamo come andrà l'anno prossimo!).
Non importa: sono felice di aver passato altre quattro ore tra i libri, stavolta a Fermo, la città in cui vivo ormai da più di quattro anni. E ancora di più sono orgogliosa di aver trasformato un'esperienza in fondo privata in un momento di condivisione collettiva di un luogo, la Biblioteca civica Romolo Spezioli, di una bellezza davvero rara.
Approfitto del mio blog per ringraziare ancora una volta Silvia Seracini, la coordinatrice del concorso, il gentilissimo personale della biblioteca di Fermo, i partecipanti alla seconda edizione e ogni singolo dettaglio finito sotto la mia fotocamera, studenti compresi. A quest'ultimo proposito, voglio aggiungere giusto un caloroso in bocca al lupo a loro: vi prego, cambiate questo Paese. Noi quarantenni, per quanto possibile, cercheremo di starvi dietro.
E infine, a voi che passerete di qui, buona visione e ascolto... e abbiate pietà della mia vocetta!

domenica 27 ottobre 2013

I Rem e la camicia dei miei vent'anni



Vent'anni fa, più o meno, in primavera, giravo con una bici con i freni a bacchetta, di un improbabile colore rosa, con la mia camicia fantasia. Il fondo era rossastro, ma i disegni, un po' geometrici, un po' tondi, dovevano dare sul celeste, verdino e forse giallino.
Dovrei avere da qualche parte anche una fotografia che mi ritrae con quella camicia, di una marca molto di moda negli anni Ottanta-Novanta, quella dei maglioni di lana a treccia, oggi tornati in voga. Sono sicura che chi è nato a inizio Settanta come me ha capito benissimo a quale brand (bleah) mi riferisco.
Molti anni dopo me ne sono ricomprata una molto simile al mercato di Porto San Giorgio del giovedì, o molto più probabilmente alla grande fiera di primavera, dedicata al santo patrono del borgo marino che ho imparato ad amare nel tempo. Oggi che non ci vivo più, tra l'altro, mi manca ancora di più, forse anche perché ho capito che con il denaro che posseggo non potrò mai comprarvi una casa. Ma non volevo scrivere questo post per lamentarmi del destino crudele.
Torno subito alla camicia. Quella nuova (più o meno, come sopra) è di tonalità marrone, con disegni, un po' geometrici, un po' tondi, sul rossastro, il blu, il verde e il giallo.
Come la prima, è lunga (su di me non è difficile immaginare che qualcosa mi stia grande, almeno in senso longitudinale) e va portata, preferibilmente, aperta su una t-shirt in tinta unita, per non accentuare ancora di più l'effetto coperta patchwork. La marca, stavolta, non è italiana, bensì spagnola, il che la dice lunga sull'evoluzione (?) dell'economia nazionale, assediata e fagocitata da una globalizzazione troppo aggressiva.
Inconsciamente volevo riprodurre l'atmosfera di vent'anni fa, almeno credo, favorita dalla pianura, il sole caldo e la possibilità di cavalcare una bicicletta con le ruote grandi e il telaio squadrato di un improbabile rosa, come l'altra. Della Ceriz di mia suocera, però, mi pare di aver già parlato.
Non avevo invece mai fatto cenno, almeno non su questo spazio, all'altra, i freni pericolosissimi e un'altezza troppo grande per le mie gambe corte. Una volta, per dire, ho quasi rischiato di finire contro un camioncino, impossibilitata com'ero nella frenata dal fatto che guidavo con una sola mano perché con l'altra reggevo l'ombrello. Non mi separavo mai dalla bici, neanche la pioggia mi avrebbe costretta a prendere l'autobus, da me detestato dai tempi del liceo, quando dovevo fare a botte pur di salirvi su, pigiata malamente tra altri (nonché più alti) studenti che, come me, erano condannati alla forzosa traghettata dantesca dal colle alla pianura, per tornare a casa a ora di pranzo.
E insomma, una volta a Pisa, mi adeguai in pochi mesi alle abitudini dei locali. Anche se quella bici, chiaramente rubata, era davvero un'arma micidiale nelle mie mani. Non ho mai perso l'abitudine di correre come una lippa e se non sono mai andata a schiantarmi contro qualcosa o qualcuno, è solo perché, in genere, resto una tipa prudente. Certo, dopo l'incidente di Paolo, comincio a dubitare dell'utilità del mio modo di essere: non c'è persona più attenta di mio marito alla guida, il che, tra l'altro, non vuol dire andare come lumache anche quando si potrebbe evitarlo, eppure la sfiga ci vede meglio del nostro giudizio. E pazienza. Sto divagando.
Dicevo delle mie camicie per estensione hawaiane, alla maniera di quella che Paolo Conte avrebbe voluto indossare davanti alla bella signora dal parlare difficile.
Giorni addietro, al Ruggito del Coniglio, un programma di Radio Due che mi fa compagnia quasi dallo stesso numero di anni dell'aneddoto che sto per riportare, hanno messo la canzone dei Rem che apre questo post. E dire che i Rem non sono mai stati un gruppo da me chissà quanto amato. Semplicemente, al ritornello, mi sono rivista in sella alla bici falsamente rosa (dovevano averla tinteggiata giusto qualche giorno prima di rifilarmela: sono stata fortunata che nessuno ne abbia rivendicato la proprietà accusandomi del furto. Io, comunque, la pagai, chissà se trentamila lire o forse più).
Ero appena tornata a casa, in una calda giornata di fine primavera, le scarpe di pezza ai piedi, le cuffiette nelle orecchie. Non sto parlando degli auricolari, che spesso uso quando viaggio. Sto parlando proprio del walkman, probabilmente quello di plastica arancio nel quale infilavo le mie cassette. I nastri, come li chiama ancora adesso mio zio Gigi.
Quel giorno ero contenta, forse gli esami erano lontani, o forse ne avevo dato uno da poco. So solo che ero serena, svagata e immersa in chissà quale sogno.
Non che adesso non mi capiti più, ma è proprio vero che a vent'anni si è diversi. Sono convinta che lo siano anche le giovani madri, costrette, magari, a crescere un po' più in fretta di quanto non sia capitato a me, ma in possesso di un'energia naturale, che ti fa respirare, correre, studiare quasi in uno stato di incoscienza. A quell'età, se stai bene e non hai particolari guai di altro genere (guerre in corso, povertà, situazioni familiari tragiche), sei più o meno come un bambino, giusto un po' più grande, il futuro indefinito e la personalità ancora in potenza.
Almeno, io ero così. Ed ero felice.
Non dovevo esserne consapevole, credo, anche se, ai tempi, non mi lamentavo delle ingiustizie subite né mi attaccavo ad alcun stravagante capro espiatorio. Quando ero triste (e figuriamoci se non capitava), scrivevo qualche frasetta sui miei diari, che di solito mi pareva idiota a distanza di pochi giorni, e andavo avanti. Anno dopo anno, esame dopo esame, sogno dopo sogno.
Un giorno ho subito lo stop che mi ha trasformato in adulta. E anche se, ormai, l'ho metabolizzato bene, se mi sono fatta una ragione della mia inestirpabile emotività, so che prima, ai tempi della camicia colorata che portai con me anche a Vienna, durante il corso di tedesco (la foto cui accennavo prima venne scattata nell'alloggio universitario in cui abitammo, mia sorella, una compagna di università ed io. Almeno credo che fossimo tutte e tre nella stessa stanza), ero felice.
Ero una bambina felice. Ascoltavo Beethoven, guardavo il Reno (questo l'anno prima, durante l'Interrail con mia sorella), scrivevo noterelle di viaggio, ripetevo Ich bin, du bist etc etc, ed ero contenta. Sognante e contenta.
Quella bambina non c'è più, sono stati proprio i Rem, con quella canzoncina allegra, a darmi l'esatta misura del tempo trascorso.
Vi giuro: non sono triste, giusto un pizzico malinconica. Non avendo figli, però, non posso che intenerirmi per la me stessa di ieri e per i miei adorati quattrozampe.
Quando vedo i nipoti, certo, mi capita di provare qualcosa di simile per loro: confido ardentemente nelle loro capacità e nei loro talenti e spero che anche loro, un domani, possano ricordarsi di quanto sono stati amati, negli anni più belli della vita.
Io lo sono stata. Ed è amaramente dolce rendersene conto.

giovedì 24 ottobre 2013

#ISPF2013 + Library, a place for people: il mio video!



E oggi bis alla Romolo Spezioli di Fermo... se non vado errata, anche qui il tema da raccontare per foto o parole, o con tutte e due, è sempre il lavoro. Spero di non farmi prendere dallo spirito polemico o, peggio, depresso. In ogni caso, una sfaccendata come me non poteva non partecipare. Staremo a vedere. Tornate da queste parti tra qualche giorno, se avete voglia. In generale. Di sapere come sto. Perché se tenere un blog è anche una questione di narcisismo, non è solo questo. Grazie a chi l'ha capito e a chi lo capirà. Bonne chance a noi.

martedì 22 ottobre 2013

Narcisismi da Narcissus e #ISPF2013... ma in terza persona non ci parlo!


E va bene: autocelebriamoci. E parlo pure al plurale maiestatis. Certo, sarebbe ancora più preoccupante se parlassi di me in terza persona. Se qualcuno di voi lo fa, beh, sappiate che non sarebbe un buon segno. Tanto per fare la sinistrorsa snob, tra gli abbonati al discorso in terza c'è l'odiato B.
Venendo invece a NOI, spero che la botta di narcisismo di cui sopra non mi si ritorca contro, visto che lo scatto è di Pippo Onorati, fotografo, regista, giornalista etc etc, fondatore dell'agenzia Mammanannapappacacca.
Vi confesso che prima di domenica scorsa non l'avevo mai sentita nominare (ignoranza mia, anzi nostra), ma già da come Pippo mi ha fatto piazzare davanti a quel muro, chiedendomi di mettere in evidenza la borsa e di tirare un po' più su il foulard, ho capito di avere a che fare con qualcuno che un minimo ci capiva. Prima di scrivere queste righe, però, l'ho googolato e lo stupore è stato doppio.
Che posso dire? Pippo, per favore, non chiedermi le royalties sennò sono rovinata.
Mi piace molto la filosofia della tua agenzia (e non sto cercando di blandirti... giusto un pochino, su), insieme semplice e vivace. Mi ci riconosco pienamente.
Le coincidenze degli ultimi tempi, aggiungo, cominciano a sembrarmi un po' troppe.
Non avendo una sfera di cristallo, non so dire se porteranno da qualche parte, ma in ogni caso avvertire il sangue che ricomincia a scorrere più veloce fa bene. A meno che non sia un sintomo della pressione alta.
In definitiva, il Festival del Self Publishing di Senigallia è stata una vera benedizione.
Presto pubblicherò i miei scatti, ma sono indecisa se suddividere quelli della Biblioteca Antonelliana (che ha un magazzino BELLISSIMO) dagli altri dedicati al Festival.
Comincio con un paio qui sotto:




Tra le informazioni elargite da Italo Pelinga, il direttore della biblioteca senigalliese, me ne è rimasta impressa una in particolare: al posto di quelle scrivanie di legno chiaro, fino agli anni Settanta c'erano piccoli appartamenti, suddivisi da tramezzi, destinati ai poveri della città. L'ho trovato veramente affascinante.
E se anche Alessandra non ha vinto, secondo me ha vinto lo stesso.
Adesso, però, portatemi via.

venerdì 18 ottobre 2013

Dall'incidente al Festival del Selfpublishing di Senigallia... che salto!


Ho usato per un po' la foto che vedete sopra come mio profilo di Facebook.
Sulla t-shirt, è evidente, compare la copertina del mio libro, e l'ho ricevuta in dono per l'anniversario di matrimonio. Di lì a qualche giorno avrei infatti partecipato al mercatino estivo del giovedì di Fermo, un evento che anima le belle serate estive di questo angolo delle Marche da oltre trentun anni. Perché la ripubblico in questo contesto? Per raccontare insieme due differenti fatti.
Il primo è personalissimo e riguarda proprio l'autore del molto gradito regalo, ossia mio marito.
Ieri è stato sbalzato via dalla sua vespa rossa, che adesso staziona tutta accartocciata nel garage del padre di mia cognata (o qualcuno a lui molto vicino), mentre il Bipede (mio marito), per fortuna, è di là sul divano a riposarsi. I medici del pronto soccorso che l'hanno trattenuto (direi sequestrato, visto il numero di ore che abbiamo passato in ospedale) per accertare le sue condizioni, gli hanno prescritto relax e antidolorifici in caso di bisogno. Conoscendolo, sapevo già che non ne prenderà uno, ma intanto io ho fatto scorta di farmaci che onestamente spero finiscano per scadere quasi del tutto intonsi, come i molti che ho buttato (nell'apposito contenitore) giusto la scorsa settimana.
Tant'è: sempre meglio poter raccontare cose del genere con un po' di ironia che tacere per sempre.
Vado al secondo motivo.
Domani e dopodomani (ossia il 19 e il 20 ottobre) arriva finalmente a Senigallia il primo festival internazionale del SelfPublishing, dedicato principalmente a chi si autopubblica e-book, ma anche agli incoscienti come me che hanno scelto la strada del cartaceo.
Come già precisato più volte anche su Minime Storie, a mio modestissimo avviso, un libro fotografico va stampato, ma spero di scoprire in questi due giorni strade alternative economicamente (in tutti i sensi: pure quello green) praticabili.
A leggere il programma ufficiale, il Festival sembra molto stimolante e lo immagino affollato di gente curiosa e interessante. Tra gli appuntamenti che mi hanno colpito di più, ci sono i dibattiti con Antonio Tombolini, il fondatore di Narcissus, l'editrice della piattaforma di ebook più utilizzata in Italia, ossia Simplicissimus, previsti all'apertura e alla chiusura del festival. Poi mi aspetto utili dritte da Cristiana Giacometti, che alle 17.45 di domani parlerà di come trasformare il proprio libro in audiolibro. In più vorrei tentare di carpire qualche informazione preziosa dai grossi big dell'editoria che si confronteranno con i selfpublisher più agguerriti, nel dibattito previsto sempre domani alle 18. Infine vorrei godermi qualche momento più rilassante con Matteo Caccia e il suo programma trasportato da Radio24 a Senigallia e anche con Alessandro Bergonzoni, che non rivedo dal vivo da tempo immemorabile. Prevedo di riparlare del Festival anche al ritorno dalla bella cittadina di mare della provincia di Ancona, ma prima di chiudere questo post, sarà opportuno che aggiunga un ultimo dettaglio.
Domenica mattina alle 11.30 prenderò parte anch'io all'evento: chi vorrà sapere qualcosa di più di Che gatti e di me, mi troverà a quell'ora allo spazio chiamato dagli organizzatori Pickwick Club. Anche a me, ovviamente, hanno dato solo un quarto d'ora per dare le 5 W sul mio libro, ossia perché-dove-cosa-chi-quando (e la sesta how-come!) ho deciso di buttarmi nell'autoproduzione.
Confesso di essere un pochino emozionata, ma in fondo neanche troppo.
Mi spiace, questo sì, che il Bipede, al quale ho rubato una frase per usarla come prologo di Che gatti, non possa essere presente.
Prometto comunque di impegnarmi come cerco di fare sempre per trarre il massimo da questa esperienza.
Ringrazio da adesso gli organizzatori dell'Ispf e del contemporaneo concorso Storie da biblioteca al quale dovrei partecipare solo per la sezione fotografia. Temo di non essere più nello spirito, anche se deciderò domani il da farsi.
Fatemi, fateci anzi, l'in bocca al lupo.
Mentre scrivevo, il Bipede si è messo a letto: vicino a lui si è piazzato il gatto caffellatte.
Quando si dice pet-therapy...