martedì 19 maggio 2015
La vita che cambia e le questioni dirimenti
Tra le questioni dirimenti (poi torno sull'aggettivo che ho appena utilizzato) del mio appartamento sangiorgese c'è la posizione degli attacchi dell'acqua (a sinistra, nella foto) e del gas (a destra, ibidem).
I giovani traslocatori cui abbiamo affidato l'incarico di incollarsi tutta la nostra roba (non poca, ahimè) sostengono che sia un problema risolvibile.
Voglio davvero augurarmelo, perché diversamente saremmo costretti a smembrare la linea della nostra economica ma funzionale cucina e detto sinceramente, in questo momento, non è proprio opportuno.
Tolti i logici problemi di ricollocazione di mobilia e oggettistica varia (la cyclette, per dire, dove la piazziamo?), non riesco ancora a credere del prossimo cambiamento che mi aspetta.
Stamattina raccontavo su Facebook (un luogo perfetto per lo sputtanamento-mascheramento di massa) della punta d'orgoglio provata ieri davanti all'impiegato dell'Enel, che nell'attivare il contratto, mi ha chiesto se fossi affittuaria o proprietaria.
Ebbene sì: ho scandito la parola pro-prie-ta-ria, prestando attenzione al suono della medesima.
Data la positività della sensazione provata, ho capito (se ce ne fosse stato ancora bisogno) che io alla proprietà privata ci tengo. Quindi che con il comunismo, Lenin, Trotskjj etc etc, io non ho niente a che spartire.
Il che, naturalmente, non significa che non presti attenzione ai bisogni/diritti altrui, ma è un semplice dato di fatto, per nulla dirimente: ho bisogno di mettere radici e di sentire che almeno un piccolo posto mi appartiene. E anche il contrario: che io appartengo al primo.
Solo con il tempo capirò se scatterà la seconda parte della faccenda, ma già solo per la prima valeva la pena spendere una certa quantità di denaro.
Come vivrò e di cosa vivrò nei prossimi anni, probabilmente avrò voglia di raccontarlo sempre su questo spazio. E perché ciò non diventi l'ennesima questione dirimente, mi basterà soltanto continuare a comportarmi come in quest'ultimo anno: sgombrando la testa da pensieri e attività inutili e concentrandomi più o meno solo su ciò che mi preme davvero.
Se non avessi fatto così, ora ne sono certa, non sarei mai riuscita a comprare casa.
E' stata dura e lo è ancora, ma accidenti come ci si sente meglio quando si vedono i risultati.
Veniamo all'aggettivo dirimente.
La prima volta che l'ho sentito usare è stato da una mia (amatissima) cugina. Non specifico volutamente chi sia. Mi limito al contesto.
Si stava parlando della tomba dei miei nonni materni che adesso ospita anche mia mamma. Era una crudele giornata d'estate, si trattava di firmare alcune autorizzazioni.
Morire costa un casino, sappiatelo.
Poi l'ho risentito su un tg e ho capito che è di moda (la cugina di cui sopra sta sul pezzo molto più di me, sempre ammesso che si usi ancora quest'orribile espressione gergale).
Da quel momento non me lo sono più scordato e ogni tanto mi torna in mente: quante sono le questioni dirimenti che ci capitano tutti i giorni?
Togliere o tenere le canaline, eliminare o meno i rosoni, dove piazzare i divani graffiati dai mici e il mitico divano letto di Francavilla sono altrettante, dannatissime, questioni dirimenti.
La sera crollo come un operaio dopo otto ore di cantiere. Però, a tratti, come adesso, sento il bisogno di scribacchiare e anche di leggere: inscatolando i libri, ho deciso di lasciare fuori Bel Ami di Maupassant. Mi butto su un classico, o almeno ci proverò, mi sono detta.
Sto cercando anche di non abbandonare l'inglese e la lettura di David Randall per un post semi-professionale che vorrei scrivere prima di non avere più la connessione.
E insomma: è la mia stessa natura a essere dirimente.
Da una parte vorrei (con tutta me stessa, ve l'assicuro) campare del lavoro per cui mi sono preparata (o di qualcosa di simile), dall'altra desidererei cambiare completamente vita, imparando a usare le mani (e il fisico, per i pochi anni che mi restano prima della decadenza) per fare qualcosa di pratico.
Sono convinta proprio che gli esseri umani siano fatti per alternare l'uso di cervello e corpo, mescolando, se possibile, le funzioni dell'uno e dell'altro.
Sono altrettanto convinta che non sia facile usare entrambi nel nostro mondo del lavoro, ma chi è dotato di una buona dose di materia grigia (di cultura, anche) e di salute, in qualche maniera dovrebbe sfangarla. O per lo meno me lo auguro.
Per anni sono stata condizionata dall'ansia: sono abbastanza convinta che se non ne fossi stata così preda ai tempi del mio anno solitario a Milano, la mia vita di oggi sarebbe molto diversa.
E' altrettanto certo che guardarsi indietro non serve a nulla. E anzi, a proposito di corpo, il mio stomaco che gorgoglia mi ricorda che è il caso che lo riempia un pochino.
Con tutte le frustrazioni e i nei del presente, per farla breve, sono contenta di stare dove sto.
Però se vi serve un correttore di bozze, uno (una) scorticatore (trice) di ruggine, una stiratrice abbastanza capace e una specie di coacher motivazionale de noantri, io ci sto.
Come si dice negli annunci, però: AAA astenersi perditempo.
;-)
Alla prossima cronachetta (mutuando il titolo dai libri di Giacomo Nanni).
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