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martedì 6 aprile 2021

Omar Khir Alanam e la forza della scrittura


Fino a un paio d'ore fa non avevo mai sentito la voce di Omar Khir Alanam né avevo idea di come parlasse (bene) il tedesco. Del giovane scrittore e poeta di origini siriane, conoscevo solo il bel sorriso e i riccioli da pecora nera del ritratto che compare sulla copertina del suo ultimo libro. 

Ho letto Sisi, Sex und Semmelknödel qualche mese fa, ripromettendomi ancora prima di cominciarlo di dedicargli qualche parola. Come ho già detto in passato, mi incuriosiscono le storie "di successo" degli austriaci di nuova acquisizione. Particolarmente in linea con i miei interessi mi era sembrato il sottotitolo: "Un arabo esamina l'anima austriaca"

Naturalmente, in quella frase c'è molta ironia, connaturata, sicuramente, all'autore, ma espressa davvero benissimo in una lingua all'apparenza così poco ironica come il tedesco.

Per l'autore, nato a Damasco nel 1991 ed emigrato in Austria nel 2015, dopo un periodo piuttosto duro in Turchia, deve essere stato fondamentale arrivare prima possibile a un livello tale di conoscenza della lingua della sua patria adottiva che gli permettesse di esprimersi al meglio. 

Nella conferenza che linko sopra torna brevemente sui suoi giorni nel centro di accoglienza per rifugiati, durante i quali è stato capace di passare sette, otto ore seduto sulla brandina a studiarsi tedesco su Youtube, trascrivendosi le parole su un quaderno, come uno scolaretto. 

Impossibile non provare simpatia per lui e anche un po' di commozione, quando si descrive ragazzino al funerale di un bambino morto sotto le bombe. 
"Morgen ist schöner", letteralmente "domani è più bello" - domani andrà meglio, diremmo noi - ripete più volte nel video, e si avverte chiaramente che questo pensiero, unito alle poesie che è riuscito a scrivere ogni volta che si sentiva sul punto di mollare, l'hanno davvero guidato verso il futuro luminoso che un giorno lo ha raggiunto.

Prima di indagare l'anima austriaca, Alanam ha scritto Danke, il suo grazie all'Austria, che gli ha restituito un'idea congrua di patria.
Immagino che anche lì vi siano contenute pagine toccanti, dal momento che non sempre tutto è filato liscio, non sempre e non da subito l'autore si è sentito a casa.

Nel libro che ho letto io, la sua vita è andata avanti: ora Alanam è anche padre di un bambino piccolo e ha imparato in qualche maniera a capire la passione dei locali per gli animali domestici (le pagine dedicate al povero cane della suocera sono davvero magistrali) e per le "semmelknödel" - tipo i nostri canederli - e per altre abitudini alimentari obiettivamente difficili da comprendere (e digerire) anche per noi italiani.

Ho fatto, all'inizio, un po' fatica a capire la prosa dell'autore, per il grado di complessità che è riuscito a raggiungere (mi sono anzi chiesta più volte: ma come ha fatto in cinque anni a imparare il tedesco così!). 

Pagina dopo pagina mi sono però fatta trasportare dal suo ritmo spezzato, imparando a riconoscere le frasi chiave ripetute volutamente in vari punti. Bella anche l'idea di inserire ogni volta, a fine capitolo, una frase riassuntiva del racconto appena fatto, quello che noi chiamiamo "il succo della storia" e che in tedesco si dice - ho appreso dal libro - "Butter der Geschichte", il burro della storia. 

Non posso dire di essermi spanciata dalle risate, perché, comunque, anche negli aneddoti più buffi, ho registrato sottotraccia la nostalgia per la famiglia rimasta in Siria. In analogia con il pensiero dell'autore, pure io ho trovato un tantino (appena appena) autoreferenziale la burocrazia asburgica e il magico mondo della formazione professionale, a partire dai corsi di lingua per stranieri (se ricordo bene, a uno come lui non volevano dare il B2, il mio livello. Un'autentica follia). 

Mi hanno invece molto divertita le sue fantasie su come i parenti rimasti in patria lo vedrebbero se un giorno tornasse a trovarli, magari con un pet al seguito e con la fissa per il biologico. Spassosi anche gli scambi, veri, con il padre e la sua diversa idea del denaro e di come guadagnarselo. In certi passaggi ho riconosciuto alcune abitudini della mia famiglia e del Sud Italia in genere.

Se avessi l'occasione, insomma, mi piacerebbe incontrarlo di persona: sono sicura che potrei imparare un sacco di cose da una persona speciale come lui.  

Meiner Meinung nach (secondo la mia opinione), Omar Khir Alanam è infatti ben più di uno scrittore emergente con "Migrationshintergrund", origini straniere: è invece un uomo e un artista che crede nella forza della sua scrittura, oltre ogni ragionevolezza.

Per questo, sono io che gli dico "danke", a nome di tutti quelli che pensano che, comunque sia andata finora, domani andrà meglio.

L'importante è continuare a scrivere.


venerdì 28 aprile 2017

Ewwa e il concorso di scrittura per le tastiere fumanti


La signora in maglia verde che firma il libro è la scrittrice Loretta Emiri, amica mia e degli Indios della foresta amazzonica, con i quali ha vissuto per una ventina d'anni tra gli anni Settanta e Novanta.
Non sono riuscita a intervistarla anche sul suo ultimo lavoro, ossia "A passo di tartaruga", ma per sua fortuna Loretta ha ottenuto articoli e recensioni certamente più importanti di quelli che avrei potuto scrivere io.
Ho scelto di pubblicare (o forse ripubblicare) la foto che le ho fatto durante l'incontro alla Casa della Memoria di Servigliano (Fm) nel febbraio dell'anno scorso per parlare di donne che usano la penna come modo per stare al mondo.

Loretta è una di quelle cui riesce particolarmente bene, considerati i non trascurabili sacrifici cui si sottopone ogni giorno per restare incollata alla tastiera e/o per non soccombere a quella vocina disfattista che ronza nelle orecchie di tutte le persone naturalmente portate a non prendersi troppo sul serio. Per fortuna, quel fastidioso Grillo parlante non ha avuto la meglio, per cui possiamo godere delle sue parole.

Oltre a lei, ce ne sono in giro di valenti, ciascuna nel proprio ambito di competenza. 
Sono dispiaciuta, per dire, di non poter ascoltare domani alle 18.30, alla sala Castellani di Porto San Giorgio, Alice Basso che parlerà del mestiere di ghost-writer.
Non vi nascondo che ho pensato spesso che avrei potuto buttarmici pure io, anche se, ovviamente, bisogna che ci sia uno scrittore-scrittore che mi ritenga in grado di prendere i suoi panni. 

Sono sicura che verranno fuori dettagli interessanti dall'incontro di domani, l'ultimo della serie di cinque (se non vado errata) organizzato dall'associazione European Writing Women (Ewwa) con il patrocinio dell'assessorato comunale alle Pari opportunità, intitolato "Non solo rosa".

Oltretutto, dalla foto del comunicato stampa che mi hanno inviato, Alice Basso pare abbastanza giovane da poter dare a chi è più vecchietto di lei la giusta riverniciata alle proprie idee sulle insidie e le opportunità offerte dal mondo editoriale. Chi può ci vada, insomma.

A proposito di dritte per le tastiere fumanti (mamma mia che brutta metafora), segnalo la novità offerta proprio dalla rete delle scrittrici, blogger, sceneggiatrici e traduttrici di cui fanno parte anche le promotrici della rassegna letteraria sangiorgese, ossia Christina Assouad ed Eleonora Vagnoni, rappresentanti per Ewwa delle regioni Marche e Abruzzo.

Si tratta del loro primo concorso letterario nazionale (aperto a donne e uomini) destinato alle storie di rinascita al femminile, con particolare attenzione a quelle riguardanti donne che hanno subito violenza. Oltre ai premi principali assegnati alle prime tre classificate, in altri termini, Ewwa ha previsto cinque menzioni speciali per articoli, reportage, saggi e trasmissioni giornalistiche che si sono occupate di violenza di genere.

Non ci sono soldi, questo è bene saperlo, ma non si paga per partecipare e in ogni caso già essere pubblicati in cartaceo e digitale (per chi ottiene il primo premio) e ricevere un e-reader per leggere in maggiore scioltezza non è affatto male.

Per ulteriori dettagli c'è un link: qui vi basta sapere che c'è tempo fino a fine anno per mandare i propri lavori.

A mio modesto parere, chi ha qualcosa di significativo da raccontare conviene che si butti a prescindere. Datemi retta: non esiste l'occasione della vita, ma tante mini-chance da... sbranare.

Roar.

Alla prossima.


martedì 22 luglio 2014

Il mio sogno verde comincerà





Stamattina sognavo di piangere al telefono con un tipo che non vedo né sento da anni. Si tratta di una persona con cui ho lavorato anni fa, quando ancora credevo nel giornalismo sociale.
Mi spiace, ma non ci credo più, anche se le ultime cose che ho fatto hanno più o meno riguardato lo stesso ambito dal quale sono partita.
Tutto ciò che scrivo, lo scrivo onestamente, sia chiaro, ma mi sono ormai convinta che non esista il giornalismo dei buoni e quello dei cattivi. Esiste, sempre e comunque, il buono e il cattivo giornalismo. E il mio è un buon esempio di lavoro fatto con il cuore e la testa, ma non è giornalismo.

Non lo è semplicemente perché non scrivo per nessuna testata importante, che è l'unica maniera per far passare il proprio messaggio. Almeno in una società come la nostra, sempre più rapida e poco incline all'approfondimento. Chi approfondisce, voglio dire, è un numero limitato di persone; io stessa, quando ho più tempo, mi accorgo di quante cose ignoro dell'attualità.

Nel mio sogno chiudevo la telefonata dicendo "tanto cambierò lavoro, quindi che cosa vuoi?". Però piangevo, piangevo come una bambina, consapevole che il sogno degli anni d'oro se ne sia andato con il tempo volato via.

Adesso ne comincerà un altro. I buddisti sarebbero fieri di me per questa mia auto-iniezione di coraggio. Sì, ne comincerà uno nuovo, verde, come uno dei miei colori preferiti. Più sereno, più pratico, anche.
Cambierò lavoro. Ci proverò con tutta me stessa. Sperando di poter continuare comunque a scribacchiare, questo sì. Perché senza le lettere rotolanti io non ci so proprio stare.

Non chiedetemi che cosa farò. Sono curiosa anch'io di scoprirlo.
Ma il sogno verde sta per arrivare. Anche se questa canzone parla di un commiato, non si tratta di un addio, bensì di un arrivederci a un'esperienza che doveva comunque finire.
Tutto finisce, tutto passa. E tutto ricomincia sotto un'altra forma. E da un'altra parte.
Vero, mamma?

martedì 25 marzo 2014

La scrittura e la mia cifra personale: ritorno al passato


E' passato quasi un anno dalla mia esperienza sui Sibillini (ne ho parlato su Minime Storie, se vi va andate di là), ma non immaginavo quanto si fosse sedimentata dentro di me, fino a stamattina.

Ho appena finito di rileggere il raccontino che ho ricavato da uno degli esercizi proposti da Minuti Scritti, l'appassionante manuale di scrittura creativa di Anna Maria Testa, che suggerisco a tutte le persone che vogliano divertirsi un po' con le parole.

Non ricordo con precisione quale fosse la traccia da seguire ed è peraltro probabile che l'abbia cannata. Di una cosa, infatti, mi sono resa conto, mentre svolgevo a uno a uno gli esercizi della Testa: parto per la tangente con una rapidità più che felina.

Il risultato che vi propongo sotto, perciò, è frutto del mio divagare attorno agli input letti nel manuale, ma il motivo per cui lo condivido è solo uno: mi fa troppo pensare ai miei Racconti dal passato, la rubrica che trovate in alto, accanto a Gli sfaccendati.

Mi piacciono le storie ambientate in treno da sempre, è evidente.
E quelle in cui i sogni che si intrecciano con la realtà.

Niente di che, certo, però, forse, la mia cifra personale è tutta qua.

A voi (se lo gradirete), buona lettura.



UNA MAGA PER AMICA

“Non c’è estate senza mare!”, osservò con enfasi Liliana. Marco la trovò ridicola: “Hai ragione, tesò, ma che ci possiamo fare se dobbiamo stare su?”, le rispose guardando dal finestrino le macchie degli ombrelloni e qualche corpo in ammollo. Tanto contento non era neanche lui, ma il lavoro è il lavoro. E poi la montagna in fondo non gli dispiaceva. “Scusate se mi intrometto, ma dove state andando?”, chiesa la signora occhialuta seduta di fronte a loro. Moriva dalla voglia di attaccare bottone, i due ragazzi se n’erano accorti già alla partenza, diverse ore prima, dalla stazione di Lecce.

Accanto a lei, un ometto di mezza età, tutto insonnolito aprì un occhio solo, come i gatti, disapprovando assai di essere stato svegliato da quell’improvvido vociare. “Che diavolo gliene importa dove vanno quei due disgraziati?”, pensò tra sé e sé, aggiustandosi meglio sul sedile.

Educatamente Liliana rispose: “A Trento e poi in Val di Non: faremo gli animatori turistici in un hotel, tutta l’estate”. Istintivamente le venne da abbassare un po’ lo sguardo.

Marco socchiuse appena gli occhi indirizzando anche un vago sorriso alla signora. “E léi?”, le domandò per pura cortesia..

“Ah, che bello il pugliese! Mio marito era di Bari, ma viveva a Tricase… io sono di Milano, invece, mio marito non c’è più e i miei figli abitano a Londra. Eh, com’è brutta la vecchiaia…”, sospirò con il chiaro intento di proseguire la conversazione.

Invece niente: i due ragazzi non sapevano proprio cosa risponderle. Con la testa erano già proiettati lontano, dubbiosi e forse spaventati. Ce l’avrebbero fatta a resistere senza la cucina della loro mamma e i loro rispettivi fidanzati? “Brutta davvero, già, meno male che quei due non hanno abboccato, va”, pensò con sollievo il tipo, serrando di nuovo gli occhi.

“Biglietti, prego! Signore? Signore?”.

Stravolto, si accorse del ghignare dei due ragazzi, mentre cercava affannosamente il biglietto in tutte le tasche. La signora lo guardò dubbiosa.

“Eccolo qua”, sospirò il tipo.

La signora gli sorrise. “E poi dicono le borse delle donne, eh… dove è diretto?”.

Stavolta non poteva sfuggire.

“Padova”.

“E’ veneto?”.

“No”.

“Va in vacanza?”.

“No”.

“Lavoro?”.

“No”.

Liliana e Marco seguivano lo scambio come fossero a una partita di tennis.

Che cos’altro gli avrebbe chiesto prima di mollare?

“A Padova ci sono dei miei cugini, non li vedo da molto. Magari qualcuno sarà anche morto... la vita è così, del resto, prima dà e poi si riprende tutto. Ma voi siete giovani, non ci pensate, eh”.

Nessuna risposta.

Il tipo richiuse gli occhi.

Marco e Liliana si infilarono gli auricolari.

La signora si alzò, prese la sua borsa e, chiedendo permesso, uscì nel corridoio.

Si addormentarono per davvero.

Ridestandosi, non poterono credere ai loro occhi.

Non c’era più un bagaglio, né di Marco né di Liliana né tanto meno del tipo laconico. “Ma che accidenti?? Ma quella p… ma porc…”, gridò quest’ultimo in preda al panico.

Liliana sbiancò e pianse, Marco si tastò le tasche atterrito: non aveva più neanche il cellulare. E adesso?

Scrutando intorno, alla fine, notò qualcosa sul sedile dov’era seduta prima la signora. Era un foglietto bianco, piegato in due. Marco lo lesse tra sé, mentre Liliana e il tipo cercavano di fare altrettanto assiepandosi intorno a lui.

“Belli miei, avete presente quei personaggi delle favole che si travestono per sottoporre gli umani a qualche prova? Beh, che ci crediate o no, io sono uscita da una storia delle più antiche. Volevate arrivare tranquilli tranquilli a destinazione? Bastava che mi parlaste un po’ di più, giusto qualche battuta, eh, magari anche sul tempo. E invece avete fatto come tanti, zitti zitti, le cuffie e il sonno forzato.

Beh, la prossima volta ci penserete due volte.

Ah, dimenticavo. Volevo dirvi giusto una cosetta in più. La vostra roba è in buone mani. C’è tanta gente che c’ha bisogno.

Adieu.  La maga Sibilla”.

 

Tiziana richiuse il libro e chiese alla mamma: “Mamma, a che ora arriviamo? Rispondimi, per favore. Sennò poi mi devi ricomprare tutti i vestiti”.

La mamma guardò interrogativamente la sua bambina e poi le disse: “Tra pochi minuti. Anzi, svelta, rimetti il tuo libro nello zaino, su… ma che cosa stavi leggendo? Non è una storia per bambini, mi pare”.

“Me l’ha dato la maestra Ida, quella delle Marche, ricordi?”.

“Ah, la streghetta bruna, sì sì. Comportati bene con lei, mi raccomando”.

“Sì, sì... abbiamo tutti i bagagli, ci vuole bene”. Tiziana si accorse che la mamma non la stava già più ascoltando.

Giorni dopo la sentì domandarsi: “Dov’è finito il mio rossetto?”.

Pensò alla signora che chiedeva l’elemosina davanti al supermercato.

Era in buona mani, poteva stare tranquilla.










giovedì 7 marzo 2013

Piccole soddisfazioni da secchioncella tardiva


Una volta tanto, posso sentirmi contenta. Anzi, super contenta.
Anche se ho un vocabolario limitatissimo e mi prende l'ansia ogni volta che devo parlare in inglese, sono riuscita a superare il primo livello intermedio senza neanche doverlo finire interamente!
Vi assicuro: dà grande soddisfazione accorgersi di fare progressi nello studio, visto che erano secoli che non mi impegnavo così a fondo in una materia.
A dirla tutta, però, dovevo immaginarlo. Due anni fa, dal nulla, mi sono messa a studiare Statistica per un concorso pubblico, e benché non sia servito in termini pratici, già all'epoca mi ero resa conto che studiare mi piace ancora e sì, mi riesce. Il che non era affatto scontato, nonostante il mio buon curriculum scolastico.
Ma le soddisfazioni da secchioncella tardiva della giornata odierna non sono finite.
Poco prima della lezione con un simpatico videomaker sudafricano (pensate un po' come lavora la mia scuola d'inglese a distanza: raccatta insegnanti madrelingua da tutto il globo anglofonizzato), ho ricevuto una telefonata dalla biblioteca Mozzi Borgetti di Macerata, di cui ho parlato diversi mesi fa, in occasione della mia partecipazione a Storie da biblioteca, un'appassionante iniziativa ideata dalla sezione Marche dell'Associazione italiana delle biblioteche per diffondere tra i cittadini la conoscenza delle proprie sedi più belle. In particolare, si trattava di partecipare a un concorso in una o più biblioteche che avevano dato la loro adesione, cimentandosi nella scrittura di un racconto riguardante la sala ospitante e/o immortandola fotograficamente.
Ebbene, sono risultata la vincitrice per la sezione scrittura nella meravigliosa biblioteca maceratese! Non contenta, ho ottenuto anche il secondo premio ex aequo per la fotografia!
Lo dico apertamente: mi ha fatto molto piacere e me ne ricorderò a lungo. Pur essendo, infatti, una piccolissima vittoria, è arrivata del tutto inaspettata in un momento abbastanza oscuro della mia vita professionale.
E poi, lo riconosco, mi sono talmente divertita a scrivere il racconto che potrete trovare nell'ebook pubblicato dagli organizzatori qui linkato, e ho messo anche così tanta enfasi nell'usare decentemente il cavalletto, che un piccolo riconoscimento, un bravo + come quello che la maestra scriveva nei miei quaderni, male non ci stava.
La vita è fatta di inezie, è proprio vero.
Complimenti a me, quindi.
Cin cin!