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martedì 3 dicembre 2013

Paris Geller e gli altri personaggi di Una mamma per amica... w le repliche!


L'attrice Liza Weil interpreta Paris Geller in "Una mamma per amica", alias The Gilmore Girls, il telefilm andato in onda a partire dal 2000 per sette stagioni e ritrasmesso in questo periodo su La5.
Come già ho scritto nel precedente post, sono diventata una fan sfegatata di Lorelai, la giovane mamma di Rory, diminutivo del nome prescelto per la stirpe delle Gilmore da generazioni e generazioni.
Devo però aggiungere che l'altro personaggio che adoro particolarmente, è proprio quello di Paris.

La compagna di classe di Rory è davvero antipatica per la maggior parte degli anni scolastici che le due ragazze trascorrono insieme. Man mano che le puntate vanno avanti, però, si capisce che dietro al suo caratteraccio e la sua parlantina saccente si nasconde una solitudine non così rara nelle buone famiglie di tutto il mondo.
Paris passa la maggior parte del suo tempo con la tata messicana e le figlie di quest'ultima: anche il giorno del diploma, per dire, i suoi genitori non compaiono, impegnati chissà dietro a quale business improcrastinabile.

A un certo punto, la goffaggine e la rusticità che la caratterizzano fanno breccia nel cuore di Rory, che, si sa, è buona oltre che bellissima. Poi è intelligente quanto la sua futura amica biondina e altrettanto in difficoltà con una parte del mondo adulto. Anche Rory, infatti, è in fondo cresciuta da sola, sostenuta, questo sì, da una mamma straordinariamente simpatica ed equilibrata come Lorelai, ma pur sempre senza il padre Christopher, il quale si fa vivo con lei soltanto quando sta per diventare maggiorenne.

E insomma, i due cervelli della Chilton cominciano a studiare insieme, realizzano il giornale e le presentazioni scolastiche, ma soprattutto trovano di avere molte più affinità di quanto non sembrava all'inizio. La frattura tra loro, causata da una comune compagna invidiosa e arrivista, dura poco, per la precisione fino al giorno in cui Paris svela a Rory di aver fatto l'amore con il fidanzato e al contempo di non essere stata ammessa ad Harvard, la celebre università a stelle e strisce che era stata frequentata da tutta la sua famiglia. Arruffata e disperata, si presenta a scuola in condizioni assolutamente inadatte a sostenere la diretta tv che era stata organizzata dal liceo proprio per il commiato finale degli studenti prima del grande salto nel mondo accademico.

Il tutto potrebbe sembrare quasi tragico, se non fosse per il tono sempre vagamente scanzonato che mantiene il telefilm anche nei dialoghi più drammatici. A consolare la biondina del disastro che combina durante le riprese televisive, ci pensa proprio la Gilmore giovane dagli occhioni blu, mentre la mamma-amica aspetta con tenera discrezione fuori dall'aula di riportarle entrambe a casa.

Il giorno del diploma le due ragazze si salutano ricordandosi di essersi odiate per quasi tutti gli anni passati insieme. Dal modo in cui si abbracciano si capisce che è tutto alle spalle, proprio come le lezioni scolastiche e quei corridoi austeri della scuola che ormai non fanno più paura.

Se l'avessi visto in anni diversi, voglio dire proprio quando avevo l'età che interpretano le due attrici, che nella vita vera si portano quattro anni (Liza è del '77, Alexis Bledel, Rory, dell'81), probabilmente avrei affrontato con uno spirito un po' più leggero i momenti no che ho vissuto anch'io, come loro.
Non importa. Sono sopravvissuta alla grande, direi, e forse, chi lo sa, è bene guardarlo adesso che sono ben più vecchia di quanto non sia la protagonista Lorelai, l'attrice Lauren Graham, all'epoca 34enne.

Da quest'ultima, infatti, posso ancora imparare molto su come si affrontano i problemi sul lavoro, per esempio brindando con champagne, come fa lei quando le comunicano che l'albergo che dirige deve chiudere battenti del tutto per via dei danni causati dall'incendio che l'ha semi-distrutto, oppure quando ride come una matta dopo l'ennesima frizione con la madre Emily (un altro personaggio che adoro).

Sì, credo proprio di essere diventata una addicted delle Gilmore Girls.
Peccato però che non capisca una parola quando parlano in inglese: spero di riuscirvi, un giorno.
Soprattutto, spero che il telefilm duri il più a lungo possibile...
W le repliche!
:-)

giovedì 10 ottobre 2013

Le Gilmore Girls e il proprio ruolo nella vita



Tredici anni fa conducevo una vita totalmente differente. Diciamo che non avevo molto tempo di guardare telefilm, mentre andavo più spesso al cinema. L'età, e non solo quella, modifica molto le nostre abitudini e anche tralasciando possibili (nonché facili) battute sul rincoglionimento prodotto dallo scorrere del tempo, è pur vero che la tv campa sulle repliche di ogni sorta di serial tv. L'ultima scoperta in ordine di tempo è New tricks su Giallo, ma ne ho viste solo due di puntate, quindi non mi sento ancora pronta per parlarne.
La penultima, invece, è stata davvero una benedizione dal cielo, visto che va in onda giusto quando ci sarebbero gli ansiogeni e/o noiosi tg serali (e in replica il giorno dopo nell'analoga fascia oraria a pranzo). Sto parlando di "Una mamma per amica", la retorica traduzione italiana di Gilmore girls, trasmesso negli Usa dal 2000 al 2007, un telefilm insieme lieve e intelligente, incentrato sul rapporto tra una giovanissima madre e la figlia sedicenne e altri caratteristici personaggi che animano il paese immaginario del Connecticut in cui è stato ambientato.
Il bar di Luke e le case in legno così tipiche della grande provincia americana della East Coast, in verità, sono tutte finte, ma poco importa che la loro cittadina tanto bellina non esista, dal momento che non c'è un attimo del telefilm in cui non sembri tutto perfettamente credibile.
Adoro gli scambi tra Lorelai, la madre di Rory, e la nonna di quest'ultima, l'attrice Kelly Bishop, che fa di tutto per mostrarsi fredda e formale, persino acida, con la figlia, alla quale non può perdonare di essere rimasta incinta a sedici anni, tradendo ogni aspettativa della sua famiglia upper class.
E mi piace assai il rapporto tra le due protagoniste, così unite nonostante gli errori della prima (così brava a lasciare i fidanzati... lasciamo stare) e l'ansia da secchioncella della seconda (che alla lontana potrebbe riportarmi al mio passato. Anche se io non mi sentivo così sicura come lei).
E insomma: mi piace assai partecipare alle loro vite ipotetiche e immaginarmi che un giorno i loro sogni diventeranno realtà. Ho leggiucchiato qualcosa sulle serie successive a quella che La5 sta mandando in questo momento, ma non ho voluto indagare troppo per non perdere il gusto di scoprire che succederà giorno dopo giorno (dubito che mi tornerà voglia di guardare i tg mentre ceno/pranzo).
Non ho tuttavia potuto fare a meno di scoprire che il telefilm non ha avuto il finale che si aspettavano i suoi creatori, una donna e suo marito, per via di problemi tra loro e la tv americana che lo trasmetteva. Del resto, nella vita l'happy end hollywoodiano non esiste, e anche senza rattristarci al pensiero della fine che aspetta noi tutti prima o poi, è più facile che si viva costantemente nel "to be continued".
Piuttosto, mi piacerebbe sapere che cosa combinano tutti gli attori delle Ragazze Gilmore, dal momento che, anno più anno meno, si tratta di miei coetanei. Non so perché, ma ci tengo alle sorti della mia generazione, anche quando le rintraccio in gente che dubito che incontrerò mai personalmente.
Sarà perché, quando vedo una recitazione di buon livello, quando scorgo facce interessanti al di là dei personaggi interpretati, mi viene naturale tifare per loro. Per esempio, mi fa molta simpatia Peppino Mazzotta, l'attore che interpreta Fazio nel Commissario Montalbano, classe 1971. Per me è un grandissimo interprete e ho idea che sia forte anche nella vita privata.
Il problema dei telefilm di successo è però evidente: il personaggio che si è incarnato ti resta appiccicato e rischi di non riuscire più a staccartelo di dosso. Di qui la mia curiosità su che cosa facciano tutti questi bravissimi attori della mia generazione al di fuori del set.
Del resto, a pensarci bene, è una curiosità tipica di chi non si accontenta di ciò che va in scena, del cono di luce sulla ribalta. C'è sempre un lato B da scrutare, anche se potrebbe non piacerci sapere che cosa riporta.
Farsi domande è dunque inevitabile, soprattutto se si ha tempo e voglia di approfondire.
Dovrebbe essere la norma, anche (di più!) quando pensiamo a persone che conosciamo realmente, ma come diceva la signorina Novak in Scrivimi fermo posta, la "gente gratta raramente la superficie" ed è così probabile che si conosca molto poco l'uno dell'altro, figuriamoci di ciò che si dice dei personaggi dello spettacolo.
Alla fine, insomma, preferisco non andare troppo oltre e sperare che almeno loro, così lontani dal mio mondo, non abbiano troppe ambasce e possano semplicemente continuare a recitare.
Incontrarli televisivamente è stato bello. Già solo il fatto di aver regalato sorrisi, sogni e qualche lacrimuccia consolatoria dovrebbe riempirli d'orgoglio. Speriamo se ne ricordino, anche quando saranno, saremo, vecchi. Loro hanno avuto uno scopo nella vita. Ed è una fortuna che non capita a tutti.

lunedì 19 marzo 2012

Fisica o chimica/4: ma c'è ancora!


Insomma: mi sono presa un'arrabbiatura per niente.
Oggi Fisica o chimica è andato in onda come al solito, così ho potuto constatare che né Teresa (in alto, nella foto) né tanto meno il ragazzo-padre che l'ha cresciuta dopo la fuga di Olivia, oggi prof e conduttrice di un ménage a trois, sono stati contenti di quest'ultimo. La puntata di oggi, per l'appunto, si è conclusa con un sms del suddetto ragazzo-padre alla originale genitrice in cui le comunica che le impedirà per sempre di vedere la figlia. Ma il per sempre, ormai l'ho capito, durerà fino a domani. Salvo che, nel frattempo, la nemesi annunciata da Porro-Telese e compagnia sabato scorso non si abbatta sul telefilm del (mio) dopo-pranzo relegandolo a orari più consoni secondo Santa Romana Chiesa.
Insomma, oggi ho potuto, come al solito sorridere e piagnucolare davanti alla nascita del bimbo di Paula e Gorka e alla dichiarazione d'amore indù di Cabano alla bella Ruth a poche ore dalla partenza per l'Inghilterra, paese in cui andrà a giocare a pallone (!). Non ho ancora ben capito come si giustifichino certi arditi salti temporali, però anche questo è funzionale al relax che mi attendo nell'oretta e un quarto di visione.
Chicca finale: oggi hanno fatto cantare un po' tutti, dall'attrice che interpreta Paula, che in realtà è una piccola (è alta a occhio come me: la rivincita delle tappe, finalmente) cantante a Marina, la prof di filosofia malata (udite, udite) di Hiv.
Se finirà tutto a tarallucci e vino (parlo del caso "pornorai" sollevato da Borgonovo e rilanciato dall'improvvido Freccero), scoprirò finalmente se Cova, rediviva, si è rimessa con Julio e perché Fer, nel frattempo, è finito sulla sedia a rotelle (in rete circola una versione lenta della sigla sulla sequenza finale della serie, in cui i personaggi superstiti guardano tristemente l'edificio dello Zurbaran dall'esterno: chissà perché).
Per il momento, mi limito a sperare che la Lei o chi per lei (ma che bel gioco di parole, mi faccio i complimenti da sola) si dimentichino dell'inutile polemica e mi facciano spassare ancora po'. Anche perché il presente (il mio, ma anche quello di molti italiani: ieri ho visto l'ultima puntata della stagione di Presa diretta... no comment) non è che sia proprio eccezionale.
Vi terrò (chi?) aggiornati.
Nell'attesa, beccatevi (in basso) il video con la sigla lenta del telefilm (e piangete con me... come diceva Moretti, mi faccio tristezza a me figuriamoci agli altri...):


venerdì 17 febbraio 2012

Un po' di retorica, che diamine


Ormai è ufficiale: mi sto rincoglionendo.
La prova provata è la foto in alto. Nuria Gonzalez recita la parte di Clara nel mio telefilm preferito. Nella puntata di ieri, la professoressa prima di inglese e ora di storia (historia, prego) nonché ex preside, ha compiuto 45 anni e ha preso una decisione importantissima: vuole diventare madre. Delle sue intenzioni parla con Olimpia, professoressa d'inglese nonché ex preside anche lei, nei bagni dei prof.
Quest'ultima si dice felicissima della decisione della collega, la quale però ha un piccolo problema: è single e madre affidataria di Ruth, un'adolescente con già superati problemi di bulimia. Come si risolve la faccenda?
Le strade possibili sono due: adottare un neonato o ricorrere all'inseminazione artificiale.
Ebbene, la prima strada non è praticabile: nell'episodio di oggi Clara è risultata essere troppo vecchia per il dipartimento dei servizi sociali cui ha inoltrato la domanda. Con l'età che ha potrebbe aspirare a un bambino di almeno cinque anni. Ma Clara, che non ha voluto figli quand'era più giovane (o giovane e basta? vabbè, tralasciamo), vorrebbe godersi tutte le fasi della maternità, comprese pappe e pannolini. Tristemente, comunica la notizia a Ruth: quest'ultima, abbracciandola, le prospetta la seconda opzione. O meglio, ho intuito io che andranno a parare da quelle parti dal fatto che nel frattempo Gorka, l'ex fidanzato di Ruth, un piccoletto veramente bastardo, ma solo in apparenza (ha appena messo incinta Paula, la compagna bassetta con cui ha fatto malauguratamente sesso senza protezione, ma è pronto a diventare padre visto che lei non vuole abortire), e Fer, omosessuale dichiarato, vogliono guadagnarsi un po' di soldi donando lo sperma alla banca del seme. 
Sicuramente Clara farà un tentativo con il liquido di Gorka. Sono pronta a scommetterci su.
Comunque vada a finire (prima ho visto su You Tube la scena finale della serie, in cui la Gonzalez ha una pettinatura veramente orrida, mentre Blanca, la prof di lettere, da bionda si è fatta rossa e ha chiaramente scelto Berto, il barista della scuola con precedenti penali, al posto di Martin, l'attuale preside dello Zurbaran), continuo davvero a sorprendermi di quanti temi ci abbiano infilato dentro. Trovo veramente divertente e appassionante come riescano a trattare argomenti scomodi con così tanta naturalezza. La vita è varia e a tinte forti, anche nei momenti più cupi e difficili.
Anche in Spagna c'è la crisi economica e presumo che pure i giovanissimi attori del telefilm oggi saranno alle prese con la disoccupazione, visto che il serial è finito. Certo, peggio staranno tutti gli altri, quelli non famosi e magari più bravi di loro, però, davvero, quel telefilm aiuta a sorridere e a guardare avanti anche un'anzianotta come me.
E se anche non dovessi, come ho già scritto, mai avere figli, mi piace pensare che tutto sia ancora possibile, in ogni campo della mia vita.
Oggi ho finalmente spedito il mio piccolo lavoro di foto-racconto: sarà anche per questo che mi sento così commossa e incline alla retorica da fiction? Può essere, però, per una volta, voglio concedermelo.
C'è sempre tempo per ritornare seri. Basta aprire un giornale per perdere il sorriso.
Com'è provinciale un paese che discute delle mutande di Belen.

giovedì 2 febbraio 2012

Fisica o chimica, il telefilm spagnolo che mi aiuta a guardare al futuro


 Ieri pomeriggio, in preda a una crisi di cervicale provocatami anche dagli esercizi di ginnastica (accidenti alla mia mania di strafare!), ho fatto un po' di shopping.
Vestendomi, ho scelto di tirare fuori dal cassetto la mia camicia di marca "Desigual", coloratissima, mettendoci sopra il maglione giallo senape e ornandomi con gli orecchini a tre pallini rossi, fatti a mano da un'artista locale. Sotto, ci ho abbinato i jeans a zampa di elefante e gli scarponcini vecchissimi ma griffati.
Conciata così (con un po' di trucco, compreso il rossetto Yves Saint Loraint di mia madre), sono entrata in un negozio del centro commerciale e mi sono lasciata abbindolare da una spagnoleggiante commessa con visino furbo. Volevo comprarmi solo un paio di pantaloni, invece sono uscita anche con un vestititino di lana quasi amaranto e un maglione marroncino caldo e luminoso. Più (dimenticavo!) una cinta molto modaiola, di quelle alte, che si mettono sopra i maxi pull per sottolineare i fianchi.
A parte i capelli elettrizzati e l'aria imbarazzata che provo sempre quando mi osservo negli specchi dei negozi, ero molto soddisfatta. Rimirandomi, mi sono vista per un secondo molto simile a Paula (anche se vorrei dire Ruth!), una delle attrici (la piccolina...) che recita in "Fisica o chimica", un telefilm spagnolo che guardo da un mesetto tutti i pomeriggi, ambientato in una scuola d'arte.
Sono perfettamente consapevole che si tratti di roba per adolescenti (se non fosse che la Rai l'ha fatto precedere da un'ipocrita scritta "adatto a un pubblico adulto"... ma perché?), però mi piace. Un sacco, aggiungo.
Perché? Me lo sto chiedendo da un po' e forse oggi ci sono arrivata.
Innanzitutto, perché mi fa pensare a un periodo della vita indimenticabile, in cui tutto deve ancora accadere ma al contempo in cui tutto ciò che accade sembra enorme, anche quando, come si vede nel telefilm, si tratta di cotte passeggere. In più, gli sceneggiatori hanno avuto l'idea intelligente di inserirvi discussioni sull'intolleranza, sull'omofobia, sulla droga, sul sesso e sulla religione. Insomma, le vicende narrate (a parte qualcuna, obiettivamente un po' troppo esagerata) sembrano vere o comunque verosimili.
Interessante è anche il confronto tra le vite degli studenti e quelle dei loro professori, questi ultimi a volte più infantili dei primi. Il prof d'arte, ad esempio, con quegli occhioni neri neri, mi ricorda un mio amico che lo fa nella vita e che, come quello del telefilm, consuma maria... insomma, a turno tutti i personaggi mostrano le loro fragilità o il loro coraggio, sprizzando una vitalità che li rende molto accattivanti.
Mi sono chiesta: ma gli spagnoli saranno tutti così? Perché, se fosse, sarebbe da trasferirsi nel paese dei nostri cugini latini prima possibile.
Ragionandoci su, naturalmente, capisco che sia un'illusione, simile a quella che si prova quando si guarda un film in bianco e nero e si crede che ai tempi davvero tutti indossassero panama e impermeabili alla Bogart.
Eppure, è bello sognare, partecipare alle loro vicissitudini (ma davvero Julio è diventato un naziskin e davvero quel bel faccino di Quino ha fatto voto di castità fino al matrimonio? E la bellissima Irene troverà pace finalmente? E i miei capelli sono proprio uguali a quelli di Clara?).
Addirittura, più di una volta mi sono messa a piangere, giuro! Sarà la menopausa incombente, chi lo sa, fatto sta che mi trasportano lontano e insieme risvegliano la mia parte emozionale, così bisognosa di novità, di colore e sì, anche d'intensità.
Sarà che il presente è difficile e che il futuro non pare promettere molto di buono; comunque sia, guardandoli, sorrido di com'ero un tempo e di come sono diventata. Come sono diventata, direte voi (i pochi che mi leggono)?
A parte la somiglianza attuale con Susanna (dei formaggini), sono diventata fatalista e meno ansiosa (ma sì) e con una gran voglia di prendere in mano davvero le redini della mia vita.
Davvero. Non ho più paura: avrei solo bisogno di una spinta iniziale, da parte di qualcuno che sia disposto a darmi credito, qualcuno che mi aiuti a ributtarmi nel presente. Potrebbe non arrivare mai, lo so bene, ed è per questo che intanto guardo il telefilm: almeno, mi aggrappo a una possibilità di futuro. Un futuro più simile a me e ai miei sogni, se possibile. Lo è? Lo è ancora, nonostante tutto?
Me lo auguro con tutta me stessa.

ps Per favore, caro il mio atteso deus ex machina (maschio o femmina, non importa), potresti indossare qualche bel vestitino spagnolo con calzature adeguate (magari un bel paio di Camper?). Dai, dai... muchas gratias y hasta suerte (?), amigo/a.

martedì 31 gennaio 2012

Muccino e il masochismo

Diceva il saggio che bisogna piangere solo se stessi quando si è causa del proprio mal.
Non esiste frase più appropriata di questa per commentare le due inutili ore che ho trascorso ieri sera davanti alla tv, a guardare che cosa? "Ricordati di me". E dire che ormai, in certi ambienti, quelli più radical-snob, si usa proprio citare i film di Muccino per descrivere situazioni inverosimili o surreali riferite, naturalmente, sempre a qualcun altro. Perché nella nostra vita quotidiana, consideriamo, quando mai ci sono capitati fatti anche solo lontanamente simili a quelli rappresentati sullo schermo?
Quel che mi fa più tristezza, però, è che temo che da qualche parte, al contrario di quanto sosteniamo noi, "fini intellettuali" (veri) proletari, vicende similari a quelle raccontate dal nostro italico regista, succedano davvero.
Sì, perché le famiglie con madre e padre professionisti, una bella casa e figli adolescenti dall'encefalogramma piatto, esistono sul serio. Esistono ancora. Altrimenti, non si spiegherebbero neanche "Un posto al sole" o il redivivo "CentoVetrine", quest'ultimo in particolare capace di farmi sganasciare dalle risate per quanto è brutto. E però, le soap opera non hanno la pretesa di proporsi come cinema d'autore e hanno il pregio della brevità, un elemento che rende davvero spassosi i pochi minuti che ogni tanto trascorro nell'annotare per l'ennesima volta l'improponibilità delle loro sceneggiature e le canidiche interpretazioni.
Nel caso di Muccino, invece, quel che mi turba è che lo si spacci per buon cinema italiano. "Il" buon cinema nazionale, anzi.
Ora, siccome so di essere tremendamente selettiva, per una volta, devo essermi detta, proviamo a vedercelo questo Muccino (lì per lì pensavo fosse Virzì, a dirla tutta): magari mi ricredo. Magari mi convinco anch'io che sì, Muccino è davvero un grande e io sono la solita rompipalle altezzosa.
Il risultato? Sono andata a dormire con un fastidio in tutto il corpo e pure con una leggera nausea.
Mi sono ricordata di quando, da ragazzina, ho passato qualche tempo a leggermi un racconto d'amore su "Intimità della famiglia", una rivista che circolava a casa mia, quando mia madre aveva, credo, all'incirca l'età che ho io adesso. Era terribile, anche se adesso non rammento più di che cosa trattasse. Ho solo ancora nella memoria quel certo abbrutimento che si prova quando si passa del tempo in un'attività oziosamente dannosa.
Ecco. Ieri sera mi è successo qualcosa del genere. E pensare che avevo un bel libro da leggere, magari cullata da un piacevole sottofondo musicale. Da dove viene tanto masochismo? E' anch'esso un retaggio dell'educazione cattolica che a volte mi appesantisce passo e pensieri? Chi lo sa.
Se però ho deciso di fissare questi rovelli sulla carta, è proprio per cercare un antidoto alla mia connaturata tendenza a farmi del male.
Meglio, di gran lunga, qualunque telefilm americano (ma pure una fiction tedesca, all'occorrenza) di un "buon film" italiano. Se poi, per pura casualità, dovessi incapparne in uno decente, non mancherò di riportarlo.
Ma per il momento, direi che ho già dato.